Corriere della Sera: Cocorico’

Corriere della Sera: Cocorico’

«Una centrale di droga e sesso» Perché è stato chiuso il Cocoricò
Ecstasy e anfetamine, alcol e spettacoli porno con minorenni. Il bilancio: tre ragazzi morti, sette in coma Le accuse alla discoteca di Riccione nell’ordinanza di chiusura per 4 mesi. I gestori: linciaggio mediatico
Il Cocoricò chiude oggi, per quattro mesi. Lo stop di 120 giorni per la discoteca culto di Riccione è stato disposto dal questore di Rimini Maurizio Improta, in base all’articolo 100 del Tulp, il Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza. Il provvedimento, deciso dopo la morte di Lamberto Lucaccioni, il sedicenne di Città di Castello scomparso dopo una overdose di ecstasy mentre stava ballando nella pista del locale, è stato notificato ieri mattina all’alba mentre il club si stava svuotando. «È un provvedimento esemplare e importante, così come

Tre ragazzi morti, sette ricoverati in coma, uno sottoposto a trapianto di fegato. Al Cocoricò ci si diverte così. Sballati fino a perdere i sensi, a volte addirittura la vita. Storditi da ecstasy e anfetamine mescolati ai superalcolici. Ragazzi, spesso anche minorenni, che si drogano, fumano, partecipano a spettacoli porno. Senza bisogno di andare in giro, perché tutto quello che cercano lo trovano nel locale della riviera romagnola, dove i pusher si mescolano ai clienti che spesso si trasformano poi in spacciatori. avevamo auspicato: da oggi deve partire una riflessione adeguata con le forze politiche e con i gestori», ha detto il sindaco di Riccione, Renata Rosi. Più amara la considerazione del legale del Gruppo Cocoricò, Alessandro Catrani: «È una sanzione enorme. Ferma restando la stima mia personale e dei miei assistiti verso le istituzioni e verso il signor questore di Rimini, siamo sinceramente sorpresi per l’entità enorme della sanzione, giunta al termine di un lungo linciaggio mediatico senza precedenti» . giorni, abbia preferitofit consumarlaconsu in uno “spazio emotivo” ben definito perché nella sua concezione di divertimento le serate organizzate nel locale rappresentano il luogo “perfetto” dove assumerla». di Riccione per abuso etilico, traumi o lesioni personalili deriderivanti da terzi».

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Sveglia in spiaggia alle 5 (del pomeriggio) «Lo sballo è una fabbrica che non si può fermare»
Gli eccessi Un ragazzo: «Ci vado da dieci anni. Prendo droghe? Sì, ci vado anche per questo» A cosa e a chi serve chiudere? Se uno vuole trovare roba la trova anche qui sul lungomare Chiudono il Coco? Andremo al Peter Pan o a Byblos. Giampa, stasera c’è lo «schiuma» all’Altro Mondo
L’inchiesta Ieri il
ha raccontato — in due pagine sull’edizione di carta e con un filmato online su Corriere.it — una notte all’interno del Cocoricò ho fatto a lungo il pierre e posso dire che di droga ne gira sì, ma come dappertutto. Chiudere è una boiata pazzesca perché questa non è una discoteca. È una fabbrica che ci invidiano in tutto il mondo… L’unica cosa da fare è impedire l’ingresso a gente che ha 15-16 anni. E qui chiamerei in causa i genitori». Il suo è un pensiero diffuso fra i «vecchi» del Cocoricò. Che fanno un ragionamento di questo tipo: bloccano tutto perché è morto un ragazzino di droga, e allora dovrebbero mettere i sigilli anche alle scuole, ai parchi, alle stazioni.
Il popolo del Coco è però variegato. Ci sono i baby, ci sono gli over, ci sono gli ospiti e ci sono i dipendenti e i collaboratori. Nel corso degli anni la discoteca si è fatta industria, arrivando a circa 200 lavoratori fra baristi, camerieri, buttafuori, parcheggiatori, contabili, guardarobieri, pierre.
Rosy, 50 anni, ci ha fatto tutta la carriera lì dentro, da cameriera a promoter di attività culturali per Morphine, una sorta di laboratorio creativo che organizza concerti e ha rapporti con il museo di Rimini. Sospira: «Inutile negarlo: siamo di fronte a una struttura che è cresciuta enormemente e dentro c’è di tutto. Girano artisti, ma gira anche alcol, e gira droga. Come dappertutto, però. Nel tempo l’età media si è abbassata e forse questo è un problema. Io ho vissuto molto male la vicenda di Lamberto. Ma di chi è la colpa? Di tutti? Del locale? O del singolo che ha venduto la droga e dell’altro che con leggerezza l’ha presa?». Rosy è preoccupata, per il lavoro e per questo ambiente che per lei è una seconda famiglia. «Facciamo cose che in Italia nessuno può permettersi e a me dà una grande soddisfazione».
Quanto a chi l’ha presa, l’ecstasy,

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