David Oddone, La Tribuna Sammarinese: incontro con papa Francesco

David Oddone, La Tribuna Sammarinese: incontro con papa Francesco

La Tribuna Sammarinese (17 marzo 2015)

[Integrazione del 31 marzo 2015 sotto il titolo: Dio, Ayrton e l’Antica Repubblica: (…) Senna  in una intervista ebbe a dichiarare di aver visto Dio mentre attendeva che partisse una corsa. E allora ho ripensato al mio incontro con Papa Francesco. Credo in qualche modo di avere intravisto a mia volta Dio negli occhi di quell’uomo. Un breve colloquio (..)]

Appunti di viaggio, incontro con il Santo Padre Francesco

David Oddone

I lettori mi scuseranno se per una volta prenderò una licenza ed imposterò questo articolo in prima persona. D’altra parte mi pare l’unico modo per provare a trasmettere le emozioni provate dopo l’incontro e il breve scambio di battute avuto con il nostro Santo Padre Francesco.
L’occasione è stata naturalmente la visita dell’Eccellentissima Reggenza che in Vaticano ha incontrato il Pontefice, invitandolo formalmente a visitare San Marino. Ma il viaggio ha assunto per chi scrive un carattere più spirituale, immediatamente dopo una chiacchierate con padre Ciro Benedettini, che ringrazio sin d’ora per la gentilezza e professionalità e per l’attaccamento a San Marino.
“Sa che il Santo Padre spesso vuole conoscere i giornalisti e scambia colo loro qualche parola”? Queste le parole di Padre Ciro. Dal canto mio non potevo credere che avrei potuto non solo
vedere il Papa, ma anche parlarci.
Nei giorni successivi ho chiaramente raccontato a famigliari ed amici, il fatto che in qualità di Caporedattore di Tribuna sarei stato in Vaticano. Da lì, tutto un susseguirsi di richieste che avrei dovuto portare al nostro Papa. Chiaro che avrei avuto solo pochi, pochissimi momenti, per intrattenermi con il Santo Padre, dunque ho cominciato a pensare a quello che avrei potuto dirgli. Come sempre in aiuto è venuta la mia piccola Emma, mia figlia, che mi ha detto: “Salutamelo e portagli un regalo”. Aveva ragione lei: quando si va a trovare un “papà”, come lo chiama lei e non “Papa”, non ci si può presentare a mani vuote. Ho così pensato di portare con me una medaglia di Padre Pio, al quale mia nonna era molto devota: sono certo che anche lei avrebbe voluto conoscere una Papa come Francesco.
Mi sono preparato a questo viaggio sgombrando la mente dai tanti pensieri negativi, dal clima pesante e pessimo che si respira sul Titano. Nel frattempo il Pontefice aveva annunciato il Giubileo della “Misericordia”. Ho così voluto mettere da parte ogni rancore, prendendo la decisione di essere maggiormente tollerante con le altre persone, di essere più pacato ed affrontare la vita con meno frenesia e aggressività.
Fatto sta che domenica pomeriggio ho preso l’auto e mi sono diretto verso il mio albergo a Roma, per farmi trovare puntuale la mattina successiva per l’udienza. Nel lungo tragitto, che fra code e incidenti, si è protratto per oltre 5 ore, mi sono rilassato ed ho pensato ancora una volta alla visita. Nel frattempo su Radio Uno passavano tra un risultato di calcio e l’altro, le notizie di cristiani massacrati dalla furia dei terroristi. Le agenzie parlavano di un Papa addolorato e per certi versi arrabbiato per l’indifferenza verso queste stragi. In me è balenata immediatamente la voce di Papa Francesco, che in un’intervista affermava che il suo sarebbe stato un pontificato corto. Ho cominciato ad incupirmi e mi si è stretto il cuore. Messa da parte dunque quell’ilarità che mi aveva accompagnato nei giorni precedenti per un momento storico e importante della mia vita, ho cominciato a riflettere. Non entro nei dettagli per non tediare i lettori ed anche perché si tratta di pensieri molto intimi. Fatto sta che sono arrivato in albergo con la testa molto pesante, forse anche a causa dell’influenza, degli antibiotici e della febbre che ho cominciato a sentire. Tempo uggioso: ho saltato la cena e mi sono infilato nel letto con sveglia alle 6.
La mattina mi sono alzato con una grande energia e rinfrancato, nonostante la pioggia continuasse a scendere copiosa. Mi sono presentato presto in sala stampa, preferendo camminare per un paio di chilometri piuttosto che prendere il taxi. Nella mia testa non sapevo ancora bene che cosa avrei detto al Papa.
Padre Ciro ci ha accolto con la consueta simpatia,
ho scambiato con lui qualche parola, poi è iniziata la visita vera e propria. Il Vaticano è meraviglioso. Le guardie svizzere, così come la gendarmeria vaticana, sono professionali ma allo stesso tempo molto garbate. Padre Ciro mi ha raccontato alcuni aneddoti e curiosità sulle tante stanze che abbiamo incontrato nel tragitto verso l’ufficio di Sua Santità. L’accoglienza è stata molto calorosa: i gentiluomini del Papa ci hanno salutato, poi è stata l’occasione di conoscere anche il maggiordomo di Papa Francesco. Man mano che si avvicinava il momento dell’incontro l’emozione saliva. D’altra parte professionalità voleva che in primis si pensasse al lavoro. Abbiamo così aspettato diligentemente l’arrivo dei Reggenti, ai quali ho scattato diverse foto. Poi c’è stato lo scambio di doni che ha permesso di vedere il Papa da molto vicino. Anche ai presenti è stato donato da parte di Papa Francesco un rosario.
Finalmente il momento che aspettavo:
la Reggenza è uscita e il Papa ha voluto parlare ai giornalisti. Ancora non riuscivo a crederci e proprio mentre stavo cercando di rimettere a posto le idee, mi è stato detto che sarei stato il primo. In pochi secondi mi sono trovato davanti a Bergoglio.  
Immediatamente ho colto le differenze col suo predecessore, Papa Ratzinger, che pure avevo visto da molto vicino qualche anno prima a San Marino. Un sorriso disarmante, una simpatia incredibile, tanta voglia di vivere. Subito davanti a lui mi sono sentito sereno e le parole mi sono uscite quasi da sole: “Santità, mia figlia la chiama Papà, ma glielo permetto perché di lei non sono geloso, in fondo è il padre di tutti. La saluta e mi ha detto di farle un regalo, eccolo: spero possa darle fiducia per andare avanti (foto a fianco, ndr)”. Il Papa mi ha ringraziato caldamente e mi ha preso la mano. Mentre il capo del cerimoniale mi stava chiedendo di farmi da parte, avendo ampiamente terminato il tempo a disposizione, sono comunque riuscito a dire ancora una cosa a Francesco: “La aspettiamo presto a San Marino”. Non mi ha risposto, ma mi ha guardato intensamente ed ha allargato il suo meraviglioso sorriso. Sono uscito dal Vaticano felice come non mai.
Il rientro in redazione per scrivere l’articolo e le successive cinque ore di macchina mi sono servite per rimettere in ordine i miei pensieri. E’ difficile con le parole esprimere le emozioni provate, l’energia di quei secondi passati davanti a quest’uomo. Ora sono qui e San Marino mi sembra meno grigia e sono sicuro che manterrò i propositi fatti prima del viaggio.
Il Papa mi ha donato tanta speranza.
E proprio la speranza è il sentimento che vorrei condividere con i lettori, con chi è credente, ma soprattutto con chi non lo è. Forse con maggiore fiducia in noi stessi e nel prossimo, le cose si possono cambiare davvero per il meglio.

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