In
questi giorni girando per bar e uffici abbiamo raccolto da molti lo
stesso commento: “il comandante Gentili ha detto la verità e così
lo hanno mandato via”. La «verità» di Gentili è che a San
Marino “non cambierà nulla all’infinito”, che “nessuno vuole
combattere il crimine”, che sono “tutti complici”. Abbiamo
iniziato a interrogarci: stanno proprio così le cose? San Marino è
condannato all’umiliazione, al disonore, alla bassezza? gli
arresti, le confische patrimoniali, gli esili politici fanno dunque
parte di una grande messa in scena?
Non
sapevamo deciderci, poi ci è venuto in aiuto un grande pensatore
politico del passato: “giudicate alle mani, non agli occhi”,
ovvero giudicate i fatti, non lasciatevi ingannare dalle apparenze,
dalle parole. I fatti sono che
la magistratura ha finalmente dichiarato guerra alla conduzione
criminosa dello Stato, – citiamo dagli atti giudiziari – al
“governo privato della cosa pubblica”, alla “spoliazione della
collettività”, al sistematico svilimento dei “cittadini a
clientes”,
al “mercimonio consumato sulla sovranità”, agli “accordi di
cartello tra esponenti di partito e uomini d’affari”.
Le
parole di Gentili, dunque, devono apparire a tutti per quel che sono:
un qualunquismo politico
funzionale all’establishment
per diffondere sfiducia e conservare lo status
quo.
Rimane un dubbio: dov’era il Tribunale fino ad ieri? perché non è
intervenuto prima? Ancora una volta: “giudicate alle mani”. Il
Tribunale si è schierato apertamente dalla parte dello «stato di
diritto» e contro lo «stato di grazia». Prova ne è il progetto
per una «grande coalizione» di maggioranza, che nasconde, dietro
agli accorati e falsi appelli, il patto d’impunità stretto dalla
vecchia politica contro tutto e contro tutti, ma soprattutto contro
il Tribunale. Ecco perché in questo momento è importante
manifestare pubblicamente e in ogni modo il proprio appoggio e la
propria solidarietà a chi rischia tutto di sé per affermare il
principio di legalità, a chi ogni giorno nella propria opera è
costretto a darsi il coraggio più difficile, quello della
solitudine.
C’è
poi un altro qualunquismo da disfare, quello secondo cui “la
maggior responsabilità è di chi ha continuato a votare i potenti
sapendo quel che facevano, di chi ha chiuso gli occhi in cambio di
qualche favore”. È un qualunquismo pericoloso perché fa leva sul
senso di colpa. Don Lorenzo Milani sosteneva che “non
c’è nulla che sia più ingiusto quanto far parti
uguali fra disuguali”.
I governanti possono tutto; i governati possono soltanto il voto. La
maggioranza dei sammarinesi ha nel cuore il desiderio di una
Repubblica civile, giusta, progredita. Questo desiderio, quando il
voto è davvero libero, come nel caso del referendum, viene espresso
in modo luminoso. Lo stesso non accade e non può accadere alle
elezioni politiche, dove a prevalere è la logica clientelare che è
una logica ricattatoria.
Il
piccolo ruscello del potere giudiziario si è ingrossato fino ad
uscire dal proprio alveo e a invadere la vita pubblica. È
la naturale conseguenza alla degenerazione delle istituzioni
democratiche. Le piene creano disordine e agitazione. Ma dopo che
l’acqua si ritrae, i campi sono fertili come non mai. Sta alla
politica seminarvi qualcosa di buono. La politica dei partiti, però,
ha avanzato solo i semi della gramigna, di cui il Palazzo è
infestato.
Intendiamo dunque lanciare un appello ai
tanti che ai partiti hanno prestato il proprio impegno e che dai
partiti sono stati traditi, alle nuove formazioni politiche, alla
parte sana dei sindacati, delle associazioni di categoria, dei
movimenti d’opinione e dell’associazionismo, ai disoccupati, ai
giovani senza futuro, a chi investe tutto nella propria attività, ai
dipendenti pubblici disconosciuti nel merito, a tutti quei
sammarinesi che vogliono il proprio bene e il bene anche degli altri:
impegniamoci a costruire una
grande coalizione sociale, una pratica
politica comune che rimetta in piedi la Repubblica e le apra un nuovo
corso.
Augusto
Gasperoni
Luca
Lazzari
Lazzaro
Rossini