Riti religiosi e riti civili: non è l’ora di una separazione consensuale?
Come ogni anno, questa mattina ho preso parte al rito ufficiale della festa del Corpus Domini. La partecipazione delle Autorità e dell’apparato istituzionale sammarinese mi ha – come mi succede da diverso tempo – suggerito un grande interrogativo. Ora ve lo propongo, senza intenzioni provocatorie, ma con piena convinzione.
Non è forse l’ora di chiederci che senso ha, oggi, la commistione fra i riti religiosi ( o meglio di fede) e le parate istituzionali? Questa ritualità tipica della società medioevale ( in senso puramente storico) a quali valori attuali risponde? A nessuno. Anzi, dal mio punto di vista, è di ostacolo e di danno a due fondamentali esigenze, oggi sentite: la libera “celebrazione” di una fede religiosa e la legittima laicità dello Stato. Io personalmente, che sono credente e praticante, mi sento a disagio e contrariato, ad es., quando partecipo alla cerimonia in chiesa del I aprile e del I ottobre. Vi prendo parte come un cittadino, che è sensibile alla vita istituzionale del suo paese, ma non riesco a coinvolgere, in un simile contesto, la mia esperienza personale di fede. Che deve avere altri ambiti, altra motivazione, altra convocazione. Sarei tentato di dire che si sottopone ( fatta salva la buona fede di tutti) la fede ad una certa “profanazione scenica”. Come ad es. il tradizionale rito pseudo religioso, (mi vien da dire, di sapore comico- sacrilego), di recarsi in Basilica per ottenere “lumi” dall’Alto, per una scelta dei candidati Capitani Reggenti, che è stata già decisa (legittimamente) nelle stanze dei bottoni.
D’altra parte, convinciamoci che la vita istituzionale non diventa sana e positiva con una benedizione religiosa, ma solo con i comportamenti etici e democratici delle persone. E si convincano pure le autorità religiose: una messa o un rito di propiziazione celebrati in una scenografia ufficiale, fra squilli di tromba e spari a salve, non rendono un popolo più credente.
Vogliamo iniziare un sereno dibattito su questo annoso problema, che nemmeno i partiti storicamente poco avvezzi ai riti religiosi, hanno avuto il coraggio di affrontare?.
Di fronte ad una simile proposta, spero che nessuno si scandalizzerà. Spero che i custodi delle istituzioni non grideranno al lupo! al lupo! del modernismo. Che i tradizionalisti della religione non grideranno a lupo! al lupo! del laicismo.
E se ci fosse ancora in circolazione qualche laicista di credo giacobino, spero che non ne faccia una bandiera dell’anticlericalismo. Perché siamo noi cristiani i primi a chiedere una separazione.
Credo sia meglio un sano divorzio di un pessimo matrimonio. Per il rispetto della fede. Per il rispetto della laicità.
- Oggi al G8 di Lecce il lavoro del gruppo Biagio Bossone
- A San Marino ancora feste civili – religiose, Domenico Gasperoni