È  in edicola e in libreria il libro  “San Marino, incidente della storia o miracolo”, di Marino Cecchetti

È  in edicola e in libreria il libro    “San Marino, incidente della storia o miracolo”,  di Marino Cecchetti

È  in edicola e in libreria il libro

San Marino, incidente della storia o miracolo

di Marino Cecchetti.

La Repubblica di San Marino è “un miracolo storico” scrisse nel 1937 un senatore Italiano. Non ha sbocco al mare come il Principato di Monaco, non  è a confine fra due Stati come la Repubblica di Andorra e il Principato del Liechtenstein.

Sulla base del testamento di un Santo   “un piccolo nucleo di uomini attaccati alle pendici di una dolomite appenninica” ha  creato  uno “Stato sovrano” pur “vivendo in mezzo a gente della stessa fede”, lingua ed economia.

Si propongono le tappe fondamentali  del cammino  iniziato nel primo Medioevo, fino al traguardo finale sancito nel 1971 da Aldo Moro, Ministro degli Esteri Italiano.

 

                                                                               INTRODUZIONE

Aldo Moro, Ministro degli Affari Esteri della Repubblica Italiana, e Federico Bigi, Segretario di Stato per gli Affari Esteri e Politici della Repubblica di San Marino, il 10 settembre 1971 hanno firmato a Roma un accordo aggiuntivo alla Convenzione Italo-sammarinese del 1939. Accordo con cui, fra l’altro, viene eliminata dal testo di detta Convenzione l’espressione “amicizia protettrice”.

La protezione verso la piccola Repubblica, enclave del loro Regno, era stata una prerogativa che i Savoia, in quanto Re d’Italia, avevano voluto riservare a sé fin dalla prima convenzione stipulata fra i due Paesi nel 1862.

A causa di detta espressione la Repubblica di San Marino venne poi spesso citata nei testi di diritto internazionale come esempio di protettorato in Europa.

Di certo nel 1971 cade, verso San Marino, “ogni dubbio, ogni perplessità, ogni remora sulla sua sovranità e indipendenza”, come disse lo stesso Bigi nella relazione in Consiglio Grande e Generale (il parlamento sammarinese, di qui in avanti solo Consiglio) quando chiese l’autorizzazione alla firma.

Il microstato da allora ha cominciato a scambiare ambasciatori con l’Italia e, a seguire, con altri Stati. Ed è entrato in organismi internazionali anche di grande prestigio e rilevanza: OSCE (Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa), Consiglio d’Europa, ONU.

 Il traguardo

L’accordo del 1971 è il traguardo finale del cammino della ‘idea di libertà’ (libertas) concepita in condizioni di isolamento da una minuscola comunità formatasi come tante nell’Europa occidentale dopo il crollo dell’impero romano. Ne nacquero una miriade in quel periodo. Alcune si sono affacciate alla storia già nel primo Medioevo cristiano. Altre successivamente.

Di tante comunità che qua e là per l’Europa nel corso dei secoli si sono cimentate nell’esperienza dell’autogoverno, solo quattro sono sopravvissute alle traversie della storia e hanno raggiunto il traguardo della sovranità: Andorra e Liechtenstein, capitate a confine fra due Stati; Monaco confinante con un solo Stato, ma con sbocco al mare; San Marino benché enclave, cioè circondato da ogni lato dallo stesso Stato.

San Marino è una eccezione, un incidente della storia. Nel senso che le altre comunità quando si sono trovate in qualche fase della loro storia enclave di uno Stato, sono state poi assorbite da quello Stato. San Marino no. Benché enclave dello Stato Ecclesiastico almeno dal 1631 ed enclave dal 1861 dello Stato italiano, prima Regno d’Italia poi Repubblica Italiana.

Bigi ha impiegato dieci anni a togliere l’ultima ombra sulla sovranità sammarinese nel contesto della nuova Italia, la Re-pubblica nata dalla Resistenza, dopo la seconda guerra mondiale. Operando con la tenacia, la determinazione e la cultura politica di cui hanno dato brillantissime prove tanti suoi predecessori. I quali hanno fatto guadagnare alla piccola comunità sempre nuovi più alti livelli di autonomia, ancor prima che finisse enclave dello Stato Ecclesiastico. E hanno continuato a farla progredire nel cammino verso la sovranità anche successivamente. Vale a dire anche nella condizione la più sfavorevole, quella appunto di enclave.

L’accordo Italo-sammarinese del 1971 è di certo il più importante risultato di politica estera conseguito da San Marino dopo l’Unità d’Italia. Al contempo è anche il più rilevante di tutta la sua lunghissima storia, nel senso che compendia tutti i precedenti e li corona.

 Il termine ‘protezione’

Nel 1549 trovatisi a dover fronteggiare ripetuti, improvvisi e durissimi attacchi di uomini armati dalla Romagna, già sotto il dominio diretto dei papi, i sammarinesi chiesero ai duchi di Ur-bino, loro amici da sempre, di assumersi pubblicamente e formalmente per iscritto l’impegno di proteggerli. Avevano, in-somma, un assoluto bisogno di far sapere ai malintenzionati che non erano soli.

Detto impegno è passato poi ai papi – ancora su richiesta dei sammarinesi – agli inizi del Seicento, caricandosi di una valenza spiccatamente paternalistica. Infine, a seguito della unifica-zione politica della penisola italiana, è stato fatto proprio dai Savoia, i quali tenderanno a dare all’impegno i connotati del ‘protettorato’.

 Quel testardo convincimento

La qualità della politica in genere negli Stati incide sul tenore di vita dei cittadini, sullo sviluppo economico più o meno rapido, sul peso nei rapporti internazionali.

Per San Marino è questione di sopravvivenza. Se la comuni-tà sammarinese, pur enclave è diventata Stato sovrano, lo si deve ai sammarinesi stessi. I quali hanno conseguito detto tra-guardo con la sola arma di cui disponevano, la intelligenza politica. E sulla base di un profondo convincimento di natura religiosa che li accomuna generazione dopo generazione senza soluzione di continuità.

I sammarinesi, infatti, sono sempre stati convinti che è stato il loro Santo a farli liberi e che nessuno al mondo può mettere in discussione la volontà di un Santo. SAN MARINO. Incidente della storia o miracolo

 L’isolamento

Il Titano, sulle cui cime – forse durante le guerre gotiche – si è formata la primissima comunità, è un monte, per così dire, solitario. Sta un passo più avanti verso il mare rispetto alla catena montuosa dell’Appennino, versante adriatico. Si distingue per struttura e formazione geologica in quanto deriva da una estesa piattaforma di arenaria formatasi sui fondali del Tirreno nell’era terziaria. Il percorso è segnato da altri ‘frammenti’ di quella stessa piattaforma: Monte della Verna, Fumaiolo, San Leo. Si presenta, visto da Rimini, come un unico grande masso che emerge, a perpendicolo per 200 metri e per un fronte di oltre mezzo chilometro, da un basamento d’argilla a quota 500 metri sul livello del mare.

La strada più vicina, la Via Aemilia, è a oltre 16 chilometri dal Monte. E i letti dei fiumi, che da sempre nell’antichità hanno costituito naturali vie di comunicazione (Marecchia, Mara-no, Ausa), rimangono ai margini del basamento d’argilla, a non meno di 4 o 5 chilometri. Inoltre un diffuso fenomeno calanchivo complica l’accesso ai piedi del Monte.

Lì, sulla cima del Titano, accanto al sacello di un Santo, gli abitanti maturano la convinzione di essere liberi da chiunque grazie ai meriti, appunto, del Santo di nome Marino venuto dalla Dalmazia ai tempi dell’imperatore Diocleziano per sfuggire alle persecuzioni. Approdato a Rimini, il Santo si era poi ritirato sul Monte Titano, che in seguito riceverà in dono da Donna Felicissima, signora del luogo.

 L’inizio della storia

La comunità sammarinese esce dall’isolamento di certo nel 1228. È l’anno in cui il Titano, naturale ‘luogo di mezzo’ fra Montefeltro e Romagna, è scelto come piazza di libero scambio dai guelfi del piano (Rimini, a una ventina di km) e dai ghibellini dei monti (Carpegna e anche Urbino, distante il doppio circa rispetto a Rimini).

Gli introiti del mercato danno al Comune – questa è la forma organizzativa che la comunità si è data – la possibilità di assicurare il necessario servizio d’ordine nel mercato stesso e presidiare il fortilizio, sorto – si suppone – molto prima per iniziativa dei vescovi del Montefeltro, la diocesi di cui San Marino fa parte. Gli statuti del Comune contengono, fin dalle prime versioni, norme regolative del mercato sorprendentemente al passo coi tempi. Anzi d’avanguardia. Mentre le parti riguardanti altre materie sono, a volte, trattate piuttosto sbrigativamente.

Come in tanti comuni medioevali, oltre all’assemblea dei capifamiglia (Arengo) c’è un Consiglio che qui è di sessanta membri, eletti dall’Arengo. Detto Consiglio dalla metà del Duecento ogni sei mesi elegge, fra i suoi membri, due Capitani (consules). Ed è ancora oggi così.

 L’importanza del mercato

Attorno al mercato operano i rogatori dei negozi giuridici, cioè i notai. Questi professionisti – formatisi in genere a Bologna – provvedono anche alle necessità dell’amministrazione del Co-mune, che quindi non ha bisogno di ricorrere a giurisperiti esterni. Talvolta detti professionisti operano anche fuori, ma in genere non si trasferiscono fuori stabilmente, cioè con la famiglia, perché sul Titano si vive meglio che altrove. Sul Titano le cariche pubbliche sono a tempo e vengono assegnate per elezione o per sorteggio. Perciò si è meno esposti alle fisime di poteri arbitrari.

Già dalla seconda metà del Duecento San Marino è, di fatto, una realtà urbana (civitas), secondo i parametri di Jacques Le Goff: ha un fortilizio; è sede di un mercato settimanale e di im-portanti fiere annuali; ospita un convento di un ordine mendicante, quello dei Francescani.

Ciò che contraddistingue questa civitas fino a farne un unicum, è la convinzione di tutta la sua gente, generazione dopo generazione, di aver diritto alla piena autonomia in base alla eredità ricevuta dal Santo. Il che dà alla rivendicazione della civitas del Titano una forza che si rivelerà risolutiva come si de-scrive più in dettaglio nella APPENDICE PRIMA (*).

San Marino è l’unico Comune dei tanti fioriti nel periodo medioevale nell’Italia centro settentrionale, a sopravvivere alle traversie della storia.

 Il Santo e la democrazia

Il sammarinese Matteo Valli scrive nel Seicento che il Santo, quand’era in vita, “tenne come fratelli, non come sudditi gli habitatori del Titano”. Cioè insegnò a vivere nella comunità se-condo il principio della eguaglianza. Dandone l’esempio. E lasciò il Monte in eredità agli “habitatori” con un preciso vincolo: che ne usufruissero e ne godessero i frutti “comunemente”.

Gli “habitatori del Titano” diedero esecuzione alla volontà testamentaria del Santo ponendo la comunità “in Stato di Republica”, in modo, così, da rendere effettivamente “publica, effettivamente “comune à tutti, l’heredità”.

Il Santo, oltre ad aver insegnato la ‘democrazia’ ai membri della comunità, ha continuato a vigilare perché nessuno si azzardasse a non rispettarla. Come? Impedendo ai singoli di qual-siasi generazione non solo di realizzare un qualche progetto di ‘signorizzazione’, ma anche solo di concepirlo un tale progetto. Qualora un membro della comunità si lasciasse prendere dalla cupidigia del potere – “dominandi cupido”, come scrive nel Seicento Orazio Olivieri, uno studioso del Montefeltro – il Santo interverrebbe prontamente e in un modo piuttosto sbrigativo: morte “occulta causa” in “brevi spatio”.

Il risultato di dette convinzioni radicate nella comunità sammarinese, è sotto gli occhi di tutti. Dalla prima metà del Duecento migliaia di persone si sono avvicendate, in coppia, al governo della comunità, come Consules (Capitani, oggi Capitani Reggenti). Ebbene mai uno ha tramato per sbarazzarsi del collega e appropriarsi di tutto il potere. Qui sul Titano “niun capitano fu mai traditore, né alcun capitano o privato che tentasse mai farsi tiranno”, ha annotato con meraviglia a metà Ottocento Pietro Ellero, professore dell’Università di Bologna.

 Il Santo e la sovranità

Di certo nel cammino della comunità verso la sovranità ha avuto un ruolo fondamentale, come si è detto, il testardo convincimento dei sammarinesi di aver diritto di essere liberi perché il loro Santo li ha lasciati liberi. Il gruppo dei professionisti esperti di diritto, che gravita attorno al mercato, è la punta di diamante della intellighenzia del Paese. Fornisce al convincimento il braccio operativo per affrontare di volta in volta – un esempio significativo è riportato in APPENDICE SECONDA (**) – i pericoli creati lungo i secoli dalla storia. Traduce detto convincimento nei giusti adeguati termini a mano a mano che cambiano lungo i secoli attorno alla comunità gli scenari della storia.

Ecco qualche esempio di detto adeguamento su cui avremo modo di soffermarci:

– 1296: nemini teneri (non dipendiamo da nessuno);

– 1549: neminem superiorem recognoscentes (non abbiamo autorità sopra di noi in ambito politico);

– 1717: liberi ab utroque homine (non siamo soggetti né all’imperatore né al papa);

– 1971: no alla amicizia protettrice, cioè a qualsiasi prero-gativa vincolante nei nostri confronti.

Il traguardo della piena sovranità conseguito nel 1971 è stato poi ‘ratificato’, per così dire, in ambito internazionale al massimo livello. Il 2 marzo 1992 la Repubblica di San Marino – era Segretario di Stato agli Affari Esteri Gabriele Gatti – è entrata a far parte dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, accolta per acclamazione da tutti gli Stati del mondo.

San Marino, ottobre 2022                   Marino Cecchetti

 

(*) Intervista pubblicata su San Marino oggi il 1° settembre 2001, 1700° anniversario della Fondazione della Repubblica di San Marino.

(**) Nell’ottobre del 1739 la Repubblica viene occupata dal card. Giulio Alberoni, Legato di Romagna, su ordine di papa Clemente XII, anticipando una eventuale mossa degli Asburgo che si stanno espandendo in varie zone della penisola (“les Indes de la Cour de Vienne”) e hanno occupato Carpegna. I sammarinesi urlano all’aggressione. “Protezione sì, dominio no”, dice il papa. E restituisce ai sammarinesi lo status quo ante.

 

FONTI

Sono stati utilizzati per la parte generale vari testi di storia sammarinese del medesimo autore e, per lo specifico, i verbali del Consiglio Grande e Generale e la corrispondenza della Reggenza, consultabili presso Archivio e Biblioteca di Stato della Repubblica di San Marino.

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