Flavia Amabile di La Stampa: Tra i sacerdoti che alzano gli steccati. ‘Fuori posto i musulmani a messa’

Flavia Amabile di La Stampa: Tra i sacerdoti che alzano gli steccati. ‘Fuori posto i musulmani a messa’

La Stampa (10 agosto 2016)

Tra i sacerdoti che alzano gli steccati. “Fuori posto i musulmani a messa”
Il malumore della base: “Sbagliato dare la parola a chiunque”. La lettura teologica: “Così il luogo sacro è diventato la loro terra”

Flavia Amabile

Roma
 
Non c’è solo il disagio dei musulmani in questi giorni per la presenza dei loro imam durante la celebrazione della Messa di domenica scorsa. Anche una larga parte del mondo cattolico non ha mostrato di apprezzare l’idea che il Corano venga cantato sull’altare della basilica di Santa Maria in Trastevere o che ci sia stata un’offerta simbolica di pezzi di pane ai musulmani come è avvenuto a Ventimiglia.
Don Gabriele Mangiarotti, responsabile dell’Ufficio di Pastorale scolastica e della Cultura nella Diocesi di San Marino-Montefeltro. la giudica un’iniziativa realizzata con «ingenuità e sprovvedutezza». Non nega la necessità che ci sia un dialogo ma chiede «chiarezza sulla propria identità e consapevolezza di che cosa siano i cristiani e i musulmani». Per don Gabriele si è trascurato il fatto che la Messa è «il luogo dove si forma e si proclama la parola di Dio, non la parola di qualsiasi persona che passi di lì». Ed è «grave» anche «la distribuzione di pane non consacrato come se si trattasse di ostie. Si generano forti equivoci». 
Riccardo Cascioli, direttore della Bussola Quotidiana, quotidiano online punto di riferimento per molti cattolici: «La partecipazione degli imam alla Messa è stata una scelta insensata. Qui non si vuole essere chiusi e creare muri, tutt’altro, ma far prendere la parola agli imam durante la Messa è un’assurdità teologica e pastorale. La Messa non è un’assemblea comunitaria qualsiasi. È un momento sacro in cui non ci si scambiano convenevoli né reciproca solidarietà. Oltretutto c’è una profonda ignoranza: quando si recitano alcuni versetti del Corano c’è quasi un impegno a far diventare quel luogo una terra d’Islam. Permettere che questo accada è assurdo, si legittima la predicazione dei musulmani, si consente l’occupazione delle chiese». Don Paolo Mojoli, sacerdote salesiano, ha scritto a Magdi Cristiano Allam le sue perplessità: «Per il diritto e la visione religiosa islamica lo spazio in cui prega la comunità musulmana diviene automaticamente di sua esclusiva pertinenza e possesso». Padre Gianfranco Grieco, dei Frati Minori Conventuali, un lungo passato in diversi uffici del Vaticano, ammette che si è «lasciata da parte la teologia con il consenso di papa Francesco perché l’urgenza delle situazioni richiede che vengano lanciati alcuni segnali forti». 
Che cosa fare di più concreto? Don Gabriele chiede «qualcosa di molto più grande di un evento che dia l’impressione che siamo tutti d’accordo. È necessario un lavoro di confronto impegnativo, il Corano va letto in modo letterale, evitando interpretazioni sentimentali e buoniste, e prendendo le distanze».  
Secondo Riccardo Cascioli «sarebbe il momento di fare «gesti concreti» come rompere «il muro di omertà» e denunciare «chi predica la violenza e chi permette la circolazione di materiale illegale sempre nelle moschee. È questo che serve per combattere il terrorismo, non gli show». 

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