Frontalieri di San Marino: i sindacati contro la tassa

Frontalieri di San Marino: i sindacati contro la tassa

“La norma razzista prevista dalla finanziaria per l’aumento dell’imposizione fiscale ai  frontalieri rischia non solo di rendere ancora più difficili i rapporti con l’Italia, ma anche di provocare più danni che utili alle casse dello Stato”. E’ la dura accusa firmata dei segretari Federazione industria delle CSU.
“Gira voce infatti che – affermano Enzo Merlini (CSdL)e Giorgio Felici (CDLS)-  i competenti organismi italiani intraprenderanno le iniziative necessarie a riscuotere interamente la quota capitaria per l’assistenza sanitaria prevista dagli accordi vigenti in materia, pari ad oltre 300 € al mese attualmente versati all’INPS solo per un terzo circa dei lavoratori frontalieri, per un ammontare ben superiore agli introiti previsti. Sarebbe certo un bel risultato per “le menti” che hanno pensato questo intervento, tra cui alcune associazioni di categoria, che infatti si sono ben guardate dal prendere alcuna posizione sulla materia, senza neanche considerare che provocherà ulteriori stimoli ai lavoratori frontalieri per cercarsi un’alternativa più sicura nel loro paese”
“È  vero che il lavoro manca anche nel circondario, – continuano i due segretari industria-  ma per diverse figure professionali le possibilità ci sono e le aziende sammarinesi potrebbero trovarsi a dover affrontare nuove difficoltà o a mettere mano al portafogli. Che classe dirigente è quella che invece di rimettere in discussione gli accordi esistenti, scarica le proprie frustrazioni su chi ogni giorno varca il confine per guadagnarsi da vivere? Siamo convinti che occorrerebbe un bagno di umiltà per raggiungere i sospirati accordi e non certo provocazioni come questa; ma se proprio la si voleva fare, era più onesto e dignitoso denunciare all’Italia l’applicazione dell’accordo in materia sanitaria che, se attuato per tutti i lavoratori frontalieri, sommato all’imposizione fiscale loro imposta dal 2003, produrrebbe al Belpaese un risultato economico addirittura superiore a quanto incasserebbe se essi tornassero a lavorare in Italia. Quell’accordo è quindi superato di fatto dall’anno fiscale indicato”.
“Ma queste “menti” nascondono probabilmente anche altri obiettivi che la CSU ha più volte evidenziato in queste settimane: la divisione tra i lavoratori per indebolire il Sindacato. Non possiamo pensare che tali “menti” siano davvero convinte che le spese produzione reddito si possano qualificare come detrazioni soggettive e come tali attuabili nel Paese di residenza, perché sono sempre state uguali per tutti i lavoratori dipendenti e pensionati e non come i carichi familiari, i mutui o le spese mediche, che dipendono dalla situazione personale e familiare di ciascuno.
“È quindi molto probabile – concludono Merlioni e Felici – che gli organismi interni ed internazionali considerino illegittima questa norma razzista: dunque quale sarebbe la conseguenza? Le tasse potrebbero aumentare ancora in modo generalizzato e di questo “le menti” incolperebbero la CSU, che ha contestato tale provvedimento. Alla faccia della condivisione e dell’unità d’intenti per traghettare il Paese fuori dalla crisi! Siamo alla logica del “mors tua, vita mea”. Non c’è che dire: roba da “menti” sopraffine.
Enzo Merlini – Segretario FULI/CSdL Giorgio Felici – Segretario FLIA/CDLS

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