Giuseppe Morganti, unirsi per salvare il Paese

Giuseppe Morganti, unirsi per salvare il Paese

Il Paese sta precipitando in una crisi senza precedenti. La vicenda di Banca Centrale ha di fatto annullato le funzioni principali dell’ente che detiene la rappresentanza istituzionale in materia finanziaria. Con questa è venuta meno la garanzia della stabilità, la funzione della vigilanza, la garanzia della corretta attività del sistema. Ciò sta producendo un effetto a catena che sta portando ad un ulteriore declassameto del rating dello Stato, e ha messo in subbuglio gli operatori economici che fino ad oggi hanno scelto San Marino come partner commerciale e territorio in cui effettuare investimenti.
La prima pagina dedicata oggi dal Sole 24 Ore, non va interpretata come l’ennesimo (e quasi sempre ingiustificato) attacco al sistema, ma purtroppo come analisi di una situazione reale. La preoccupazione è alle stelle determinata non tanto dalla crisi finanziaria incipiente, ma dalla valutazione sulle energie finanziarie proprie dello Stato che vengono giudicate insufficienti per contenere l’eventuale crollo del sistema.
Le prospettive di chiudere due delle vicende più importanti per la stabilità del sistema finanziario sammarinese e cioè la firma sul memorandum fra Banca d’Italia e Banca Centrale, e la cessione del Gruppo Delta, oggi, dopo l’insano gesto del governo, appaiono più lontane. Il memorandum doveva consentire di rimettere in chiaro i limiti e le possibilità operative del sistema finanziario sammarinese sul mercato dei capitali italiano e quindi europeo, ricollocando finalmente quei binari, smantellati dalla circolare di Banca d’Italia del dicembre 2008.
L’accordo era vicino ed era seguito quotidianamente dal Presidente Bossone e dal suo staff, ottenendo anche il supporto dei tecnici del Fondo Monetario Internazionale. Il secondo atto (Delta) è chiaro: dopo che l’investimento sammarinese più importante mai effettuato in Italia ha subito un’espropriazione, senza che il governo di San Marino battesse ciglio, una volta consentito il depotenziamento sostanziale di quell’investimento, l’unica soluzione rimasta è quella di vendere a condizioni non troppo penalizzanti. Banca d’Italia, sebbene abbia agito per nove mesi attraverso il commissariamento, sembrava finalmente decisa ad individuare una soluzione onorevole per tutti e questo grazie alla stima di cui godono figure come Sibani, Caringi, Bossone.
Chiudere l’accordo su Delta significa ridare stabilità all’intero sistema finanziario poichè solo una volta che sarà quantificata la perdita, compatibile con le potenzialità economiche di Cassa di Risparmio, sarà poi possibile avviare il piano di rilancio e di ricapitalizzazione su cui il Presidente della Fondazione, Tito Masi sta lavorando. Il governo, responsabile dell’anno (2009) più orribile vissuto dalla Repubblica di San Marino, ha invece ben pensato di rendere ancor più orribile il 2010 sferrando, per pura arroganza, il colpo al cuore dell’unica istituzione che poteva ancora garantire il raggiungimento dei due obiettivi che avrebbero garantito la stabilità finanziaria.
Nel caos generale si sta facendo strada l’ipotesi più pericolosa: quella della cessione della sovranità che nei fatti si potrebbe concretizzare nel controllo delle più importanti istituzioni finanziarie della Repubblica da parte di capitali esteri e nell’affidare a terzi funzioni derivanti dalla statualità quali la rappresentanza internazionale e la vigilanza sul sistema finanziario.
Un’ipotesi quest’ultima ventilata (speriamo a torto) dal Segretario alle Finanze, fortunatamente smentita dalla stessa Banca d’Italia. Il quadro è tale da richiedere una reazione immediata da parte della politica, incapace di gestire, almeno fino ad oggi, la complessità del problema. Da tutto ciò non può che scaturire un appello accorato affinchè quelle persone che sono dentro ai partiti (di destra, di centro e di sinistra, non ha importanza), che percepiscono la gravità della situazione, si uniscano per avviare una vera e propria fase di salvataggio dell’autonomia, della sovranità e, per quanto possibile, dell’economia di San Marino. (Giuseppe Morganti)

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