‘Ho un tumore’. E l’azienda la licenzia in tronco

‘Ho un tumore’. E l’azienda la licenzia in tronco

“Ho un tumore”. E l’azienda la licenzia in tronco

Bologna, 26 gennaio
2011 – LICENZIATA poche ore dopo avere comunicato ufficialmente
all’azienda di doversi assentare per qualche tempo per un intervento
chirurgico per l’asportazione di un tumore osseo. Lo denuncia Marina
Angelini, 52 anni, (ex?) dirigente della E-stat, società facente parte
del gruppo Delta, che ha sede in via Cairoli, zona Stazione, e che dal
27 maggio del 2009 è stato posto in amministrazione straordinaria in
seguito a un’inchiesta giudiziaria che ne ha decapitato i vertici.

La
dottoressa Angelini è attualmente ricoverata all’ospedale Rizzoli, nel
reparto di chirurgia oncologica vertebrale, dove è stata operata lo
scorso 11 gennaio. Era dipendente della E-stat dal 2003 ed era stata
promossa dirigente nel 2008. Ora si è affidata a un legale, l’avvocato
Paolo Naldi, che ha impugnato il licenziamento. L’azienda pare
irremovibile. «Se non ci sono aperture — spiega l’avvocato — il passo
successivo sarà davanti al giudice».
 
Quando ha scoperto la malattia?
«Durante
le ferie, a fine luglio, ho iniziato ad accusare forti dolori al basso
ventre — racconta Marina Angelini, distesa su un fianco nel suo letto
all’ospedale Rizzoli —. Al rientro mi sono orientata subito su indagini
ginecologiche, ma dall’esclusione di tutti gli esami possibili di questa
natura, ho effettuato una risonanza magnetica».
 
Con quale esito?
«Mi
hanno individuato una massa alla base della colonna vertebrale. Allora
ho iniziato una serie di visite specialistiche che hanno prospettato
diverse ipotesi, fino all’ultima. Che, purtroppo, era la più critica e
la più plausibile. Sono stata quindi ricoverata qui al Rizzoli dal 23 al
25 novembre per una biopsia».
 
L’esame decisivo.
«Il 1°
dicembre, su consiglio dell’amministratore di E-Stat Giuseppe Varisco,
ho chiesto un incontro con un dirigente con lo scopo di esprimergli la
mia disponibilità a integrare le mie funzioni con eventuali altre sulla
base delle mie competenze professionali, nell’ambito dell’attività.
Mentre ero a colloquio con lui ho ricevuto una telefonata: era il numero
del Rizzoli e quindi, scusandomi, ho risposto».
 
Era la chiamata che nessuno vorrebbe ricevere?
«Il
referto era il seguente: cordoma, che è un raro tumore osseo; mi è
stata comunicata subito la data del ricovero, il 4 gennaio, e quella
dell’intervento, che dura 7 ore, per l’11 gennaio. Dopo lo sbandamento
ho continuato il colloquio e la settimana successiva ho comunicato il
fatto al dottor Varisco».
 
Quali sono state le prime reazioni nella società?
«Mi
hanno fatto gli auguri e rassicurata anche sul fatto che ci sarebbe
stato un periodo di stallo lavorativo probabilmente fino a maggio, data
di scadenza del mandato dei commissari».
 
Cosa è accaduto dopo?
«Il
23 dicembre alle 11.09, prima delle ferie natalizie che ho preso in
vista del ricovero, ho comunicato con una mail ciò che avevo anticipato
verbalmente: ‘Sarò assente per un periodo piuttosto lungo, e non ancora
definito, in quanto dovrò sottopormi a un delicato intervento’ ma,
‘compatibilmente con i tempi clinici, confermo la disponibilità della
mia reperibilità per ogni eventuale esigenza di lavoro’».
 
Ha ricevuto risposte?
«Nel
pomeriggio mi ha chiamato la segreteria per comunicazioni ma ero fuori
città da un cliente per lavoro. Alle 16.54 dello stesso 23 dicembre,
come testimonia il contrassegno della raccomandata, è stata spedita la
lettera di licenziamento».
 
Quando l’ha ricevuta?
«L’ha
ritirata mio marito il 30 dicembre. Dal 27, giorno in cui è arrivato
l’avviso della posta, ero in malattia perché quella mattina stavo male e
avevo chiamato il medico».
 
E’ rimasta sorpresa?
«Mi sono
sentita ferita e calpestata. Peraltro, sono l’unico dirigente
licenziato. Ho pianto per un giorno e una notte. Trovo incredibile
quello che mi è accaduto e penso che non possa passare sotto silenzio».
 
Come è andato l’intervento?
«Ho
subito la resezione dell’osso sacro e sembra sia andata bene. E’ molto
doloroso e ora bisogna attendere. Non so ancora quando sarò dimessa»
di ENRICO BARBETTI

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