I martiri del terrorismo non hanno religione

I martiri del terrorismo non hanno religione

I martiri del terrorismo non hanno religione
Le cronache provenienti dall’estero ci hanno, purtroppo, ormai abituati ad un triste bollettino di stragi di innocenti e di violenze indicibili da parte di gruppi armati dai nomi più fantasiosi.
Terroristi che, in nome di una visione distorta e fondamentalista della propria religione, compiono massacri continui contro la popolazione civile, a volte con la scusa dell’appartenenza religiosa, altre volte, come avvenuto in Kenya o in Nigeria, per affossare il semplice desiderio che hanno tanti giovani di frequentare la scuola, istruirsi e almeno sognare un futuro diverso da guerre, povertà ed emigrazione.
In altri casi ancora, la “colpa” di chi viene ucciso è semplicemente quella di trovarsi in una zona strategica e di non abbracciare le idee di distruzione e violenza dei terroristi. È il caso dei civili palestinesi e siriani, fra cui si stima 3500 bambini, che si trovano nel campo profughi di Yarmouk, alla periferia di Damasco, dove l’irruzione dei miliziani dell’Isis e di al-Nusra ha portato alla morte centinaia di persone, forse più di mille, avvenuta anche tramite le immancabili decapitazioni.
Ma se la follia omicida dei miliziani non fa distinzione fra nazionalità, o religione (solo tre settimane fa sono morti centinaia di musulmani Sciiti, a causa di un attentato ad una Moschea di Sana’a in Yemen, rivendicato dallo Stato Islamico), risulta stridente oggi leggere il comunicato della Segreteria di Stato per gli Affari Esteri in cui si esprime sdegno in particolare per i 148 “cristiani vittime della strage in Kenya”.
La Segreteria di Stato agli affari Esteri, in quanto a capo della diplomazia di uno Stato laico, non può permettersi certe superficialità, tanto più quando nello stesso Vaticano vengono ricordate tutte le vittime delle guerre in corso, e non solo quelle cristiane.
Afferma, infatti, proprio Padre Ciro Benedettini, vice-direttore della Sala Stampa vaticana: “Il Papa si fa paladino non solo dei cristiani ma anche dei fedeli delle altre religioni e soprattutto dei musulmani, vittime della stessa crudeltà più ancora dei cristiani”.
E se persino il Santo Padre (per il quale è ovviamente più che doveroso occuparsi della situazione dei cristiani nel mondo), esprime solidarietà e vicinanza alle vittime di altre religioni che in fondo condividono con i cristiani il desiderio di potere professare liberamente il loro credo senza essere perseguitati, la posizione espressa nel comunicato del Segretario Valentini risulta ancora più anacronistica.
La Repubblica di San Marino, in virtù della propria storia, deve avere la capacità di pensare e rivolgersi a tutti gli interlocutori, anche a quelli che pur non avendo legami storici e culturali con la nostra Repubblica fanno comunque parte del nostro stesso mondo e, come noi, rivendicano il diritto alla libertà, civile, culturale e religiosa.
CITTADINANZA ATTIVA

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