Il sistema San Marino, non solo Fingestus, nella ‘confessione’ Vitalucci. Patrizia M. Lancellotti, Corriere Romagna San Marino

Il sistema San Marino, non solo Fingestus, nella ‘confessione’ Vitalucci. Patrizia M. Lancellotti, Corriere Romagna San Marino

Patrizia M. Lancellotti di  Corriere Romagna San Marino:   INCHIESTA “CRIMINAL MINDS” . Nella sua ricostruzione emerge più di un comportamento “mafioso» /  Vitalucci si difende e attacca: «Achille Zechini mi disse lascia stare Marco Bianchini» / Vitalucci cerca di dimostrare quanto fosse ammanicato Mr Karnak

Claudio Vitalucci continua a dichiararsi vittima di un’estorsione, orchestrata da Marco
Bianchini
, e per avvalorare la sua tesi tira in ballo anche Achille Zechini, ex capo della gendarmeria di San Marino, per dimostrare quanto, secondo lui, fosse “ammanicato” l’imprenditore sammarinese. L’intervento. «Lascia stare Bianchini», gli avrebbe detto Zechini durante una convocazione avvenuta dopo la presentazione della prima denuncia  presentata dall’imprenditore anconetano il 29 giugno del 2010 per le minacce ricevute da Riccardo
Ricciardi
 
e Platone Bruno, i due “body guard” di Bianchini (in carcere per tentata estorsione) . «Non è il mio cliente ad aver commesso estorsione, ma anzi ha subito truffa, minacce ed estorsioni da Marco Bianchini e dalle persone a lui vicine», aveva affermato l’avvocato Luca Maori, dopo l’interrogatorio di Vitalucci davanti al gip, annunciando che il suo assistito sarebbe stato più preciso soprattutto sui «comportamenti a suo dire mafiosi di Bianchini ». Il rapporto. La prova di questo modus operandi fuori dalle regole, sottolineato peraltro più volte n e l l’ordinanza di custodia cautelare  dell’inchiesta “Criminal
Minds
” dal gip Fiorella Casadei, sarebbe, secondo Vitalucci, il rapporto che Bianchini aveva con il capo dei gendarmi, Zechini (che non è indagato dalla procura riminese), che sarebbe intervenuto nel contenzioso tra i due imprenditori “avvertendo” Vitalucci di lasciare perdere Bianchini con ulteriori denunce. Del rapporto tra Zechini e Ricciardi parla anche l’ordinanza: «Ricciardi parlando con Zechini riceve la conferma che presso gli uffici stavano acquisendo le dichiarazioni dei soggetti che avevano aggredito e minacciato Bianchini. Il contenuto della conversazione mette in luce dei legami assai stretti tra il responsabile della Gendarmeria e Ricciardi, sicuramente non condivisibili e non sempre chiari». Altra denuncia. L’avvertimento, se così fosse, di Zechini non avrebbe comunque sortito l’effetto sperato visto che Vitalucci pochi giorni dopo la prima denuncia, il 2 luglio 2010, ne ha presentata un’altra sempre supponendo che le minacce estortive di Ricciardi e Platone partissero da Bianchini. Convinto che comunque a San Marino era inutile fare la guerra a Bianchini, Vitalucci si è rivolto direttamente alla Dda di Bologna, dove in u n’articolata denuncia, avrebbe approfondito quello che era, a suo dire, l’atteggiamento mafioso del sammarinese. L’archiviazione. Ma sono proprie le due denunce presentate a San Marino, fatti che la guardia di finanza di Rimini ha poi raccolto nell’indag ine “Criminal Minds”, a scatenare un altro caso sul Titano. Archiviate dal giudice Marsili il 25 ottobre 2011, con ricorso del 16 dicembre di Vitalucci, sono state poi “riesumate” dal giudice d’appello David Brunelli, che, con ordinanza del 9 gennaio di quest’anno, ha ordinato la riapertura del caso nonché l’accertamento delle eventuali responsabilità da parte di Marsili e di Zechini. I «non ricordo». Ma Vitalucci (agli arresti domiciliari con l’accusa di tentata estorsione) ieri mattina si è presentato davanti al pm titolare dell ’indagine, Luca Bertuzzi, nel tentativo di ridimensionare le accuse a suo carico. Ha ammesso la giustizia arbitraria, un modo per difendersi dall’estorsione, ma si è bloccato, trincerandosi dietro a un «non ricordo» quando il pm ha chiesto di spiegare le telefonate con Ardian Kazazi, il pregiudicato albanese, autore materiale, secondo l’inchiesta “Criminal Minds” delle minacce indirizzate a Bianchini. Il pm Bertuzzi ha invece voluto evidenziare proprio il collegamento tra Vitalucci e la criminalità, sfruttata, secondo le accuse, per estorcere denaro a Bianchini. All’ordine un patto illecito: Bianchini “soccorre ” Vitalucci allo scopo di favorirlo per sottrarre dei beni di un imminente fallimento. I due milioni. Un’operazione da due milioni di euro, conclusa sulla fiducia. Al momento però di rifondere il debito, qualcuno rialza il prezzo: per rientrare in possesso dei “suoi” beni ci vogliono almeno 320mila euro in più di quanto stabilito. Vitalucci è convinto che sia lo stesso Bianchini e, accompagnato da “guardie del corpo” strattona Bianchini nel parcheggio del Grand Hotel Primavera, a San Marino. Minacce di morte arrivano anche da Ardian Kazazi a Ricciardi e quando le intimidazioni “firmate” Vitalucci arrivano a Platone entra in scena la camorra. La malavita. Viene chiamato come “mediatore ” anche Giovanni Pascarella, elemento legato alla criminalità organizzata già coinvolto nel tentato omicidio di Giovanni Lentini, in viale Ceccarini. Alla morte di Pascarella però la trattativa si arena. La questione, alla fine, prima che possa degenerare, viene risolta da Napoli, con una telefonata di Platone. All’epoca è amministratore unico della concessionaria d’auto, MB
Class
, con sede a Dogana. Poi sarà coinvolto nell’operazione anticamorra Vulcano. Platone all’interlocutore, un altro napoletano residente a Rimini e noto alle forze di polizia, nuovo portavoce delle istanze di Vitalucci, passa direttamente “Carletto o’ piano”, amico di Pasquale Gallo, reggente del clan Gallo-Cavalieri di Torre Annunziata, che gli spiega che i soldi erano in Campania e se voleva chiarimenti poteva rivolgersi direttamente al boss. Una parte dei soldi in transito tra i due imprenditori dunque finiva nelle casse del clan.

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