IlSole24Ore: Cessioni verso San Marino con meno rischi formali

IlSole24Ore: Cessioni verso San Marino con meno rischi formali

IlSole24Ore

Corte di Cassazione. Per la non imponibilità ai fini Iva

Cessioni verso San Marino con meno rischi formali

 LA DECISIONE Il diritto a beneficiare del regime agevolato non viene meno se mancano le note a margine sulle scritture del cedente

Giampaolo Giuliani e Antonio Iorio

 In presenza di una cessione all’esportazione regolarmente eseguita, mediante spedizione o trasporto dei beni nella Repubblica di San Marino, il regime della non imponibilità Iva non può essere escluso sulla base di un mero presupposto formale.
Si tratta della conclusione alla quale è pervenuta la Corte di cassazione con la sentenza n. 16450 depositata il 18 luglio 2014 con la quale, si spera, sia stata finalmente messa la parola fine ad una questione, trascinata per molti anni, che ha coinvolto parecchie imprese italiane.
L’interessante pronuncia della Corte di cassazione trae origine da una rigorosa interpretazione dell’amministrazione finanziaria circa l’inosservanza da parte degli operatori italiani di uno degli adempimenti formali, previsti dal decreto ministeriale del 24 dicembre 1993, all’atto della cessione di beni a soggetti passivi sammarinesi.
In particolare l’articolo 4 comma 1 lettera B, del citato decreto, relativo alla disciplina Iva sugli scambi tra Italia e San Marino prevede che il cedente italiano nel momento in cui riceve dal proprio cliente sammarinese la fattura cui è stato apposto il timbro a secco da parte dell’Ufficio tributario di San Marino, ne debba prendere nota a margine delle corrispondenti scritture eseguite nel registro delle vendite, utilizzando ad esempio un’espressione del seguente tenore: «Ricevuto esemplare vidimato – data».
Secondo l’agenzia delle Entrate l’assenza di tale formalità comporta addirittura la perdita del requisito della non imponibilità dell’imposta con tutte le gravi conseguenze sanzionatorie del caso.
Pertanto, se nel corso dei controlli, viene rilevata l’assenza della citata nota a margine, agli operatori è contestata l’omessa fatturazione di operazioni imponibili, punita con una sanzione amministrativa compresa fra il cento e il duecento per cento dell’imposta non fatturata.
Del tutto evidente come questa rigorosa interpretazione della norma abbia determinato una sproporzione tra la violazione e la sanzione: ipotizzando la vendita di beni per mille euro si determinerebbe infatti una sanzione di 220 euro per una violazione palesemente formale e irrilevante ai fini dell’effettività della cessione.
Peraltro, in questi casi, il cedente nazionale, pur pagando la sanzione e gli interessi ben difficilmente avrebbe potuto pretendere, in via di rivalsa, dall’acquirente sammarinese l’Iva dovuta, a norma dell’articolo60, comma 5 del Dpr 633/72, in quanto, non potendola portare in detrazione, quest’ultimo ne sarebbe rimasto inciso per un errore a lui non imputabile.
In buona sostanza, ne conseguiva, in base all’interpretazione dell’Ufficio, che a fronte di una cessione di mille euro una “omessa presa a margine” comportava conseguenze sanzionatorie dirette ed indirette per 440 euro!
Ora la recente interpretazione dei giudici di legittimità dovrebbe porre fine a questi rischi che, per la loro entità economica, avrebbero determinato difficoltà anche alle imprese più solide; il tutto, poi, per un’omessa annotazione.
Secondo la Suprema corte, la sesta direttiva (ora direttiva 112/2006) è chiara e non lascia adito a dubbi: il diritto del contribuente al regime della non imponibilità Iva per la cessione di beni trasportati o spediti fuori dall’Unione europea sussiste sempre senza alcuna distinzione tra operazioni lecite o illecite e dunque a fortiori nel caso di esportazioni irregolari come nella ipotesi in esame.

 

Condividi


Per rimanere aggiornato su tutte le novità iscriviti alla newsletter

Quando invii il modulo, controlla la tua inbox per confermare l'iscrizione

Privacy Policy