INGRID BETANCOURT E GLI ALTRI TRA LA SPERANZA E URIBE

INGRID BETANCOURT E GLI ALTRI TRA LA SPERANZA E URIBE

APPROFONDIMENTO

Gennaro Carotenuto

(29 febbraio 2008)

In Colombia, dopo la liberazione unilaterale da parte delle FARC di altri quattro ostaggi, molti chiedono a gran voce l’apertura di un processo di pace e marceranno il sei marzo per la pace e contro la violenza insieme agli ex-sequestrati. Ma il regime di Álvaro Uribe continua a puntare sulla guerra.

L’ex-senatore Luís Eladio Pérez, liberato dopo sei anni di prigionia, nella sua prima conferenza stampa da Caracas, si è rivolto direttamente al presidente del suo paese: “La soluzione non può che essere politica, signor Uribe”. Tutti gli ex-ostaggi, giunti a Caracas sugli aerei venezuelani con insegne della Croce Rossa Internazionale con i quali è stata realizzata la liberazione, hanno espresso il loro rifiuto netto tanto all’opzione della forza come a quella della guerra senza quartiere contro le FARC. “Ci sono condizioni oggettive -ha proseguito l’ex ostaggio- che noi che siamo stati per anni nella selva conosciamo, che rendono impossibili, a meno che non si vogliano ‘liberare’ dei cadaveri, le azioni di forza in piena selva.
Sarebbero un massacro”. Se l’uso della forza sarebbe scellerato gli ex-ostaggi hanno anche manifestato l’urgenza di trattative; molti ostaggi, tra questi Ingrid Betancourt, sono allo stremo delle forze.
L’ex-ostaggio, che ha condannato oltre le FARC “il terrorismo dei paramilitari e il terrorismo di Stato colombiano”, ha annunciato che tutti i liberati, insieme alla senatrice Piedad Cordoba, la ex-mediatrice sconfessata da Uribe proprio perché stava mediando, parteciperanno alla manifestazione delle vittime di tutta la violenza in Colombia del prossimo 6 marzo. Marceranno insieme alle organizzazioni in difesa dei diritti umani, ai familiari delle vittime stesse, ai sindacati, ai movimenti indigeni, in quella che vuole essere la risposta della Colombia democratica alla grande adunata uribista del passato 4 febbraio. Il paradosso è che quello del 6 marzo che vedrà sfilare gli ex-ostaggi delle FARC è lo stesso evento che il regime di Álvaro Uribe ha definito “organizzato dalle FARC”. E’ un dettaglio che rivela il totale autismo di Uribe e del suo principale socio, il governo di Washington. I governi integrazionisti latinoamericani, a partire da quello venezuelano di Hugo Chávez, ma con il forte impegno di Brasilia, Buenos Aires, Quito, La Paz, e con il deciso appoggio di Parigi, chiedono al governo di Bogotà trattative con le FARC e si spendono per l’apertura di un processo di pace in Colombia. Il regime di Bogotà è, al contrario, immobile nell’ideologia della guerra al terrorismo. Alcuni scrivono che è per evitare ulteriori successi diplomatici all’odiato Chávez e con cinismo arrivano a difendere tale motivazione. Sarebbe un magro bottino visto che il prezzo del rifiutare ogni trattativa è pagato da Ingrid, dagli altri ostaggi e da tutti i colombiani.

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