È noto come il tavolo tripartito Governo – sindacati – associazioni datoriali fosse nato, per bocca di tutte le parti in causa, allo scopo sia di arrivare al rinnovo dei contratti di lavoro scaduti sia di analizzare e valutare congiuntamente le politiche di rilancio del Paese e di tutela dell’occupazione.
Se rispetto al secondo obiettivo, oltre a qualche pur valido stanziamento straordinario di fondi per dare “ossigeno” agli ammortizzatori e alla legge sul credito agevolato, siamo ancora nel campo degli impegni futuri e delle possibilità, rispetto all’obiettivo del rinnovo dei contratti gli esiti, che parevano chiari, sembrano essersi confusi negli ultimi giorni.
Infatti, per espressa conferma della Csu e dell’Anis con il contemporaneo silenzio assordante del Governo, si sta dicendo che la mancata firma dell’accordo da parte della medesima Anis e delle associazioni bancarie di fatto rende ancora non applicabili i rinnovi concordati al tavolo per tutti i lavoratori appartenenti ad imprese rappresentate da queste associazioni (quasi 10 mila persone).
A mio parere, questo ragionamento avrebbe una valenza se l’intenzione del tavolo unico era ritenuta quella di produrre una “comunanza di intenti”, quasi un “invito”, scarsamente impegnativo, per le associazioni. Ma se l’obiettivo era quello di arrivare al rinnovo dei contratti, se cioè gli esiti dovevano essere vincolanti e definitivi (come avvenuto per tante altre tornate contrattuali che avevano visto il coinvolgimento diretto del Governo come mediatore), la semplice firma dell’Osla, unica associazione imprenditoriale rappresentativa di tutti i settori produttivi, avrebbe dovuto dare assoluta validità a quanto sottoscritto.
La legge n.7 del 1961, all’art.9, afferma infatti a chiare lettere che “il contratto collettivo di lavoro stipulato tra uno dei Sindacati ed un altro antitetico ha efficacia obbligatoria per tutti gli appartenenti alle categorie alle quali esso si riferisce”: si tratta della cosiddetta “efficacia erga omnes”, ed è l’esatto contrario del concetto, praticato in alcuni paesi ma non nel nostro, di massima rappresentatività (tale per cui il contratto vale per una certa categoria se è firmato dalle associazioni di questa massimamente rappresentative).
Quanto al contratto Banche, che sindacati e associazioni bancarie ritengono ancora non rinnovato, va chiarito, ai fini dell’applicazione dell’art 8 della già citata legge 7/1961, se Abs e Assobank siano o meno associazioni di categoria giuridicamente riconosciute (sindacati di categoria), quindi se siano capaci o meno di sottoscrivere contratti autonomamente, senza “appoggiarsi” ad un’altra associazione datoriale riconosciuta (quali Anis e Osla).
Fatte queste premesse interrogo il Governo per sapere:
1. se quanto scaturito al tavolo tripartito configuri o meno il rinnovo dei contratti di lavoro, per le parti economiche e normative concordate, rendendo quindi applicabile il principio dell’erga omnes presente nel nostro ordinamento giuridico;
2. in caso affermativo, quali siano i mezzi giuridico-legali attraverso cui poter dare attuazione al principio dell’erga omnes sulle intese concordate; in particolare, si vuole sapere se gli esiti del tavolo tripartito debbano essere “confermati” (ed eventualmente modificati) da intese bilaterali fra sindacati e datori di lavoro oppure se i lavoratori abbiano a disposizione strumenti per richiederne l’immediata applicazione;
3. quali siano gli esatti “meccanismi” di rappresentanza, con riferimento al contratto del settore bancario, e se la firma dell’Osla possa considerarsi sufficiente per l’applicazione del principio erga omnes anche a questo contratto.
San Marino, 15 settembre 2009
Andrea Zafferani