Intervento di Angela Venturini a Congresso

Intervento di Angela Venturini a Congresso

INTERVENTO DI ANGELA VENTURINI CON EMBARGO FINO
ALLE 21,00 DEL 21 MAGGIO. CIAO FUIANO

I ASSEMBLEA CONGRESSUALE USDM

“I Moderati per una Repubblica con nuove Frontiere”

Per alcuni anni, sicuramente più di quanti ne imponessero gli obblighi statutari, abbiamo lavorato sulla scia della nostra assemblea congressuale, intitolata: “Il dovere e la speranza”.
Il dovere di essere cittadini attivi, partecipi, responsabili. Erano tempi difficili, perché già allora si vedeva un sistema paese al limite del collasso: gli scandali si susseguivano senza soluzione di continuità; la collusione tra politica e affari aveva portato alla cosiddetta questione morale, peraltro finita più volte in tribunale; governi che duravano quanto una ricotta; enormi ricchezze personali e casse pubbliche che si impoverivano progressivamente …

Ciò nonostante, non avevamo perso la speranza di costruire un paese migliore. E per questo lavoravamo …

Oggi, per questa assemblea congressuale, che cade in un momento forse ancor più difficoltoso di quello che abbiamo passato, perché tutti i nodi stanno venendo al pettine, avrei voluto un titolo alla Fallaci: “La rabbia e l’orgoglio”.
La rabbia, perché tutto quello che avevamo previsto, è accaduto. Non solo, ma è ancora peggio di quanto si avesse potuto ragionevolmente prevedere.
L’orgoglio, perché nello sfacelo in cui è stato fatto cadere il Paese dalla politica dissennata degli anni passati, è arrivato il momento in cui i sammarinesi, TUTTI, raddrizzino la schiena.
E’ qui, che nasce il titolo di questa assise: “I moderati per una Repubblica con nuove frontiere”.
Quali frontiere?
Quelle descritte da tre concetti fondamentali: reputazione, legalità, efficienza.
Dobbiamo ricostruire il Paese, ripensare il suo sistema economico, ripristinare la sua buona reputazione. Che forse è la cosa più difficile, perché non esiste una seconda occasione per modificare la prima impressione.
Ma noi dobbiamo farcela.
Dobbiamo farcela ritrovando l’orgoglio di essere sammarinesi, dimostrando all’Italia e al mondo quello di cui siamo capaci.
Siamo in crisi, ma non siamo in default, come è successo e come sta succedendo a Paesi ben più grandi di noi.
Non dimentichiamo che il concetto di crisi, in cinese, è costituito da un ideogramma di due caratteri: uno significa pericolo, l’altro significa opportunità!

Sappiamo che sarà una ricostruzione difficile, che non si fa a suon di mattoni (ce ne sono già troppi), né tanto meno con gli slogan elettorali o con il populismo da basso impero che piace così tanto a certi esponenti di opposizione. La ricostruzione si fa solo con reputazione, legalità, efficienza.
Poi si può pensare ad un progetto impresa, che vada di pari passo ad un progetto per il settore bancario e finanziario, in quella scia di trasparenza e di sicurezza che impongono gli standard internazionali. Poi si può pensare ai progetti per la famiglia, per il territorio, per la sanità, per la cultura.
Ma tutto questo deve poter contare prima di tutto sulla chiarezza. E sull’onestà: dire esattamente quali sono i problemi e, insieme, le possibili soluzioni.
Alla fine quello che c’è da fare è abbastanza semplice: stare uniti.
Lo dico alla politica, ma anche alla gente. E’ finito il tempo dei tatticismi da piccolo cabotaggio.
Lavoriamo insieme sulla legalità. Sui controlli. Sulla coerenza tra le cose dette e le cose fatte. Sull’efficienza del sistema, che non vuol dire solo sicurezza, ma anche funzionalità e snellezza della macchina pubblica.
Poi facciamo politica.

Poi, eventualmente vediamo se la coalizione di maggioranza non va più bene, se bisogna farne un’altra, o se è necessario seguire altri percorsi.
Prima pensiamo al Paese, con queste tre parole d’ordine: reputazione, legalità, efficienza.
Ma quello che è successo in questi ultimi 18 mesi, non dimostra ancora, a mio parere, uno spirito corale, collettivo, unitario, capace di scrivere quel nuovo capitolo di storia che la nostra Repubblica aspetta dalla classe politica.

Sono stati 18 mesi, dall’inizio della legislatura ad oggi, di emergenze continue, quasi quotidiane, sempre più dannose. E’ stato come se il diluvio universale si fosse improvvisamente riversato su San Marino.
E’ facile, adesso, dire: SI SAPEVA!
Chi sapeva che saremmo andati in procedura rafforzata Moneyval, che saremmo usciti dal sistema dei pagamenti italiano, che sarebbe scoppiato il caso Delta, che sarebbe arrivato lo scudo fiscale, che sarebbe arrivata una congiuntura economica di proporzioni mondiali?
Chi sapeva che eravamo arrivati ad avere 80 società di autonoleggio, circa 120 fondazioni, un volume di importazioni che non hanno neppure i più grandi Stati europei?
Chi sapeva che eravamo in black list dal 1999?
Si sapeva però che continuando ad alimentare un sistema parassitario, che si arricchiva alle spalle degli altri, che legittimava tutto quello che altrove era proibito; che dava residenze, concessioni edilizie, finanziarie e società anonime a go-go, pian piano la corda si sarebbe schiantata.
E la corda si è schiantata.
E’ emersa tutta la pochezza della politica degli anni passati, quando gli altri Stati si adeguavano con regole e normative agli standard della comunità internazionale, mentre San Marino continuava a proteggere i “furbetti” del quartierino, i delinquenti, i pirati, i mafiosi …
Per questo siamo finiti a fare il fanalino di coda, insieme all’Azerbaijan!
Proprio nel momento in cui è andato al governo il Patto per San Marino. Ma sarebbe successo lo stesso, qualsiasi coalizione fosse andata al governo!
Il fatto è che adesso tocca a noi, a questa coalizione, togliere le castagne dal fuoco.
E lo si sta facendo, pur in un contesto complicato, ostile, devastato, com’è il quadro generale in cui si è operato in questi mesi. Pur con le mille difficoltà che crea una politica che ancora, per certi versi, forse non ha ben compreso i rischi che si stanno correndo.

Permettetemi una breve cronologia.
La coalizione Riforme e Libertà, in appena sei mesi di vita, si è sfaldata e, allo stato attuale, non esiste più.
Mese dopo mese, abbiamo assistito ad un’alternanza di posizioni che passavano da un ostruzionismo esasperato alla smaccata disponibilità di collaborazione nella speranza che, tra le maglie larghe di una maggioranza tutt’altro che granitica, qualcuno riuscisse a passare sull’altro lato della barricata.
Abbiamo dovuto fronteggiare strategie e tatticismi derivanti dalla vecchia politica, volti alla destabilizzazione tout court della maggioranza, senza un progetto alternativo: né politico, né economico.
Spesso, con il fiancheggiamento più o meno occulto, di qualche esponente di maggioranza.
Permettetemi di essere franca: questa non è dimostrazione di maturità, né tanto meno di responsabilità verso il Paese. Peggio. Questo alimenta un clima di incertezza che certo non aiuta il percorso di ricostruzione del nostro sistema. E alimenta anche quei sentimenti di sfiducia verso la politica, che si sono tradotti nelle recenti manifestazioni sul Pianello.

Devo dire che anche la maggioranza, dal canto suo, non ha brillato di luce propria, ma del riflesso del nulla che veniva dall’altra parte. Troppe volte si è lasciata travolgere dagli ultimi singulti della vecchia politica, quella personalistica, affaristica, miope, retrograda, corporativistica. Fino a rischiare di mandare tutto all’aria.

E questo, a danno non di una classe politica: la politica è evoluzione, cambiamento, rotazione, possibilmente è crescita. In politica, come nella vita, nell’economia, nel sociale, panta rei, tutto scorre. Oggi ci siamo, domani ci sarà qualcun altro.
Il danno è per il Paese, che soffre di ritardi e di lacune che non possono aspettare ulteriormente la giusta risposta.
Le colpe dei padri stanno ricadendo sui figli. Se non vogliamo che i nostri figli tornino ad avere l’emigrazione come unica prospettiva di vita, è meglio che questa classe politica badi a lavorare al meglio delle sue possibilità.
La recrudescenza degli eventi che abbiamo vissuto in questi ultimi giorni, che hanno dimostrato l’atteggiamento unilaterale, irrispettoso ed esclusivista dell’Italia, ha cambiato un po’ le cose.

Devo dire che l’intervento del capogruppo Felici, nel corso della riunione dei capigruppo convocata la scorsa settimana dai Segretari Valentini e Mularoni, è stato molto apprezzato da parte mia.
Anticipava l’intenzione dell’opposizione di mettere da parte strategie e tatticismi per lavorare, tutti insieme, ciascuno nel suo ruolo, per risolvere i problemi e dare una nuova possibilità di futuro alla nostra Repubblica.
Un segno di maturità. Un segno di svolta nella politica.
Ma ho dovuto ben presto ricredermi, con quello che è successo martedì scorso in Commissione Finanze, quando i commissari del PSD si sono opposti impetuosamente alla legge per l’abolizione dell’anonimato societario.
Chi dovevano difendere?
Non lo so e non lo voglio sapere. Sta di fatto che i commissari degli altri partiti di opposizione li hanno lasciati al loro destino.
Ma è un altro segnale che l’opposizione vive fibrillazioni uguali, e forse ancora più forti di quelle che vive la maggioranza.
L’altro aspetto preoccupante, perché certamente non aiuta né il Paese, né la sua ricostruzione, sono i continui tentativi di strumentalizzazione.
Come quando si chiede un Consiglio straordinario una settimana prima della sua ordinaria convocazione. Per fare che? Parlarci addosso? Non è meglio andare in Consiglio quando siano pronte le leggi che danno concretezza al percorso di riconversione della nostra economia?
Oppure, come quando si fa appello alle forze responsabili. Quali sono queste forze responsabili? I partiti? E chi gliela dà l’etichetta di responsabile o irresponsabile?
Le categorie economiche, che fino a ieri hanno lucrato su un sistema border line e che oggi invece sono disposte a cedere su tutto, pur di salvarsi?
I professionisti, che da questo sistema hanno guadagnato ricchezze e privilegi e che ancora oggi, con quanto sta succedendo, manifestano tenaci sacche di resistenza?
Il sindacato, che rimane ancorato su posizioni da primi del Novecento, con toni da battaglia contro il padrone delle ferriere e che difende il salario operaio facendo ostentazione di ricchezza? Come è successo all’ultimo congresso della Csdl, svoltosi in una cornice di super lusso e dove le nomine, concordate con maestria, erano blindatissime. Alla faccia della democrazia. E alla faccia del rinnovamento!
Non hanno ancora capito, loro, come tanti altri, che la tavola del ricco Crapulone, alla quale tutti facevano a gara per sedersi, e dove anche le briciole che cadevano per terra erano molto sostanziose, ormai è stata sparecchiata! Non c’è più niente da mangiare.
Quel sistema, che ha fatto comodo a tutti, che ha elargito privilegi a tutti, non esiste più.
Anzi, preciso: non lo vogliamo più!
Adesso bisogna rimboccarsi le maniche e lavorare, rispolverando quel senso di responsabilità collettiva che viene dal lavoro – vero – e non da anacronistiche, quanto futili peculiarità che abbiamo voluto pomposamente chiamare “sovrane”.
Ci attendono tempi difficili, forse ancor più difficili di quelli che stiamo attraversando, e ognuno di noi, a cominciare dalle forze politiche, deve fare la sua parte.

I Moderati ne sono consapevoli. Sanno perfettamente di essere una forza piccola, ma sanno anche di poter contare su un patrimonio di valori fondamentali, che viene dall’entusiasmo, dalle idee, dall’umiltà del lavoro quotidiano e da una grande carica umanitaria.
Sono stati i primi, e al momento gli unici, a promuovere e a realizzare quella semplificazione politica che tuttora è un’utopia nel panorama politico, sempre incline alle divisioni, alla frammentazione, piuttosto che all’unificazione.
Il percorso che è stato avviato nel 2006 da Popolari e Alleanza Nazionale, non è stato facile, perché si trattava di due partiti, ciascuno con la sua storia, ciascuno con una sua identità, ciascuno con un suo progetto.
E sicuramente, il percorso non è stato mosso da mire di governo. Anche se poi, il progetto politico e le iniziative portate avanti ci hanno condotto a condividere questa responsabilità con i colleghi del Patto.
Oggi, viviamo una tappa fondamentale di questo progetto politico, che non cancella la memoria storica dei due partiti fondatori. Una tappa che è stata costruita passo passo, in totale trasparenza e condivisione.
Siamo figli del nostro passato, ma sappiamo guardare al futuro con la serenità che viene dal coraggio di sapere affrontare anche i momenti difficili con serenità e determinazione.
Sono sicura che questa tappa storica che oggi viviamo insieme come Moderati, saprà portarci altre soddisfazioni e nuovi successi.

Nessuno avrebbe scommesso un soldo bucato sulla probabilità che i Moderati ce l’avrebbero fatta. Molte cose ci hanno penalizzato, ma molte di più sono state quelle che ci hanno dato la spinta.
Adesso i Moderati sono forza di governo e hanno la titolarità di una Segreteria di Stato.
All’inizio della legislatura, quando il Patto cominciò a pianificare la sua attività, nessuno voleva la Segreteria di Stato alla Cultura. Tutte le ambizioni erano dirette altrove.
Noi eravamo i più piccoli, quelli con meno peso contrattuale. Quella Segreteria toccò a noi.
Ma noi siamo del parere che non ha importanza dove si è chiamati ad esprimere il proprio contributo, importante è che sia un contributo di qualità.
Penso di poter dire che in quella Segreteria di Stato siano state tolte un bel po’ di ragnatele …

Bravo Romeo.
E complimenti anche allo staff di segreteria, dove lavorano persone che godono della mia più grande stima e considerazione.

Adesso, i nostri progetti guardano avanti, alla politica da costruire.
Siamo sempre stati sostenitori della necessità di un grande contenitore, con “uomini nuovi” e un “nuovo modo di lavorare”.
E’ necessario allora costruire un sistema politico non più ancorato alle logiche strettamente partitiche, che sia in grado di garantire certezze e stabilità, che diventi un punto di riferimento affidabile e trasparente per i cittadini e per le imprese, che sappia imprimere un punto di svolta rispetto alle riforme, che costituisca un valido interfaccia nei rapporti con l’Italia e con tutti gli organismi internazionali di cui San Marino è parte.
Per fare questo, occorre che tutti i cittadini portino il loro contributo di impegno civile e di carica morale, di idee e di valori, affinché la politica sia concretamente “l’arte di governare con buon senso, nel rispetto della nostra Repubblica, delle sue tradizioni, della sua cultura, del suo ambiente e della sua gente”.
I Moderati intendono collaborare con tutte le formazioni politiche e con tutti i cittadini che condividono la necessità di dare un contributo alla crescita di San Marino, ispirandosi ai valori della democraticità, del pluralismo e della responsabilità intesa sia come servizio verso gli altri cittadini, sia come obiettivo di salvaguardia dello Stato e del suo territorio.
E prima di tutto, intendono collaborare con tutti coloro che sono convinti della necessità di uscire quanto prima dalla situazione attuale, definendo bene tutto quello che è stato fatto per trasformare il nostro sistema economico secondo i criteri della trasparenza, e valutando insieme quello che rimane da fare, nei tempi più veloci possibile, per dare alle imprese la possibilità di lavorare e allo Stato di crescere.
Insomma, è ora di tirare una riga e di risollevare la testa, con quella dignità che è sempre stata dei nostri padri.

E’ fuor di dubbio che la maggiore intesa, non da ora, è sempre stata con il Nuovo Partito Socialista, a cui siamo legati da reciproci rapporti di amicizia, collaborazione e condivisione. A livello personale e politico.
Da qualche tempo, Moderati e Lista della Libertà, ovvero NPS e NS, hanno preso l’abitudine di incontrarsi periodicamente, per confrontarsi e approfondire le varie tematiche di attualità politica.
Non è un’iniziativa in alternativa al Patto. Tutt’altro. Ma è la precisa volontà di ottimizzare il contributo che, non più singolarmente ma tutte e due le liste insieme, riusciamo a portare dentro al Patto.
Non svelo nulla di nuovo se dico che dentro alla maggioranza si sono vissuti momenti difficili e che ci è voluta una buona dose di cristiana pazienza per tenere la barra dritta al centro.
Non è facile far convivere otto partiti nello stesso condominio: c’è sempre qualcuno che alza troppo la voce, qualcuno che non rispetta le regole condominiali, qualcuno che minaccia di sbattere la porta.
Ma va dato atto al Patto e ai partiti che lo compongono che, nonostante le burrasche, non si è mai perso di vista l’obiettivo finale.

Un obiettivo finale che si chiama: San Marino.
Un obiettivo finale che si chiama: sammarinesi.
Adesso è ora di pensare ai sammarinesi!
E va dato atto a Pasquale Valentini, il quale, finché ha fatto parte dell’esecutivo del Patto, ha sempre lavorato affinché questi fossero gli obiettivi che alla fine mettevano d’accordo tutti.
Diceva la mia mamma: chi ha giudizio l’adoperi.
Avere giudizio, oggi, significa, guardare sempre all’interesse superiore, lavorare senza sosta per risolvere i problemi del Paese. E a questo obiettivo i Moderati si conformano, con tutto il loro impegno.

Viviamo un periodo difficile, l’abbiamo detto più volte, pieno di preoccupazioni, delle quali qualcuno si approfitta per fare della demagogia spicciola. Ma è proprio in questo periodo così faticoso e problematico, che la maggioranza ha ottenuto una serie di risultati importantissimi, e tutti funzionali a quel percorso nuovo attraverso il quale si vuole concretizzare il cambiamento.
Risultati che sono stati riconosciuti anche a livello internazionale e che sono venuti grazie al grande lavoro del governo e della maggioranza, ma anche dalla ferma convinzione di fare quello che era necessario fare.
Del resto, affiancare il Paese nella ridefinizione del suo sistema economico e nello scabroso percorso di normalizzazione dei rapporti con l’Italia, impone solidità, coerenza, determinazione. Non viene nulla da governi non stabili.
Non si affrontano le emergenze senza governi in grado di gestirle.
Ho parlato di emergenza perché adesso è la situazione del rapporto con l’Italia che preoccupa tutti noi: dal semplice cittadino alle massime istituzioni. Questa è la priorità!
Ma permettetemi un’espressione metaforica: il nostro paese andrebbe rivoltato come un calzino. Troppe cose non funzionano, o dovrebbero funzionare meglio. Anche perché se è vero che se si vuole andare verso l’internazionalizzazione dell’economia, bisogna rimodernare e snellire un po’ tutto.
E’ quindi urgente trovare nuove fonti di reddito e razionalizzare la spesa, anche perché San Marino non ha risorse primarie e deve fare affidamento solo sulle sue prerogative di Stato. In caso di difficoltà, dobbiamo pensarci da soli. Lo stiamo appunto sperimentando!
Ben venga quindi, insieme al famoso pacchetto trasparenza, la riforma tributaria, che si propone come una vera e propria riforma di sistema, con nuovi strumenti per sostenere l’impresa locale, che già opera; per attirare nuovi investimenti; per sostenere la famiglia anche attraverso una fiscalità più equa e innovativa.
E a proposito di famiglia, da troppo tempo a San Marino, la politica si è dimostrata insensibile alle nuove necessità dell’istituto familiare.
Le politiche a sostegno della famiglia devono intervenire innanzi tutto sulle capacità del sistema economico per garantire lavoro, redditività dei salari e dei servizi. Di pari passo occorrono strutture idonee e competenti ad affiancare la famiglia nei momenti di bisogno, lasciando da parte gli inutili oltre che costosi interventi a pioggia e le generalizzazioni che alla fine non servono a nessuno. Insomma una serie di politiche di nuova generazione che riconoscano il ruolo della famiglia quale vero e proprio ‘attore di sistema’.
I giovani. Diamo “credito” ai giovani, non solo sotto forma di incentivi per studiare, o per avviare un’attività di impresa. Dobbiamo anche credere nell’immenso potenziale di creatività che essi hanno; nella loro voglia di fare, di cambiare, di impegnarsi.
Il nostro “credito” deve sapersi trasformare in strumenti che mettiamo disposizione per la loro crescita.

Non starò a dilungarmi su tutti gli argomenti che sono oggetto del dibattito politico: sanità, pensioni, territorio, turismo, commercio, nuove energie o energie rinnovabili, tutela del paesaggio e del patrimonio Unesco, qualità del vivere, servizi, infrastrutture e tanto altro.
E’ già tutto scritto nel programma di governo, che i Moderati hanno condiviso in tutta la sua completezza e verso il quale ci animano le stesse motivazioni della campagna elettorale.
Bisogna solo tradurlo in lavoro. Preciso: lavoro con amore.
Cosa vuol dire? Mi spiegherò prendendo a prestito le parole di una poesia tratta da “Il Profeta” di Kahlil Gibran.
Cos’è lavorare con amore?
E’ tessere un panno con fili del vostro cuore,
come se quel panno fosse destinato a chi voi amate.
E’ costruire una casa con affetto
Come se dovesse abitarvi chi voi amate.
E’ spargere semi con tenerezza e poi raccoglierli con gioia,
come se a mangiare quei frutti dovesse essere chi voi amate.
E’ impegnare tutto ciò che fate con un alito del vostro spirito.

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