Intervento di Tarcisio Corbelli (Md-Smi)

Intervento di Tarcisio Corbelli (Md-Smi)

I professionisti della politica sono in difficoltà. La democrazia aritmetica, un loro caposaldo, l’unica che conoscono, che poi in realtà è una dittatura abilmente mascherata, forse, dicevo la democrazia aritmetica ha palesato il suo difetto peggiore, la vacuità delle alleanze costruite senza un fondamento strutturale, ma assemblate superficialmente attorno ad interessi particolari di natura meramente speculativa.

Una frase di Enrico Mattei descrive alla perfezione la politica utilitaristica di questi professionisti. “Uso i partiti allo stesso modo di come uso i taxi: salgo, pago la corsa, scendo”. Enrico Mattei è scomparso nel 1962, la politica utilitaristica continua da allora nel suo processo di involuzione culturale in senso peggiorativo per l’ambito sociale a cui dovrebbe rivolgersi. Trova sempre modi nuovi e degradanti di esprimersi. Non è ancora riuscita a trovare quella forza morale per prendere le distanze da pratiche obnubilanti per l’ambito sociale che l’ha eletta. I nobili intenti vengono presto dimenticati, sembra subito dopo il brindisi di una vittoria elettorale, forse per l’ebbrezza o addirittura prima per accontentare la falsità.

La politica delle maggioranze è troppe volte orientata verso interessi speculativi, dimenticando i contenuti sociali ed economici della comunità che è stata chiamata ad amministrare attraverso il voto elettorale. La politica utilitaristica ha condizionato in senso peggiorativo anche una pratica che dovrebbe essere garante della democrazia in un paese, il voto elettorale. La democrazia quella vera, quella che dovrebbe muovere ogni contesto sociale ed economico, nei loro processi di interazione, non quella che si esercita verbalmente per dare pomposità ai discorsi, unitamente alle parole meritocrazia ed equità, presto dimenticate dai professionisti della politica in un perfetto esercizio di ipocrisia. Il voto elettorale, garanzia di civiltà e democrazia, è stato degradato dalla politica utilitaristica ad un esercizio di corsa al potere, attraverso la distribuzione di privilegi e prebende, dimenticando che la democrazia che loro invocano per ammaliare, non prevede di fare differenze tra i cittadini, ma è votata all’equità.

Il nostro paese è arenato sullo scoglio del paradiso fiscale da troppo tempo. I lungimiranti capitani della politica utilitaristica hanno portato la nave paese ad arenarsi su questo sperone di roccia ed aspettano che arrivi l’alta marea degli investimenti esteri. Ogni tanto qualche investitore estero passa, getta un secchio d’acqua, per palesare le sue buone intenzioni e dopo che è passato si scopre che ha depredato la nave dei suoi viveri e noi siamo sempre nella secca del paradiso fiscale, ad aspettare il prossimo investitore estero ed il suo secchio d’acqua, con sempre meno viveri. E la vita sulla nave. Sulla nave sono ancora ebbri di belle speranze, qualcuno coltiva gelosamente i suoi privilegi, senza accorgersi che la nave paese è ferma, come la sua economia. I capitani della politica utilitaristica ogni tanto scendono sullo scoglio e fanno finta di spingere la nave. Ma non assieme. Uno alla volta. Altri capitani della politica utilitaristica sono scappati con le scialuppe, qualcuno e poi tornato dicendo che era andato a cercare dei viveri, ma non ha trovato niente. Meglio quei pochi viveri che sono rimasti sulla nave. Qualche capitano della politica utilitaristica a dire il vero è finito ai ceppi, ma erano riscaldati.

E sulla nave i marinai continuano ad illudersi con la canzone di Orietta Berti “Fin che la barca va”, nostalgico richiamo ai tempi in cui si veleggiava per i mari del turismo e dell’economia e si lasciano andare a geremiadi sui loro capitani della politica utilitaristica. E la vita sulla nave è sempre più difficile, nella stiva dell’economia, tanti crediti deteriorati e nessuna idea concreta da parte dei capitani della politica utilitaristica, sono sempre in attesa dell’alta marea dell’investimento estero e del suo secchio d’acqua. La stiva territorio è zavorrata di cemento ed è difficile percorrerla, perché nessuno sembra aver pensato ad un elemento vitale per lo sviluppo sociale ed economico, la viabilità. La stiva del sociale è infrequentabile, tanta è la litigiosità al suo interno, litigiosità figlia della difesa di interessi personali e stupidi egoismi che finiscono per influire sulla vita sociale di tutti.

La vera soluzione è quella di scuotere le tante anime della nave, dal torpore culturale del miraggio paradiso fiscale, che in realtà si è rivelato essere solo un arido sperone di roccia in cui la nave paese è andata ad incagliarsi. E non bisogna aspettare che lo facciano i capitani della politica utilitaristica perché loro non lo faranno mai, a loro interessa il potere. Lo dobbiamo fare noi la gente che popola la nave paese, evitando di pensare ai privilegi acquisiti che orientati nel tempo e nelle generazioni future sono come i fuochi di Sant’Elmo. Lo dobbiamo fare pensando a creare coesione sociale e senza spaventarci per le difficoltà a cui andremo incontro, difficoltà create dal troppo tempo passato a venerare lo scoglio paradiso fiscale, nudo sperone di roccia, senza cercare soluzioni alternative. Lo dobbiamo fare pensando alla bellezza e all’unicità di questo paese, che merita di essere rivalutata in ambito turistico e sociale. Dobbiamo tenere la schiena dritta per guardare al nostro futuro e al futuro dei nostri figli senza lasciarci distrarre da miraggi che alla loro dissoluzione mettono in pericolo la stabilità sociale del paese e nei casi peggiori la sua sovranità.

Tarcisio Corbelli

Movimento Democratico San Marino Insieme

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