La comunità di Riccione abbraccia e piange i suoi 7 angeli: in 6mila allo stadio per il funerale delle vittime della tragedia sull’A4

La comunità di Riccione abbraccia e piange i suoi 7 angeli: in 6mila allo stadio per il funerale delle vittime della tragedia sull’A4

Il potente abbraccio di una comunità ai suoi sette angeli. In seimila allo stadio per il funerale delle vittime. Lanciati in aria mille palloncini rossi a forma di cuore. Le parole commosse degli amici e delle autorità

ERIKA NANNI – Percorrendo la stradina per entrare nello stadio sembra quasi di andare a un concerto. E forse, in fondo, si è un po’ tutti lì per cantare la stessa canzone. Per dire addio ai sette angeli che erano partiti con le valigie colme di sorrisi e di gioia, felici all’alba di un weekend di vacanza, e che sono tornati a Riccione in sette bare di legno chiaro. E no, non è un concerto. Anche se la gente è tantissima, anche se il servizio d’ordine, i maxi schermo e le ambulanze ai lati del campo verde possono trarre in inganno. È il giorno dell’addio, il giorno del dolore, il giorno in cui Riccione, ma anche Rimini, Coriano, i comuni limitrofi e anche San Donà di Piave, piangono la scomparsa di loro sette fratelli: Massimo Pironi, Romina Bannini, Francesca Conti, Maria Aluigi, Alfredo Barbieri, Rossella De Luca e Valentina Ubaldi. “Diciamo scomparsi perché non li vediamo più, ma non sono dispersi”. Lo ha detto il vescovo Francesco Lambiasi nella sua omelia. E infatti l’affetto, la vicinanza delle persone, circa seimila, strette insieme intorno al dolore dei familiari, degli amici e della comunità intera sembra quasi farli apparire per davvero, in carne e ossa, tutti e sette. Come se una cortina di ovatta cingesse la sofferenza più nera e la diluisse tra le quasi seimila persone che ieri pomeriggio, dalle 13 in poi, hanno scelto di essere presenti per dare l’ultimo saluto a quella persona, Massimo, che alla sua Riccione ha dato così tanto, a Romina, che ha tentato di restare aggrappata alla vita fino all’ultimissimo istante che le era possibile, e ai cinque ragazzi che con le loro storie diverse, il loro essere speciali, hanno reso speciali anche tutte le persone che stavano loro intorno. (…)

Articolo tratto da Corriere Romagna

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