La deposizione di Masi a Forli’. Patrizia Cupo, Corriere Romagna San Marino

La deposizione di Masi a Forli’. Patrizia Cupo, Corriere Romagna San Marino

Corriere Romagna San Marino

Spunta l’interrogatorio di
marzo: il dirigente spiega il sovrapprezzo da 15 milioni a Sopaf. Indignati gli
eredi dell’ex ad Fantini

Varano, Masi torna in
procura

Il presidente della Fondazione Carisp ha chiesto un
colloquio al pm Di Vizio
 

Patrizia Cupo

SAN MARINO. Inchiesta “Varano”,
Tito Masi torna in Procura: tensione e sorpresa nell’ultima riunione del
consiglio di amministrazione di Carisp, appena saputo che la
Cassa   figurava
tra
gli indagati
. Il presidente della Fondazione – proprietaria della Cassa e
che invece non risulta tra gli indagati – ha chiesto un colloquio, ieri
pomeriggio, al pm Fabio Di Vizio a quanto pare per ottenere un chiarimento
riguardo la posizione della storica banca del Titano, ma sull’esito
dell’incontro, bocche cucite. Solo un commento laconico dello stesso presidente:
«Agisco per il bene della Cassa: da due anni lavoro per il bene della banca».
Non sono d’accordo gli eredi di Mario
Fantini
, ex amministratore delegato della Cassa, scomparso a fine marzo. In
una
lunga lettera
, i figli di Fantini accusano governo e presidenza della
Fondazione di «non aver dato supporto al padre» e di aver tenuto comportamenti
«non ortodossi ». Tra tutti, 
l’affare
Sopaf-Carisp
  (la cessione di quote Sopaf in Delta). Per i Fantini,
si tratta di «un’operazione non chiara ed economicamente dannosa per la Cassa».
Intanto, ora che l’inchiesta sui flussi di denaro tra Carisp e
Delta 
è chiusa e il corposo fascicolo è stato consegnato alle parti, tornano alla luce
gli altri incontri di Masi in procura a Forlì: il presidente a ruota libera
sull’affare con
Sopaf,
e su quei
15milioni
di euro
  in più pagati per allontanare il rischio di una guerra
giudiziaria tra la società dei fratelli Magnoni e la Cassa. «Cassa di Risparmio
– disse Masi a Di Vizio – aveva necessità di acquisire le azioni di Sopaf per
aver una speranza di poter vendere, di potere arrivare alla dismissione di
Delta, nel senso che nessun acquirente avrebbe mai acquistato una parte delle
azioni e non il tutto, soprattutto con un socio che aveva in piedi tutta una
serie di iniziative giudiziarie contro la Cassa di Risparmio dall’esito incerto
»
.

Quindi – prosegue il ragionamento Masi – se Cassa di Risparmio voleva
ottemperare alle condizioni poste da Banca d’Italia e arrivare entro il 18
novembre del 2009 alla cessione di Delta, l’unica cosa era acquisire il 100% del
pacchetto azionario», sottoscrivendo in più quella «consulenza» da 15 milioni di
euro, rispetto al prezzo di 55 milioni pagato formalmente per le azioni. Ma
Sopaf, è storia passata: ora bisogna cercare di salvare la Cassa, un’altra
volta. Le aspettative erano altre: dopo tre colloqui in procura a Forlì, la
banca sperava di spuntarla. E questo in virtù di una “c o ll ab or azione” che
Masi sperava di avere con la procura. «Se Fantini – il riferimento era all’ex
amministratore delegato della Cassa, Mario Fantini, disse Masi a Di Vizio nel
marzo scorso – avesse scelto la strada del dialogo e della collaborazione con la
giustizia, molto probabilmente non saremmo arrivati a questo punto». Rispondono
a tono i figli di Fantini: «L’iniziativa meschina di toglierci disponibilità
economica ci sta creando gravi difficoltà ma non ci distrarrà dalla volontà di
chiedere giustizia»

 

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