‘Lettera al Direttore’ di Gerardo Filiberto Dasi

‘Lettera al Direttore’ di Gerardo Filiberto Dasi

Caro Direttore,
quando le giungerà questa lettera sarò affacciato ad un balcone di nuvole e da lassù, molto in alto, guarderò i luoghi e le persone che hanno accompagnato la mia esistenza. Lo farò insieme alla mia cara Luciana e a mio figlio Paolo, che finalmente ritroverò.
Le chiedo ospitalità per testimoniare attraverso le sue pagine l’amore e la passione per la terra nella quale Dio mi ha concesso di vivere.
Sono figlio di un povero tipografo ferrarese e fui costretto ad emigrare per trovare lavoro. Quando giunsi in Val Marecchia, compresi che questo era il luogo del mio pane e delle mie rose, spesso palesatesi con molte spine. Non mi sono più spostato. Non per pigrizia, beninteso, ma perché ebbi la presunzione di aprire una ‘finestra sul mondo’, come brillantemente e generosamente qualcuno ha definito il Centro Pio Manzù, che le Nazioni Unite hanno onorato scegliendolo per divenire organismo in status consultivo generale. Per la prima volta, dopo 45 anni ininterrotti, l’istituto che ho creato e alimentato con il contributo determinante di istituzioni, privati, singoli cittadini e validissime collaboratrici, e con il sacrificio mio e della mia famiglia, rimanda le Giornate internazionali di studio, a tempi migliori.
Sul Centro si è scritto e detto molto. E’ stato la ragione stessa della mia vita, spesa interamente per una causa: il dialogo, la pace e la cooperazione tra i popoli. Dentro questo solco abbiamo costruito iniziative incredibili, con ospiti altrettanto incredibili perché illustri e partecipi del nostro umile sforzo; in un luogo – Rimini – che non sempre ha saputo comprendere il patrimonio rappresentato dal Centro, e quanti sforzi siano stati profusi per dare alla Città visibilità internazionale in campo culturale.
Lo so: qualche volta, cercando di scuotere le coscienze, ho polemizzato e probabilmente urtato suscettibilità. Mai per tornaconto, o, peggio, per arricchimento personale. Chi mi conosce sa che la mia vita è giunta a conclusione senza aver perseguito né ricchezza, né onori. La missione di una vita di un uomo si misura dall’impegno instancabile che dedica al raggiungimento dei propri obiettivi: ho lavorato incessantemente, ma posso dire di essere stato assai gratificato. E dunque ringrazio tutti: chi mi ha stimato e voluto bene, chi mi ha criticato e perfino chi mi ha avversato, riconoscendo in tutti le qualità e le debolezze dell’uomo. Mi allontano da questa bella Terra d’Italia e di Romagna con l’animo sereno di chi ha fatto tutto il possibile per tracciare un segno nella comunità in cui ha vissuto.
Vorrei esprimere un auspicio: il Centro Pio Manzù dovrà proseguire senza smarrire i suoi ideali fondativi, che affondano le radici nella ricerca culturale e nel libero confronto tra gli uomini. Agli esponenti delle istituzioni che sovrintendono le sorti delle nostre genti l’esortazione a considerare la cultura la principale delle risorse collettive, ad investire su di essa e a non piegarsi alle avversità di una crisi che finirà, ne sono certo.
Un saluto ai lettori che in questi anni hanno accolto i miei pensieri,
Con affetto,
Zio Gerardo

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