Libertà di stampa a San Marino, Antonio Fabbri

Libertà di stampa a San Marino, Antonio Fabbri

L’Informazione di San Marino. A me non pare…

Antonio Fabbri

La retorica del giorno prima, ammuffisce il giorno dopo. Torna nel cassetto tutti gli altri giorni dell’anno ed è per questo che, quando si tira fuori, puzza sempre di naftalina e se ne scorgono i buchi delle tarme che ne hanno comunque pazientemente e pervicacemente logorato il tessuto.

Libertà di stampa e di espressione, da sempre priorità per la Repubblica”. Caspita che belle parole! Ma proprio sempre, sempre, sempre… a me non pare. A me non pare, se dal 2015 un commissario per i Diritti Umani del Consiglio d’Europa ha dato indicazioni su come cambiare una legge e le uniche modifiche fatte, seppure utili, nulla c’entrano con quelle raccomandate. A me non pare, se ad ogni seduta in Consiglio Grande e Generale qualche esponente politico, forte dell’immunità, insulta, denigra e tenta di delegittimare giornali e giornalisti. A me non pare se analoghi insulti e strali sono lanciati in un video su Facebook da un segretario di Stato. A me non pare, se un partito di maggioranza stila una lista di proscrizione e mette sotto embargo una testata giornalistica, ostracizzandola dall’invio di comunicati e dalle conferenze stampa.

Eppure, “libertà di stampa e di espressione, da sempre priorità per la Repubblica”.

A me non pare, se un Consigliere, oggi Segretario all’informazione che si dice attento al diritto di cronaca ed esperto del settore, denuncia un giornale per avere pubblicato documenti pubblici e di pubblico interesse, e con quella denuncia si innesca un provvedimento di sequestro nella redazione. A me non pare, se un Governo adotta una delibera per perseguire giornale e giornalisti, perché hanno reso noti atti pubblici che contengono gravi comportamenti di alti dirigenti, e così facendo accusa chi porta allo scoperto comportamenti discutibili anziché avviare verifiche su chi li ha posti in essere.

A me non pare, se una Banca Centrale e la sua presidente, per la pubblicazione di atti che la Carta dei Diritti indica come pubblici e, comunque la si voglia raccontare, di preminente pubblico interesse, si appella a una inesistente segretezza e intenta cause in sede amministrativa, penale e davanti al garante della privacy, per impedire di rendere nota la verità, cercando di mettere a tacere giornali e giornalisti, diffidandoli da ulteriori pubblicazioni.

A me non pare se a seguito di queste azioni giudiziarie, stante il peso dei soggetti denuncianti, vengono aperti procedimenti che, se fossero stati avviati da normali cittadini, sarebbero stati cestinati pressoché seduta stante, vista l’ontologica infondatezza, in fatto e in diritto, degli esposti. Comunque, “libertà di stampa e di espressione, da sempre priorità per la Repubblica”.

A me non pare, se giornalisti querelati per una inesistente diffamazione, si sono visti archiviati il loro controesposto per calunnia per intervenuta prescrizione processuale, senza che venisse compiuto neppure un atto istruttorio. A me non pare, se un giornalista è stato indagato in segreto per quattro anni senza averlo mai saputo e senza che mai gli sia stata notificata la comunicazione giudiziaria. Rischia di somigliare più a spionaggio che a legittima segretezza di indagine.

A fronte di tutto questo campionario di vessazioni, indicativo e non esaustivo, diventa difficile dar credito alla retorica della “libertà di stampa da sempre priorità per la Repubblica”. Ma soprattutto bisognerebbe porsi un interrogativo: tutto questo è ancora tollerabile?

A me non pare.

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