Luca Lazzari, intervento in Consiglio su dimissioni Alessandro Gentili

Luca Lazzari, intervento in Consiglio su dimissioni Alessandro Gentili

Questo comma tocca molte questioni politiche di peso, rilevanti: le scelte sbagliate e le non-scelte del governo, la debolezza della politica estera, la pervasività di certi ordini pseudo-confessionali e affaristici, il rapporto con le autorità italiane, il grado di autonomia della Repubblica, gli scompensi nei poteri e nelle funzioni dello Stato.
La domanda è: ha ancora senso discutere di questioni politiche rilevanti quando a mancare è proprio la politica? È una considerazione che ho preso a prestito da un protagonista del passato della vita pubblica sammarinese che spesso mi capita di incontrare al bar; è lui ogni volta a ripetermi “la politica non c’è più”. La politica come codice comportamentale, come lungimiranza, come responsabilità personale, come buon senso, non c’è più.
Negli ultimi due anni è successo di tutto: gli arresti, gli avvisi di garanzia, le imponenti contestazioni di piazza, i referendum plebiscitari, la pubblicazione degli atti giudiziari in cui si descrive «il governo privato della cosa pubblica» e la «spoliazione della collettività» – che qualcuno ha stimato in mille milioni di euro (mille milioni di euro, duemila miliardi di lire, a tanto ammonta il mercimonio consumato sulla sovranità della Repubblica). Eppure è come se non fosse successo niente. L’opposizione in parte manca al suo ruolo, è vero, ma non è solo questo. È in atto un’aberrazione dei valori, antropologica (per usare una parola difficile). La Repubblica sta pericolosamente scivolando verso lo «stato di natura» dove a decidere è solo la forza.
E siccome “la politica non c’è più”, ho deciso – a costo di risultare patetico – di lasciare da parte le questioni politiche rilevanti e di parlare d’altro.
Su Facebook s’è formato un gruppo che si chiama San marino com’era e com’eravamo. È un gruppo molto partecipato che conta quasi duemila membri, dove quel che si fa è di pubblicare delle foto del passato; dalle foto poi prendono forma aneddoti, ricordi, riflessioni.
E com’era San Marino? Bellissima. Ancora adesso continua a essere bellissima nonostante le offese e i maltrattamenti. E i sammarinesi? Li si trova sempre impegnati nel loro lavoro, oppure insieme agli altri, in un momento di convivialità, non ricchi, eppure dignitosi, fieri. La tranquillità e l’allegria di quegli anni quasi le si può toccare. Ad ogni foto che viene pubblicata, nel gruppo, il sentimento di nostalgia si fa sempre più grande. Non sono vecchio eppure quella nostalgia la sento anch’io. Mi ricordo che quand’ero bambino nel salotto di casa, mia mamma aveva appeso un poster dell’ufficio per il turismo che diceva “San Marino la tua isola felice”. Lo era davvero un’isola felice. L’unità dei sammarinesi, il senso di comunità, rendeva lo Stato una presenza forte. E ci si sentiva al sicuro. Si era al sicuro.  
Oggi le cose sono cambiate, molto. Il pane della camorra è arrivato fin sulle tavole delle nostre scuole; i bar, i ristoranti i negozi un po’ alla volta passano di mano, si fa sempre più forte la presenza degli stranieri nel tessuto economico, alcuni sono gente per bene, altri invece sono affiliati a organizzazioni criminali, sono qui per riciclare denaro sporco, e intanto, un po’ alla volta, diffondono le loro pratiche; nei fatti di cronaca nera si registrano casi di estorsione, finanche di prostituzione minorile; ci sono morti sulle quali si stende l’ombra dell’omicidio. I colleghi che fanno parte della commissione antimafia possono senz’altro dare un quadro ancora più preciso del degradamento della convivenza civile.
La politica non è stata capace di far crescere lo Stato al passo con la complessità dei tempi. Anzi. Lo ha piegato a logiche di consenso e di arricchimento personale. Anche la Gendarmeria è stata vittima di queste logiche. Sottolineo la parola «vittima». Nella Gendarmeria, così come in tutto l’apparato pubblico, la mano della politica ha creato divisioni, ha svilito il merito e premiato la compiacenza, ha favorito il lassismo e l’indifferenza.
La nomina di un comandante capace e autorevole, ammesso che sia questo il profilo su cui è orientato il governo, potrebbe di certo aiutare. A mio parere però si dovrebbe fare anche altro, ovvero chiamare la Gendarmeria a un’assunzione di responsabilità diretta, aprire al suo interno un tavolo di confronto a cui far sedere tutti gli uomini, dal più alto in grado al più piccolo, lasciare che sia la Gendarmeria stessa a parlare dei problemi che la riguardano, impegnarla in un esercizio di approfondimento di sé, e ascoltare, ascoltare  con molta attenzione, quel che ha da dirci.

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