Maggioli, il Berluschino. Enea Abati, Corriere Romagna

Maggioli, il Berluschino. Enea Abati, Corriere Romagna

 CORRIERE ROMAGNA

Il Berluschino fuori corso

Enea Abati

Cosa deve dire o fare ancora il presidente
Manlio Maggiol
i per essere costretto a scendere dal trono della Camera di
commercio di Rimini?

Ci è seduto sopra, il Cavaliere del lavoro di Santarcangelo, dal 1994,
dal principio di quel quasi ventennio berlusconiano durante il quale il confine
tra legalità e illegalità, tra l’etica pubblica e l’immoralità si è andato via
via riducendo fino a diventare una linea sottile. Troppo sottile.

Per questo Maggioli è potuto restare comodo comodo sulla sua poltrona
quando ha pronunciato l’elogio pubblico dell’evasione fiscale («per molte
piccole aziende è necessaria per restare sul mercato»), provocando la pubblica
indignazione, tra i tanti che ne hanno chiesto le dimissioni, dei vertici
riminesi della guardia di finanza.

«Continuo a sentirmi a mio agio sulla poltrona di presidente della Camera
di commercio », se n’è infischiato il nostro. Persino quando è finito tra gli
indagati nello scandalo del Credito di Romagna
non si è neppure posto il problema circa l’opportunità di continuare a
rappresentare le imprese riminesi, che peraltro lo hanno riconfermato.

Un berluschino: cavaliere, sostenitore di chi non paga le tasse,
indagato… E ora anche conclamato evasore. Aveva due milioni di euro
nascosti in una banca di San Marino:
li ha lavati con lo scudo fiscale pagando una miseria di tasse allo
Stato e li ha rimessi in un conto sul Titano. Alla faccia di chi
propagandava, credendoci o meno non è dato di saperlo, lo scudo fiscale
come uno strumento per fare ripartire l’economia. Ma quando? Tutto
perfettamente legale, come si è affrettato a sostenere il Cavaliere.
Maggioli non si è accorto che il berlusconismo è finito qualche mese fa.
Forse non ha capito che i cittadini che pagano le tasse (tutte) in
cambio di servizi ancora troppo spesso non adeguati al prezzo pagato non
ne possono davvero più di furbi e furbetti. E’ finito (si spera) il
tempo in cui l’imprenditore dell’anno celebrato dalle istituzioni, in
genere uso a versare qualche spiccio in beneficenza – sempre ben
reclamizzata – poi balzava agli onori delle cronache come l’evasore
dell’anno. Resta da capire se le imprese di un territorio in cui
svettano i consumi e crollano le dichiarazioni dei redditi, dopo questo
nuovo colpo alla credibilità di Maggioli, continueranno a sentirsi ben
rappresentate dal loro presidente o se invece stabiliranno che il suo
tempo è scaduto, magari non soltanto perché ha compiuto 81 anni. Qualche
segnale incoraggiante sembra arrivare. Aspettiamo e speriamo
.

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