Non votare sui referendum per votare due volte ‘no’, Giorgio Felici

Non votare sui referendum per votare due volte ‘no’, Giorgio Felici

Il non voto è la scelta di dire no due volte”. Risponde così Giorgio Felici, segretario industria della CDLS, alle accuse di disimpegno sociale che i referendari hanno rivolto al sindacato.

“Se una persona non va a votare, dice chiaramente ai promotori del referendum: Signori, non voglio essere coinvolto in questo equivoco, non condivido lo spreco di denaro pubblico per problemi che non si prestano ad una consultazione referendaria”.

“Una scelta radicale e di principio – sottolinea Felici – del resto naturale in un appuntamento referendario, dove è previsto il meccanismo del quorum. Ma radicale e di principio, anche perché non si possono sopportare le falsità all’infinito di tre inutili referendum sul lavoro costruiti sull’acredine di un gruppo di fedelissimi di Lenin, che cercano di imporre un modello ideologico della società civile e del lavoro che non ci appartiene”.

E per sostenere la tesi “dell’inutilità dei referendum”, il segretario della federazione industria evidenzia tre percentuali: “La media del lavoro precario in Europa è attorno al 14%, la media dell’Italia tocca il 12,5%, mentre a San Marino i cosiddetti lavori atipici sono all’1,7%. E’ dunque evidente che il comitato dei ‘trasparenti’ cerca di imbrogliare le carte, rendendo sempre più cupa la discussione, nascondendo le verità eclatanti , e copiando il peggio della realtà italiana. Noi non siamo l’Italia e affermiamo con forza che la nostra realtà del lavoro è ben lungi dalla situazione disastrosa della penisola. La precarietà è un problema che nei contratti collettivi ha ben definito il percorso di risoluzione, i lavoratori hanno lottato e raggiunto importanti traguardi”.

Insiste Felici: “Questi referendum sul lavoro sono contro il buon senso, contro la ragione, contro le conquiste sudate: abrogare le norme che hanno ridotto ai minimi termini i cosiddetti lavori atipici significa solo reintrodurre la discriminazione da far west esistente prima della legge sul lavoro. Siamo quindi chiamati a difendere la democrazia della sostanza, il ruolo delle parti sociali, la sottoscrizione dei contratti collettivi, i diritti che i lavoratori hanno conquistato migliorando le condizioni dei più deboli”.


“Certo, non siamo il paese perfetto, ma sia sul versante dei diritti che su quello delle retribuzioni non siamo neppure l’Italia. Mentre i referendum ci vogliono portare su quella china. Non si possono dunque legittimare – conclude Giorgio Felici – comportamenti copiati dai peggiori esempi d’oltreconfine:
quanti ‘pecorari’, ‘turigliatti’, ‘carusi’, dobbiamo ancora ascoltare senza colpo ferire? Fermate il mondo……Fateli scendere. Ognuno poi faccia il proprio dovere. E la politica, ad esempio, approvi le leggi che sono nel cassetto da anni sugli ammortizzatori sociali per i lavoratori. Provvedimenti già scritti dal 2005 e firmati anche dal governo”.

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