San Marino. Cultura dello Stato e untori del qualunquismo

San Marino. Cultura dello Stato e untori del qualunquismo

SAN MARINO. Giovanni Giardi fa una riflessione sulla cultura dello Stato da parte di cittadini e istituzioni.

[c.s.] Sento il dovere di fare una riflessione certamente impopolare ad alta voce. Sono deluso e preoccupato della cultura dello Stato che emerge nei discorsi fatti nei bar, nelle sale di attesa degli ambulatori medici ma anche negli interventi che si sentono negli organi istituzionali (aula del Consiglio GG). Un clima alimentato da chi soffia sul fuoco di un qualunquismo pericoloso per il Paese.

La gente vuole per se, per la propria famiglia, per la propria categoria o corporazione: vuole dallo Stato e si ribella quando lo Stato chiede qualcosa. Ottiene tutto gratis e forse proprio per questo disprezza quello che ottiene (mi riferisco in particolare alle critiche, spesso ingiustificate, alla ns sanità e ai servizi in generale).

Un ragionamento fondamentale del cittadino dovrebbe essere questo: cosa dò io allo Stato prima di chiedere cosa voglio da lui. Con un reddito medio un lavoratore (altre categorie danno proporzionalmente di meno) dà allo Stato 1800, 1900 euro di imposta l’anno (lo Stato ha altri gettiti per fortuna, ma il discorso diventerebbe troppo lungo e impersonale). Lo Stato dà al cittadino: la sicurezza sociale (io ho avuto alcune vicende sanitarie tali che se non c’era l’ISS avrei dovuto vendere la casa e indebitarmi); la scuola; la PA; la viabilità; la fruibilità e la cura del territorio; la giustizia; la polizia e altri servizi per alcuni dei quali è prevista una tassa di scopo.

Lo Stato inoltre dà la pensione non con i suoi soldi, tranne piccola integrazione e le pensioni sociali, ma con i soldi dei versamenti (insufficienti) e con i contributi di chi sta lavorando ora (nostri figli e nipoti) che rischiano di restare a loro volta senza pensione (dovrebbero pensarci i pensionati quando fanno gli intransigenti nei confronti di ogni tentativo di riforma – non si chiedono soldi allo Stato, ma alle future generazioni).  

Uno stato non può adempiere ai suoi compiti istituzionali sopra richiamati con queste condizioni soprattutto in un momento di crisi e con il disastro economico provocato dai banditi che hanno governato il Paese negli ultimo 20 anni, ma la realtà più tragica è che a San Marino non si può toccare niente che metta in discussione privilegi personali o di casta. Lo Stato deve cambiare le cose ma solo a carico “degli altri”. Così non si va da nessuna parte.

Questo non vuol dire rinunciare alle battaglie anche dure, ma sono giustificate solo quelle per l’equità e per migliorare le cose, non quelle per difendere i privilegi. Ci sono troppe e ingiustificate diversità di condizioni fra i cittadini.

La responsabilità di questo degrado nella cultura dello Stato, la indicherei in primo luogo nelle forze politiche demagogiche e anche nei sindacati quando cavalcano ogni protesta e ogni richiesta: no! Non tutti hanno ragione.

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