“Rimini Summer Pride”, ecco il documento politico

“Rimini Summer Pride”, ecco il documento politico

Documento politico “Rimini Summer Pride – Happiness revolution”

50 anni di battaglie – Il 28 giugno 1969, nei pressi dello Stonewall Inn un bar gay di Manhattan, è nato ufficialmente il movimento di liberazione delle persone gay, lesbiche, bisessuali e transessuali. All’ennesima incursione della polizia frequentatori e frequentatrici dello Stonewall hanno opposto resistenza dando vita a una ribellione che si protrasse per 3 giorni. Le cronache di quel giorno sono confuse, ma certamente la forza propulsiva più prorompente di quella ribellione sono state le donne trans Sylvia Rivera e Marsha P. Johnson cui va la nostra gratitudine e rispetto, insieme a tutti gli altri e le altre coraggiose che hanno sfidato la polizia da un lato e la mafia dall’altro, che a quel tempo gestiva varie attività commerciali e che lucrava sulla marginalizzazione delle persone Lgbt. Nel 2013 il presidente Obama paragonò il movimento nato dai “Moti di Stonewall” a quelli per la parità delle donne e degli afro-americani. Nel 2016 lo Stonewall Inn veniva dichiarato monumento nazionale.

La prima manifestazione che può essere considerato un pride, la “Christopher Street Liberation March”, avvenne nel 1970 a New York, il 28 giugno per commemorare l’inizio di quella liberazione. Fu una parata ordinata e senza scontri frutto di una sintesi delle tante diverse vedute che già componevano il movimento LGBTI+, a partire dalla Mattachine Society che già da un decennio si esponeva come associazione “omofila”. Il tema principale di questo primo Pride, come ci riportano i testimoni e le cronache, era la liberazione e la visibilità, la rivendicazione ferma e pacifica di un’esistenza fino ad allora negata.

Negli anni le manifestazioni dei pride sono cambiare radicalmente, mettendo inizialmente al primo posto la rivendicazione dei diritti individuali fino a quelli familiari, e assumendo una connotazione festosa, allegra ed esuberante che è contemporaneamente una sfida al moralismo, una scossa ai luoghi comuni e una commemorazione di quella prima rivolta.

Happiness Revolution – Il tema del “Rimini Summer Pride” di quest’anno si ricollega a quella rivolta, durante la quale le persone hanno deciso che il diritto alla ricerca della felicità dovesse essere messo al di sopra di ogni cosa. È una felicità pagata da molti e molte a caro prezzo: licenziamenti, aggressioni, discriminazioni, giovani messi e messe per strada dalle loro famiglie, violenze, disparità di trattamento… Impossibile non ricordare l’omicidio di Harvey Milk nel 1978 e quello di Marsha P. Johnson nel 1992, mai tutto chiarito. La ricerca della felicità, di una felicità profonda che riguarda la possibilità di essere se stessi e se stesse, è stata ed è ancora la più potente forza propulsiva del popolo dei pride e delle rivendicazioni di attivisti e attiviste in ogni luogo. La felicità è strettamente connessa alla libertà, la libertà di vivere autodeterminandosi qualunque cosa si sia senza che nessuno, e proprio nessuno, possa dare indicazioni morali o politiche sulla condizione e le scelte di alcuna persona. La collettività Lgbti+ è infatti trasversale a qualsiasi struttura sociale. Dalla liberazione dei corpi fino alla volontà di formare una famiglia stabile, dal conformismo all’anticonformismo, comprendendo la libertà di vestire come meglio si crede. Ogni persona è artefice del proprio essere ed è fondamentale che, soprattutto durante i pride, ogni persona possa sentirsi libera e rispettata nelle sue scelte e condizioni. Ogni tentativo di costrizione o di invadenza, sia interno che esterno, è inaccettabile in quanto viola la libertà delle persone di fare scelte autonome per se stesse. Nessun comportamento giudicante può essere accettato, visto che i Pride stessi reclamano verso il mondo tale libertà. La rivoluzione della felicità dei 50 anni delle nostre lotte non è mai stata egoistica, ed è la storia di una rivoluzione riuscita ma non compiuta. Questo è dimostrato dalla quantità sempre crescente di persone non-Lgbti+ che partecipano sia come singoli che con le loro famiglie e figli/e non solo per sostenere le nostre battaglie, ma anche per sostenere il proprio diritto a essere se stessi/e. Moralismi, luoghi comuni, giudizi sociali, pregiudizi infatti colpiscono molte persone che per tanti motivi diversi trovano difficoltà a vivere serenamente i propri affetti e le proprie condizioni, che incontrano difficoltà all’accesso dei servizi e si scontrano con pregiudizi e rigidità. Per questo i pride sostengono fieramente e orgogliosamente le lotte contro il razzismo, la xenofobia, l’abilismo, il sessismo, il bullismo, il familismo, il maschilismo, la violenza sulle donne, la sierofobia per le persone sieropositive, le imposizioni e i privilegi delle religioni e tutte le altre forme di disparità sociale, amministrativa e culturale, di imposizione etica dello Stato sulla vita delle persone. Laicità delle istituzioni, parità di diritti e autodeterminazione sono principi fondamentali e inderogabili per il “Rimini Summer Pride”. La battaglia per la libertà delle persone Lgbti+ è una battaglia che fa bene a tutti e tutte perché vuole sgretolare quelle rigidità sociali, politiche e culturali che tante ferite hanno inferto e ancora infliggono a persone di ogni età.

Questa ricerca della felicità travolge e spinge le persone al coming out, al dichiararsi Lgbti+, e questo processo (ferma restando la libertà individuale che regola ogni decisione in merito) va facilitato, incoraggiato e sostenuto perché è solo con la visibilità non solo durante i pride ma ogni giorno dell’anno che potremo cambiare la società in modo capillare e irreversibile.

La rivendicazione dei diritti – In tutto il mondo i pride sostengono il riconoscimento sia legale che effettivo dei diritti delle persone Lgbti+ e delle famiglie arcobaleno. La rivendicazione dei diritti è un punto irrinunciabile dei pride. Per questo le nostre voci si uniscono unanimi in queste richieste: riforma del matrimonio civile in senso paritario e superamento dell’Apartheid della legge sulle unioni civili; riforma del diritto di famiglia a tutela delle famiglie arcobaleno e per rendere accessibile l’adozione; la possibilità anche per le coppie lesbiche di accedere all’inseminazione artificiale prevista dalla legge 40; una legge penale nazionale che punisca i comportamenti omo-transfobici;  che si inserisca nella Costituzione, prendendo a esempio la Repubblica di San Marino, il divieto di discriminazione per orientamento sessuale e identità di genere;  praticare nelle scuole, come nelle altre istituzioni culturali e formative, iniziative per formare le nuove generazioni in un’ottica di parità, pari dignità sociale e di educazione alle differenze; una semplificazione delle procedure per il cambio del nome anagrafico delle persone trans indipendentemente dagli interventi chirurgici; la garanzia della disponibilità dei farmaci per le persone trans; il contrasto all’informazione giornalistica distorta che spesso umilia le persone trans e le persone omosessuali; mai più mutilazioni genitali perinatali sulle persone intersessuali;  campagne informative regolari ed efficaci per evitare la diffusione dell’Hiv e delle altre infezioni a trasmissione sessuale; contrasto attivo allo stigma sierofobico nei confronti delle persone Hiv+; l’impegno a contrastare l’abilismo per sostenere concretamente la possibilità di ogni cittadino e cittadina di potersi autodeterminare e vivere il più possibile in autonomia e senza stigmi sociali; la garanzia che i profughi e le profughe Lgbti+ che scappano da Paesi in cui l’omo-transessualità è criminalizzata possano trovare accoglimento in un Paese sicuro che gli garantisca sicurezza e incolumità; la creazione di archivi per la conservazione del materiale storico legato alla storia delle battaglie Lgbti+ italiane; la messa al bando delle cosiddette “terapie riparative” o “di conversione”; rafforzare le tutele sul lavoro delle persone Lgbti+ per evitare casi di discriminazione e per favorire parità di accesso al lavoro sia per le donne che per le persone Lgbti+.

A livello amministrativo locale chiediamo l’approvazione rapida della legge contro l’omo-transfobia alla Regione Emilia Romagna; la conferma del sostegno ai centri antiviolenza già esistenti e il sostegno per la creazione di centri antiviolenza anche sulle persone  Lgbti+; mezzi e strumenti logistici per integrare l’azione di contrasto all’omo-transfobia a livello comunale e provinciale; l’impegno a sviluppare un protocollo d’intesa per l’integrazione dei servizi e delle istituzioni a tutela delle persone Lgbti+ sul modello di quanto fatto a Reggio Emilia; l’approvazione di norme che impediscano di assegnare spazi pubblici a organizzazioni omo-transfobiche e che non si riconoscano dei dettati Costituzionali; corsi di formazione per dipendenti pubblici e forze dell’ordine sulla gestione delle discriminazioni e delle situazioni familiari dovute all’omo-transfobia; promuovere e diffondere politiche di Diversity Management anche per la macchina amministrativa; favorire iniziative di formazione per un turismo accogliente e friendly, anche come motore di potenziamento dello sviluppo economico; rendere permanente e visibile lo status di territorio friendly come elemento nobilitante e attraente per le persone Lgbti+, per i loro famigliari, amici e amiche, figli e figlie e per chiarire che sul nostro territorio nessuna forma discriminatoria o violenta può essere accettata.

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