Parti cesarei nell’Ospedale Infermi di Rimini

Parti cesarei nell’Ospedale Infermi di Rimini

Negli ultimi tempi è balzato agli onori della cronaca, sull’onda di tristi notizie in sala parto, il problema dell’elevato numero di parti con taglio cesareo praticati in Italia.

Al Sud, si arriva a far nascere
con il cesareo ben un bambino su due. Il record va alla Campania, segue
la Sicilia con il 52,4% dei parti in sala operatoria, il Molise con il
48,9% e la Puglia con il 47,7%.

Al Nord la situazione è nettamente diversa.
In Friuli, in Toscana e Lombardia i parti cesarei si attestano tra il
24% e il 28%. Solo Bolzano si avvicina ai limiti stabiliti dall’Oms,
con quota 20%.
Di questa anomalia tutta italiana, ne sono consapevoli gli addetti ai lavori da anni.

Il ministro della Salute, Ferruccio Fazio,
ha chiesto all’Istituto superiore di sanità (Iss) di accelerare i tempi
sulle linee guida per i cesarei, cioè sulle raccomandazioni cliniche
che possono servire per far diminuire i parti chirurgici.

L’urgenza d’agire è evidente, lo sanno bene gli esperti del settore:

 «In Italia il sistema materno-infantile necessita di una manutenzione straordinaria»,

dice Giorgio Vittori, presidente della Società italiana di ginecologia e ostetricia (Sigo) *, che aveva anticipato  nei
mesi scorsi i risultati di un sondaggio effettuato in 200 punti
nascita, che sarebbe dovuto essere oggetto di successivo confronto  a Milano nel corso del congresso nazionale della Sigo.

«La ricerca – spiegava Vittori – suggerisce che tre sono i motivi principali che spingono i medici a fare il cesareo: il primo è la paura di un contenzioso, il secondo è la carenza di organizzazione logistica e il terzo è la mancanza di un’adeguata formazione».

 

Nel nostro Ospedale  di Rimini, (l’unico in cui vi sia l’Ostetricia ), pur non avendo notizia di gravi eventi  in sala parto, pare si possa assolutamente migliorare l’organizzazione attuale.

In pratica ci risulta  che un percorso nascita ben organizzato non ci sia.

Infatti le sale operatorie  sono sempre occupate da parte delle varie discipline chirurgiche, dal mattino fino alle ore 14, mentre al pomeriggio ne sono attive due.

Quindi in caso di emergenza ostetrica, una sala operatoria viene ” bloccata” per permettere la nascita del bimbo, è evidente che se
ci fosse un “percorso nascita” autonomo, non si creerebbero possibili
interferenze e sospensioni di altri interventi chirurgici
, anch’essi importanti ed a volte urgenti o magari di pazienti che sono da mesi in lista d’attesa.

Occorre una “forte” azione” anche da parte del Comune capoluogo, per dotare la nostra ASL di più risorse e di non  continuare a privilegiare il nord della Regione, già molto meglio dotato ed organizzato del nostro Sud romagnolo.

Chiediamo pertanto al Sig. Sindaco
se non ritenga di cogliere l’occasione dell’attivazione del nuovo 
Dipartimento delle emergenze/urgenze per  domandare alla Regione
risorse anche per il ” problema” ostetrico”.

Inoltre si chiede
in merito alla crescente attenzione a livello nazionale sul tema della
mortalità infantile e perinatale, di conoscere alcuni dati salienti
della situazione sul nostro territorio.

In particolare i dati seguenti sull’ultimo triennio, prendendo in esame l’intero comprensorio sanitario provinciale:

·         Numero di parti totali

·         Numero di parti cesarei

·         Numero di parti con tecniche di parto indolore (epidurale, etc.)

·         Indice di mortalità perinatale

·         Numero di madri morte durante il parto

 

Consigliere Comunale Eraldo Giudici POPOLARI LIBERALI – PDL

 

* (Oms: In Italia il doppio dei parti cesarei 18 settembre, 2010 Medicina e Salute -il messaggero- )  http://www.omniablog.net/2010/09/18/oms-in-italia-il-doppio-dei-parti-cesarei/

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