Centro-destra, centro-sinistra, polo dei moderati, progressisti, riformisti: sembra la rappresentazione di una giostra rutilante dove, di volta in volta, si tenta affannosamente di far salire la politica, senza accorgersi, o nascondendo volutamente, che non è quella la dimensione che le è consona. E neppure rendendosi conto che ci si sta ulteriormente adagiando su schemi e denominazioni vecchi e logori, che non riescono più a incarnare un’idea di politica concreta e progettuale, così come la gente la vorrebbe. Si ripropongono, in buona sostanza, posizioni ideologiche statiche e precostituite, che nulla hanno a che fare con i problemi veri del Paese.
I cittadini chiedono che la politica cominci a parlare con un linguaggio comprensibile e che la discussione verta sui problemi reali e sul modo di risolverli nell’interesse di tutti.
La nuova legge elettorale, che impone di elaborare un programma sul quale trovare il consenso per una coalizione che si deve presentare alle elezioni, è certamente un grosso passo in avanti. Non assisteremo più, si spera, alla ricerca di una maggioranza basata su amicizie personali e rapporti trasversali, non dichiarabili pubblicamente, ma ad aggregazioni che si schierano apertamente per chiedere il voto dei cittadini e, quindi, il mandato per governare con un programma unico per tutta la coalizione e definito prima della consultazione elettorale. Poi se durante la legislatura, per qualsiasi motivo, la coalizione non riuscirà a dare attuazione a quel programma, la politica sarà costretta a misurarsi con nuove elezioni, anziché proporci il solito bel ribaltone. Tutto questo non mi sembra una novità di poco conto, a maggior ragione se guardiamo a quel che è successo negli ultimi anni.
Non c’è dubbio che, a fronte di ciò, si renda inevitabile un radicale rinnovamento nelle persone, ben sapendo che chi ha costruito le proprie fortune politiche su intrallazzi trasversali e su manovre di palazzo difficilmente sarà disposto a sottrarsi a tali metodi. Soprattutto oggi che il Paese ha estremo bisogno di riforme va detto chiaro e netto che esse, quelle vere, non piacciono ai potenti di turno e ai poteri forti in generale, che da sempre, qui e ovunque, le ostacolano o addirittura le imbavagliano.
Che fare, quindi? Lasciando ad altri la sperimentazione di sodalizi improbabili, un po’ irranciditi e un tantino striminziti, che dicono di avere “le carte per governare” ma trascurano i numeri, la novità effettiva potrebbe essere la costituzione di un “patto per San Marino e per i sammarinesi”, che metta insieme, attorno ad un programma preciso e comprensibile, ma soprattutto caratterizzato da solidi contenuti, tutti coloro che hanno davvero a cuore le sorti del Paese, al di là e al di sopra delle posizioni ideologiche, dei personalismi e degli interessi delle lobby.
Noi, consapevoli delle nostre dimensioni e armati solo delle nostre idee, lavoreremo in questa direzione. L’impegno che abbiamo assunto, con noi stessi e con il Paese, è gravoso e insieme stimolante, ma su di esso siamo intenzionati ad andare avanti con le nostre forze, senza azzardare – noi sì! – dubbie ed estemporanee aggregazioni. Allo stesso modo non intendiamo rappresentare una realtà transitoria, magari nell’attesa di confluire in un calderone indeterminato e variopinto.
Il nostro progetto è solido e ha trovato interesse e consenso da parte delle forze politiche, economiche e sociali a cui è stato illustrato nell’ultimo periodo. Non vogliamo che esso contribuisca, come tanti altri, ad arricchire la categoria dei buoni propositi non attuati. Siamo invece intenzionati a realizzarlo con chi ne condividerà contenuti e obiettivi e sarà disposto a fare un pezzo di strada, magari anche non breve, insieme a noi, senza costringerci nel falso perimetro delle affinità ideali o delle comuni radici, che molto spesso non sono altro che la foglia di fico per dissimulare miserevoli, se non addirittura inconfessabili contiguità. Che a noi non appartengono!
Pier Marino Mularoni
Membro del Consiglio Grande e Generale
Democratici di Centro