Riciclaggio denaro occultato a San Marino

Riciclaggio denaro occultato a San Marino

L’informazione di San Marino

Riciclaggio da oltre 230 mila euro, condannato imprenditore modenese

Occultati sul Titano denari ritenuti distratti da due aziende in dissesto. L’imputato voleva trasferirli in Armenia, stato che non ha accordi sullo scambio di informazioni

Antonio Fabbri

Denaro distratto dal patrimonio di due società in dissesto, prima depositato a San Marino e poi destinato ad essere trasferito in Armenia, salvo essere bloccato dall’autorità giudiziaria di San Marino. Ieri il processo su questo caso di riciclaggio da 260.200 euro di cui era accusato un imprenditore modenese, residente a Sassuolo, che nel 2007 aveva distratto dalle società di cui era socio e che amministrava, l’ingente somma portandola in una banca sammarinese. Qui aveva continuato ad occultare, investire e movimentare il denaro fino a tempi recenti, quando ha poi deciso di trasferire la somma che gli era rimasta su un conto – oltre 223mila euro – presso una banca Armena.

Giuseppe Castelli, questo il nome dell’imprenditore oggi 70enne, nel 2007 aveva depositato con tre operazioni di versamento in contanti presso la Banca di San Marino, complessivamente 260.200 euro, appunto. L’uomo era amministratore e socio di maggioranza di due società: la Murale srl e la Sector Ars srl, entrambe operanti nel settore della fabbricazione di piastrelle in ceramica per pavimenti. Tutte e due le società sono fallite nel 2009.

Secondo l’accusa, dunque, le operazioni per portare i denari a San Marino vennero fatte in danno dei creditori. Lo stesso Castelli dichiarò alla banca, all’atto delle operazioni, di essere pensionato e che sua intenzione era quella di procedere a degli investimenti. Investimenti che fece anche acquistando obbligazioni della banca. L’ultimo passaggio di quei denari doveva essere effettuato nel giugno 2015, quando, dopo aver disinvestito prima della scadenza le obbligazioni, l’uomo aveva disposto il trasferimento della somma in una banca dell’Armenia. Perché proprio in Armenia? Secondo l’accusa perché quello stato non ha ancora sottoscritto la convenzione internazionale Ocse sullo scambio multilaterale di informazioni. Ieri le conclusioni del processo.

Il Procuratore del fisco Roberto Cesarini nel confermare l’impianto dell’accusa aveva chiesto una condanna a 4 anni e 3 mesi, oltre alla confisca della somma sequestrata pari a 236mila euro più gli interessi e alla confisca per equivalente per 67mila euro.

Di diverso avviso il difensore, l’avvocato Maurizio Simoncini, che ha sottolineato da un lato la mancanza di prove, chiedendo l’assoluzione perché non consta abbastanza della colpevolezza. Ha poi sostenuto che non potesse ravvisarsi la continuità tra il deposito del denaro e le ultime azioni contestate, cosicché non sarebbe applicabile la nuova normativa sull’autoriciclaggio, ma essendo la condotta posta in essere precedentemente alla legge del 2013, la difesa ha sostenuto che si dovesse applicare la vecchia normativa che conteneva il cosiddetto “privilegio dell’autoriciclaggio”, non punendo chi fosse riconosciuto anche autore del reato presupposto alla creazione di denaro di provenienza illecita.

Una tesi difensiva che evidentemente il Giudice Roberto Battaglino non ha condiviso, condannando l’imputato a 4 anni e 2 mesi di prigioni, alla confisca dei 236mila euro già sequestrati e alla confisca per equivalente per 2.500 euro. Possibile l’appello

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