Rimini. Aziende in crisi, 33 richieste di concordato. Manuel Spadazzi, Il Resto del Carlino Rimini

Rimini. Aziende in crisi, 33 richieste di concordato.  Manuel Spadazzi, Il Resto del Carlino Rimini

Manuel Spadazzi di Il Resto del Carlino Rimini; Allarme. La procedura usata per cercare di evitare fallimenti e chiusure/ Aziende in crisi, boom di concordati:

33 richieste in appena sei mesi / Il prefetto. Non va bene. Dobbiamo evitare in futuro l’uso di questi strumenti

Aeradria  è stato il caso più famoso, non solo perché si tratta di una società pubblica. Ma negli ultimi due anni il numero delle aziende costrette a ricorrere al concordato preventivo, strumento che ha per obiettivo salvare il salvabile di un’impresa in difficoltà, è letteralmente esploso. Da un anno all’altro le imprese che hanno chiesto il concordato al tribunale di Rimini sono raddoppiate: 35 nell’intero 2012, 33 già nei primi sei mesi di quest’anno (nel 2010 le richieste erano state tre e sette nel 2011). Un segnale preoccupante, anche perché sui tavoli dei giudici riminesi continuano ad arrivare nuove pratiche. Sulla carta questo strumento serve a trovare un accordo con i creditori e a garantire all’azienda di poter proseguire l’attività.

Ma «in alcuni casi non è affatto così – osservano alcuni commercialisti esperti in ristrutturazioni aziendali –. Qui a Rimini il ricorso al concordato sta diventando una pratica in uso anche per alcune aziende che non hanno più prospettiva, e accedono a questo strumento solo per evitare che i creditori possano mettere le mani sul loro patrimonio, immobiliare e non solo, attraverso il fallimento».
«Al 9 luglio compreso – conferma il presidente del Tribunale, Rossella Talia – avevamo già ricevuto nei nostri uffici 33 richieste». Un dato altissimo, che la dice lunga sullo stato di salute della nostra economia. Al di là dei numeri, ci sono nomi ‘eccellenti’ tra le aziende che hanno chiesto il concordato: dalla Cmv alla Spiga immobiliare, dalla Mulazzani alla Tecnoambiente, dalla Luxury yacht alla Italtetti fino all’Alfad. Se a questo aggiungiamo il numero di fallimenti, lo scenario è ancora più desolante. Nel 2012 le procedure di fallimento sono state una novantina, quest’anno siamo già a una cinquantina
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