Rimini. Cooperazione sociale di tipo B e welfare, CSR: ‘Comma 610 azzera gli affidamenti diretti’

Rimini. Cooperazione sociale di tipo B e welfare, CSR: ‘Comma 610 azzera gli affidamenti diretti’

RIMINI. Con la recente Legge di Stabilità 2015 (legge n. 190/2014), promossa e attuata dal Governo Renzi, sono state introdotte alcune modifiche alla legge n. 381 del 1991, istitutiva delle Cooperative Sociali. In base a tale norma le Pubbliche Amministrazioni e gli enti ad esse assimilati, non potranno più effettuare affidamenti diretti alle Cooperative Sociali di Tipo “B”, se non prima di aver avviato iter di scelta basati su criteri comparativi di più offerte. L’aspetto prettamente sociale ora rischia di passare in secondo piano a favore di criteri ispirati puramente al mercato.

La sensazione percepita – spiegano dal Consorzio Sociale Romagnolo – è che si voglia affermare il superamento di un modello, la cooperazione sociale di inserimento lavorativo. Fuor di polemica, sarebbe stato più onesto se il Governo avesse affermato che il modello cooperativo è superato o non interessa più, piuttosto di salvare un’immagine, un’ideale di cooperazione, che poi nei fatti viene svuotata di contenuto. Un modello – lo ricordiamo con un orgoglio – che in Europa è stato studiato e copiato, fino a qualche tempo fa considerato un ‘vanto’ dell’economia italiana. Ora invece anche le cooperative dovranno – come peraltro già stanno facendo da diverso tempo – confrontarsi apertamente con il mercato ‘puro’. Dove si ‘scontreranno’ con imprese profit che, in tempi di crisi, guardano con interesse anche alla ‘fettina’ di mercato che negli anni ’90 e 2000 è stata campo piuttosto esclusivo, per i motivi sociali già menzionati, della cooperazione. In questa nuova realtà di mercato aperto, le ‘squadre’ che si affrontano non appartengono però alla stessa categoria. Da un lato infatti le imprese ‘profit’ hanno un obbligo di assunzione di personale svantaggiato (obbligo disatteso per la maggior parte di esse) del 7% sul totale della forza lavoro; le cooperative sociali invece devono avere almeno il 30% di personale svantaggiato sul totale della forza lavoro (e sul territorio di Rimini, questa percentuale virtuosamente sale fino al 40%). Questo lo scenario. Resta una domanda: se non c’è più spazio per la cooperazione sociale, che fine faranno i cosiddetti ‘svantaggiati’? Torneranno ad essere persone non attive, a carico della collettività? Una spesa di qualche milione di Euro all’anno (sul territorio di Rimini) che prima veniva risparmiata, e che ora invece potrebbe tornare a pesare sulle casse dei servizi sociali del comune.

 

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