Romagna noi: Operazione Perla di Cristallo: sequestri per milioni di euro tra Riccione e Cortina d’Ampezzo

Romagna noi: Operazione Perla di Cristallo: sequestri per milioni di euro tra Riccione e Cortina d’Ampezzo

Romagna noi: Operazione Perla di Cristallo: sequestri per milioni di euro tra Riccione e Cortina d’Ampezzo /Emesse ordinanze di custodia cautelare per forde fiscale, corruzione e reati di falso. Denunciate sei persone

RIMINI – Alle prime luci dell’alba del
giorno di Santa Lucia, la Guardia di Finanza di Rimini ha eseguito tre ordinanze
di custodia cautelare agli arresti domiciliari nei confronti di due imprenditori
di Riccione e di un pubblico ufficiale. È di oltre due milioni di euro, inoltre,
il valore complessivo dei beni sequestrati “per equivalente” nell’ambito
dell’operazione denominata “Perla di Cristallo”. I beni (un appartamento di
pregio con annesso garage, tre terreni, due autovetture, quote di quattro
società e disponibilità finanziarie), tutti riconducibili ad un noto
imprenditore riccionese attivo nella vendita di beni di lusso e del wellness,
sono ubicati tra Riccione e Cortina d’Ampezzo.

L’input alle
articolate indagini
è stato fornito dalla locale Procura della
Repubblica a suo tempo informata degli esiti di un’attività di controllo interno
antiriciclaggio svolto da un istituto bancario locale (all’epoca commissariato),
che aveva permesso di riscontrare generiche anomalie nel processo di concessione
del credito. Numerosi sono stati i filoni investigativi seguiti dai militari del
Nucleo di polizia tributaria di Rimini per disarticolare il complesso sistema
finalizzato a realizzare il disegno criminoso ideato dall’imprenditore che, a
tal fine, si è avvalso di diversi complici, strettamente collegati tra loro e
tutti denunziati ed indagati.
In primis, gli approfondimenti
hanno consentito
di accertare un complesso intreccio societario teso
alla sistematica sottrazione a tassazione di corrispettivi conseguiti da
attività commerciali operanti nel settore orafo (in Riccione e Cortina
D’Ampezzo) ed estetico (in Riccione, Pesaro, Fano e Calcinelli di Saltara)
veicolandoli, prevalentemente, verso la Repubblica di San Marino. Gli indagati,
infatti, avvalendosi di una società di diritto sammarinese, dapprima occultavano
i ricavi delle gioiellerie attraverso vere e proprie operazioni di
“spallonaggio” per depositare presso istituti di credito della Repubblica del
Titano ingenti somme derivanti da vendite “in nero” e, successivamente, per
poter utilizzare i denari così accumulati, simulavano rapporti commerciali di
vendita alla società sammarinese a giustificazione dei corrispondenti flussi
finanziari in entrata. Per simulare l’operatività della società-schermo
sammarinese e per evitare di pagare le imposte all’Ufficio tributario di San
Marino venivano simulate vendite per lo stesso importo ad una società italiana
in liquidazione (sempre riconducibile all’imprenditore riccionese) che a tal
fine emetteva false note di credito.
Tali somme venivano, poi,
periodicamente
utilizzate per ripianare gli affidamenti concessi da
istituti bancari nazionali (che riponevano fiducia nella solidità patrimoniale
del noto imprenditore) oppure per finanziare l’altra società operante nel
settore del benessere e dei centri estetici. Sotto questo profilo, a conferma
dell’ipotesi investigativa iniziale, sono state accertate gravi irregolarità
nella concessione dei finanziamenti. Per giustificare i flussi finanziari in
entrata, infatti, venivano scelte motivazioni e conseguenti modalità di ricorso
al credito bancario che hanno comportato false dichiarazioni e/o false
attestazioni attraverso anche effetti cambiari falsi da presentare allo sconto
emessi nei confronti di ignari clienti per ottenere liquidità.

Parallelamente alle riservate indagini delegate al Nucleo pt
dall’Autorità Giudiziaria di Rimini, l’indagato principale è stato sottoposto a
verifica fiscale da parte della Compagnia della Guardia di Finanza di Rimini che
ha provveduto a constatare maggiori redditi derivanti dal deposito presso un
Istituto di credito sammarinese di assegni per un ammontare complessivo di
500mila euro circa, sulla base anche di evidenze investigative emerse
nell’ambito dell’indagine denominata “Re Nero” coordinata dalla Procura della
Repubblica di Forlì. Le investigazioni condotte in merito dai militari del
Nucleo hanno rivelato che anche in questo caso, al fine di eludere la pretesa
erariale che nel frattempo si era fatta più corposa a seguito di avvisi di
accertamento emessi dall’Agenzia delle Entrate di Belluno, il sodalizio
criminale si adoperava in maniera spregiudicata al fine di sottrarsi al debito
fiscale e vanificare le risultanze degli accertamenti. A tal riguardo, infatti,
oltre a produrre all’Agenzia di Rimini una nomina a procuratore speciale della
società sammarinese in modo tale da dimostrare che gli assegni incassati fossero
relativi a vendite operate dal soggetto estero, venivano poste in essere una
serie di attività criminose avvalendosi di dati fiscali forniti da un pubblico
ufficiale infedele che si concretizzavano nella produzione di una serie di
fatture false intestate alla società sammarinese, per giustificare ed annullare
i rilievi mossi.
Tali disponibilità, consistenti in titoli di
credito intestati
ai sodali e falsamente attribuiti alla società
sammarinese costituivano in realtà pagamenti effettuati presso le gioiellerie di
Riccione e Cortina d’Ampezzo, a fronte di acquisti di preziosi e oggetti di
antiquariato da parte di clienti che hanno disconosciuto qualsivoglia rapporto
con la società estera. Questo ha comportato l’ascrizione in capo al principale
indagato anche del reato previsto dal “Decreto Salva Italia” e punito con una
pena fino a tre anni per chi presenta documenti falsi in corso di accertamento.
Per completare l’opera di schermatura alle pretese del fisco, consapevole
dell’avvio degli accertamenti tributari e del conseguente rischio di eventuali
procedure coattive su beni e disponibilità, al fine di sottrarsi al pagamento
delle imposte e delle relative sanzioni, il gioielliere costituiva un fondo
patrimoniale in cui faceva confluire gli immobili di sua proprietà in modo da
renderli non apprensibili dalla riscossione.
A fronte di imposte evase
in Italia dall’imprenditore riccionese per un ammontare di circa 2.100.000 euro,
significativa è la circostanza che nessuno degli indagati, sino al 2009, anno in
cui sono state accertate le irregolarità, ha mediamente dichiarato redditi non
superiori a 18mila euro annui, a fronte delle ingenti movimentazioni finanziarie
e patrimoniali riscontrate. Gli accertamenti eseguiti, coordinati dal Pubblico
Ministero, Dott.ssa Gemma Gualdi della locale Procura della Repubblica, hanno
permesso di deferire all’Autorità Giudiziaria sei persone, di cui tre sottoposte
a provvedimento di custodia cautelare agli arresti domiciliari e procedere al
sequestro di immobili, terreni e quote delle società che gestiscono le
gioiellerie.

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