San Marino. Antonio Fabbri L’informazione: Nuova banca e il sistema che favoriva il mercimonio

San Marino. Antonio Fabbri L’informazione: Nuova banca e il sistema che favoriva il mercimonio

L’informazione di San Marino di venerdì 7 ottobre 2016

Nuova banca e il sistema che favoriva il mercimonio

Antonio Fabbri

SAN MARINO. Il processo Mazzini va avanti spedito, anche per l’assenza di alcuni testimoni che, pur notificati, non si sono presentati o hanno richiesto di essere ascoltati per rogatoria. Nella giornata di ieri sono stati sentiti gli ultimi due testi di questa tornata di udienze. Annullata, invece, l’udienza prevista per il 18 ottobre e le eventuali altre per i giorni successivi. Questo per dare il tempo ai legali di formulare possibili altre richieste di testimoni e rinnovare le notifiche ai testi ancora da ascoltare. Il giudice Gilberto Felici ha quindi comunicato che con proprio provvedimento comunicherà le prossime date e gli adempimenti a cui si procederà.

Di nuovo Nuova Banca Intanto ieri mattina si è tornati a parlare della Nuova Banca Privata, per l’accusa acquistata pagando una tangente.

Testimone Mario Amati che, all’epoca dei fatti contestati, acquisì assieme al padre Lucio la licenza bancaria da Roberto Ruggeri e Rossano Vittorio Carbonetti, che avevano ottenuto la licenza.

Gli Amati, che erano già titolari della finanziaria Polis, avevano intenzione di avviare anche l’attività bancaria. Per questo fecero al Congresso di Stato due richieste, ma ad entrambe ebbero risposta negativa.

Mario Amati ha dichiarato: “Renato Cornacchia riferì a mio padre che c’era sul mercato una licenza disponibile, ma che entro 48ore avremmo dovuto dare risposta sull’interesse e predisporre il pagamento. Anche perché ci venne detto dallo stesso Cornacchia che c’erano di competitor interessati alla licenza. Si parlava della Karnak di Bianchini”.

Domande del giudice anche sulla particolarità dei venditori. “Il fatto che fossero scollegati dalla realtà sammarinese non vi fece commentare: come mai questa singolarità?” ha chiesto il Giudice.

“Noi consideravamo che quei due soggetti erano titolari della licenza. Non lo trovammo strano. Il Congresso aveva ritenuto valida la domanda… e aveva concesso”.

Ripercorso anche l’ingresso e la subitanea uscita di Gima nel capitale sociale della Nuova Banca.

“Gima entrò nel capitale il 14 maggio 2004. Ruggeri cedette il 10% a Gima. Sembrerebbe che questa operazione abbia poi fruttato,su una somma investita di 700mila euro, circa 140mila euro a Gima. A lei risulta?”, ha chiesto il giudice. “Non ricordo.

Non ricordo le circostanze e le dinamiche. D’altra parte avevamo pagato noi un sovrapprezzo sulla licenza, se mi veniva chiesta proporzionalmente una cifra simile… lo reputo plausibile”.

Mercoledì in aula era stato l’imprenditore riminese Angelo Lanci a descrivere l’operazione Gima, affermando che su consiglio di Giuseppe Roberti acquisì le quote, ma poi, vedendo la situazione del Cda, decise di rivenderle sulla base di patti parasociali che impegnavano Lucio Amati a ricomprare le quote con un interesse da chi voleva cederle. Così avvenne. Emerso anche, in questa audizione, come il prezzo di circa cinque milioni fu pagato semplicemente per la licenza. “In base a quali parametri, visto che è stato detto che c’era un mercato, il prezzo della licenza era congruo?”, ha chiesto allora l’avvocato di parte civile per la Dc, Gianna Burgagni.

“Non avevamo parametri, ma la richiesta di un venditore e un bene da acquistare. Ci adeguammo a tale richiesta. Non ci fu trattativa, ma aderimmo quando apprendemmo da Cornacchia che c’era la disponibilità, ma i tempi erano concitati”.

Poi il procuratore del fisco Roberto Cesarini ha chiesto: “Non ci fu una reazione da parte di suo padre dopo che due sue richieste non erano state e venne a sapere che c’era da acquistare una banca concessa ad altri? “No…”

“Cioè – ha proseguito il Pf – avete una finanziaria, siete imprenditori di San Marino, fate domanda, non ve la concedono e danno la banca a due sconosciuti, Carbonetti e Ruggeri, e suo padre sta zitto?”

“Non ci furono commenti di perplessità. Alle nostre istanze non fu data risposta e quando emerse l’opportunità… non ricordo che spendemmo una serata a discutere di questo”.

“Ma quando voi entraste in Nuova banca privata, c’era un progetto di impresa, un business plan l’avete visto, esisteva, l’avete poi proseguito?” ha chiesto allora il giudice. “Non lo abbiamo visto e non sappiamo se esistesse”, è stata la risposta.

Quindi Mario Amati ha riferito che i libretti, che portavano le somme per l’acquisto della licenza, erano mezzo di pagamento usuale all’epoca e vennero consegnati all’allora direttore di Bcs, banca di riferimento dei venditori, Gilberto Canuti.

“Avete comprato anche la Polis?”, ha poi chiesto il Procuratore del fisco. “Non lo so. Dovrei dire con una battuta che se l’ha comprata Colombini… l’abbiamo comprata anche noi. Ma non ne ho memoria”, ha detto Amati.

Le concessioni avevano un prezzo, quindi.

“Sì, perché vigeva il sistema concessorio e perché se una licenza non veniva rilasciata, se non dietro concessione del Congresso di Stato, dovevi rivolgerti al mercato”, ha ribadito il testimone. Chiesto poi dagli avvocati Maria Selva e Maurizio Simoncini, se gli Amati avessero avuto come interlocutori i loro assistiti, Pier Marino Menicucci o Gian Marco Marcucci. “No”, è stata la risposta di Amati.

“Non ricordavo Silva, ma Peter” Altro testimone della giornata Nazzareno Primerano, che risulta essere stato destinatario di 220mila euro provenienti dalla Fondazione per la promozione economica e finanziaria sammarinese amministrata da Pietro Silva. “Ma è la prima volta che sento parlare di questa fondazione”, ha detto il testimone, al quale però, secondo le ricostruzioni fatte sulla base delle carte, i soldi arrivarono proprio dalla Fondazione.

Primerano, già interrogato per rogatoria, aveva inizialmente detto di non conoscere nessun Pietro Silva. “Poi sono dopo essere stato sentito dalla finanza, sono andato al computer per vedere notizie su questa indagine ed ho trovato la foto di Silva che io conoscevo come Peter. Lo conoscevo perché con il mio datore di lavoro, Damiano Spelta, aveva girato il mondo nelle gare con il motoscafo off-shore. Spelta me lo descriveva come una brava persona. Siamo diventati amci”.

Il testimone Primerano, che in Italia ha patteggiato una condanna per frode fiscale a 4 anni, ha dichiarato di aver portato soldi a San Marino su un conto intestato ai figli, ma da lui gestito, per mettere i denari “in un posto segreto”.

“Silva mi chiese un prestito di centomila euro e me lo restituì in seguito con un po’ di interessi”, ha dichiarato il testimone, che prestò i soldi sulla parola.

“E lei aveva 100mila euro da prestare senza garanzie ad uno sconosciuto?” ha chiesto il giudice. “No, non era uno sconosciuto… Spelta me lo aveva garantito come persona”.

Lo stesso Spelta è stato già ascoltato lo scorso aprile nel processo, risultando anche lui – che era titolare di una grande azienda che commerciava rottami e pure lui finito nel procedimento italiano per frode fiscale – protagonista di una transazione da 250 mila euro con la famigerata Fondazione.

Per quanto riguarda Primerano, invece, dalle contabili risulta che 220mila euro transitarono dal conto della Fondazione a quello dei figli dello stesso, con quest’ultimo come beneficiario. “Quella contabile è sbagliata”, ha detto il Primerano ribadendo di non conoscere la Fondazione. La parte civile ha quindi fatto istanza istruttoria per acquisire l’estratto conto di quel rapporto intestato ai figli Alessandro e Massimiliano Primerano.

Le udienze riprenderanno presumibilmente a novembre.

 

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