San Marino. Antonio Fabbri: Mazzini, il mistero sugli assegni per la sede di Bcsm

San Marino. Antonio Fabbri: Mazzini, il mistero sugli assegni per la sede di Bcsm

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Mazzini, il mistero sugli assegni per la sede di Bcsm

Antonio Fabbri

Si va verso la conclusione dell’istruttoria dibattimentale. Terminata, in pratica, l’audizione di tutti i testimoni. Cancellate le ulteriori udienze già fissate per marzo – saltano quindi quelle del 21, 28 e 29 – salvo quella del 22, data nella quale saranno riconvocati i testimoni Manfrinati, Ferri, Madoir Mwaffak, Giuseppe e Roberto Bruscoli, che fino ad oggi non si sono presentati, tanto che non è escluso che possa slittare anche l’udienza del 22.  Si andrebbe quindi direttamente al 4 aprile, udienza nella quale inizierà l’audizione degli imputati che vogliano essere sentiti per rilasciare le loro dichiarazioni.

Le audizioni di ieri Nella mattinata di ieri è stato ascoltato in apertura un ex cassiere della Banca commerciale sammarinese, Luca Casali, indotto dall’avvocato di Giovanni Lonfernini, Stefano Pagliai. Il testimone ha ripercorso le modalità con le quali venivano trattati i libretti al portatore. Poi è stata ascoltata Rosa Zafferani, sempre indotta dall’avvocato Pagliai, con la quale è stato ripercorso il periodo politico nel quale ci fu la scissione, prima interna alla Dc con la creazione dell’“Area sociale”, poi con l’uscita di alcuni aderenti tra cui Giovani Lonfernini e, appunto, la stessa Rosa Zafferani. Fuoriuscita che sfociò nella nascita dei Democratici di Centro. “Come si finanziavano i Ddc?”, ha chiesto il giudice Gilberto Felici. “Con il finanziamento previsto per i partiti”, ha risposto la testimone. Poi il giudice ha fatto domanda più precisa: “Il finanziamento di quella forza politica attingeva esclusivamente al contributo che portavano i consiglieri o c’erano altre fonti di finanziamento?”. “Non sono a conoscenza di altre forme di finanziamento. Per quanto a mia conoscenza, solo da quelli”, ha risposto la testimone.

Il geometra di Roberti Sentito poi Terenzio Terenzi, geometra di Giuseppe Roberti. E’ stato indotto dalla difesa di Luigi Moretti. L’avvocato Alfredo Nicolini ha infatti chiesto al testimone di ripercorrere l’attività di costruzione di una casa di Roberti a Montefiore Conca nel 2003. “Ero il tecnico di fiducia di Roberti ha detto il geometra oggi in pensione – la casa venne costruita e lo Studio Antao Venne incaricato del calcolo del cemento armato”. La difesa dunque sottolinea con questo teste che il rapporto tra Roberti e Moretti fu, quanto meno nel 2003, in funzione dell’edificazione di una casa.

Il Cda di Nuova bancaCredito Sammarinese Con la testimone Barbara Doghieri, indotta da Parte civile – Eccellentissima Camera – e Procura fiscale, è tornata in aula la vicenda dell’acquisizione di Nuova Banca Privata, poi divenuta Credito Sammarinese.

In particolare si è parlato delle quote rilevate e poi ricedute da Angelo Lanci, imprenditore riminese. Lo stesso Lanci aveva descritto che attraverso Gima, società che teneva valori per la famiglia lanci, su consiglio di Giuseppe Roberti acquisì le quote della banca, ma poi, vedendo la situazione del Cda, decise di retrocederle. Quote acquisite per 700mila euro. Di quel periodo ha parlato la rappresentante di Lanci nel Cda, Barbara Doghieri, appunto. Il periodo era tra il 2003 e il 2004. “Il primo Consiglio di amministrazione fu surreale. Il presidente Amati lo ha tenuto su come lui si vestiva, sul modo di portare la cravatta, sulla sua personalità istrionica. Il primo approccio fu quanto mai singolare: non si parlò assolutamente di progettualità dell’istituto, ma solo del look del presidente. Uscii allibita. Al secondo consiglio chiesi su quali fossero le prospettive di sviluppo, cercando di andare al nocciolo della questione. Per contro si parlò del fatto che i bagni delle donne dovessero avere l’antibagno e il salotto. Nel terzo io e il presidente litigammo, perché io chiedevo fatti concreti, progettualità, prospettive con l’estero. Amati mi disse che non erano argomenti di cui parlare e mi diede in sostanza della stupida anche se in maniera elegante. Quindi i tornai da Lanci e gli dissi che non avrei potuto tutelare il suo investimento. Il mio cliente in quella circostanza disse che non era un problema, perché c’era un patto parasociale secondo il quale poteva retrocedere subito le quote e riavere indietro il capitale investito”.

Il mistero dei due assegni Desta più di una perplessità che in una Banca  centrale non si venga a capo di chi abbia ordinato di fare due assegni anziché uno, come appuntato a penna dal responsabile dell’ufficio di tesoreria, per una trance di pagamento della sede di Via del Voltone. Uno dei due assegni, secondo l’accusa, era quello che servì per pagare la tangente per quell’acquisto avvenuto nel 2006.

Hanno testimoniato i due dipendenti che all’epoca si occuparono di quegli assegni. L’ordine di emettere uno cheque da 3.650.000 del vicedirettore Bernardi tramite una e-mail interna della tesoreria. Poi su quella email stampata, un appunto scritto a penna del responsabile della tesoreria, Daniele Ercolani, diceva di attendere il giorno seguente e di preparare due assegni: uno da 3.050.000 e uno da 600mila euro. Così avvenne. Ieri sono stati sentiti, appunto, Sara Rossini, che preparò materialmente gli cheques, e Daniele Ercolani. Non si è tuttavia riusciti a risalire a chi fu a impartire l’ordine di preparare due assegni anziché uno, posto che nelle precedenti audizioni sia il vice-direttore, Daniele Bernardi, sia l’allora presidente Antonio Valentini, hanno escluso di essere stati loro.

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