San Marino. Antonio Fabbri: Mazzini, il teste Botteghi sentito sull’estromissione di Roberti da Bcs

San Marino. Antonio Fabbri: Mazzini, il teste Botteghi sentito sull’estromissione di Roberti da Bcs

L’informazione di San Marino

Mazzini, il teste Botteghi sentito sull’estromissione di Roberti da Bcs 

Riferimento anche all’episodio del pestaggio di Bruscoli. Intanto il perito di parte contesta l’indagine calligrafica sulla firma di Stolfi

Antonio Fabbri

 

Due testimoni e due periti di parte ascoltati nell’udienza di ieri mattina del processo sulla tangentopoli sammarinese-conto Mazzini. Non si sono presentati gli altri testi. Il processo si è aperto con l’esame del commercialista Franco Botteghi, indotto dalla difesa di Giuseppe Roberti. E’ stato l’avvocato Rossano Fabbri a illustrare le ragioni della richiesta del testimone, ammesso dal giudice Gilberto Felici. E’ emerso così che Botteghi era stato contattato da Bruscoli, nel 2011, per rilevare le quote di Roberti, il 5% di Bcs, che non era più “gradito” tra i soci. E’ emerso anche che per quell’operazione Botteghi ha sporto denuncia nei confronti di Roberti e Gianluca Bruscoli, anche quest’ultimo tra gli imputati, ritenendo di essere stato truffato proprio per la vicenda delle quote rilevate. Nei confronti di Roberti il procedimento è stato archiviato per prescrizione, mentre per Bruscoli, pure per lui in parte archiviato, è ancora aperta l’indagine per altre ipotesi di reato. 

L’estromissione di roberti da Bcs “Ho iniziato un rapporto con Roberti nel 2010-2011 – ha riferito Botteghi rispondendo alle domande del giudice – All’epoca mi risulta che fosse consigliere della Bcs nonché un socio. Fu un rapporto professionale perché finalizzato alla vendita di una finanziaria, che inizialmente si chiamava Finindustria finanza e imprese e in seguito Servizi fiduciari. Parlammo della fiduciaria in settembre-ottobre del 2010. Sia Roberti che Bruscoli parlavano a nome della Bcs che era l’acquirente. Mi dissero che intendevano acquisire la finanziaria per sostituire Finproject che aveva dei problemi. Ci fu poi l’ispezione di Bcsm e la cessione della finanziaria non andò avanti. Anzi, Bruscoli mi invitò ad acquistare le quote di Roberti. ‘Abbiamo bisogno di farlo uscire dalla compagine sociale’, mi disse, ‘perché questa persona ci sta creando imbarazzo e sta minacciando di tirare fuori delle carte compromettenti e ci sta creano problemi’, motivò”.

Botteghi ha riferito che il problema era stato sollevato da Gumina -allora membro della vigilanza di Bcsm oggi deceduto- poi riportato, sulla base degli incontri avuti con Banca centrale, anche dai Segretari di Stato Claudio Podeschi e Antonella Mularoni.

“Avevo fatto un compromesso di acquisto di quelle quote che sarebbe stato finalizzato se non ci fossero stati problemi tecnici o sanzionatori per la banca. Bruscoli aveva intanto acquistato le quote detenute dalla Trecentouno per una piccola percentuale e l’altra altra parte percentuale era stata acquisita da Edoardo Cignoli, che acquistava sempre per conto di Bruscoli. Piccole percentuali per non arrivare al 5% in un’unica soluzione, altrimenti sarebbe stata necessria dell’autorizzazione di Bcsm”. “Ma perché ha querelato Bruscoli e Roberti e perché ritiene di essere stati truffato?”, ha chiesto il giudice Felici.

“Quel compromesso sono stato forzato a farlo – ha detto Botteghi – Bruscoli mi disse: ‘se non mi aiuti a mettere a posto la situazione di Roberti con la sua estromissione, non acquisisco la finanziaria’. Accese Bruscoli un finanziamento a mio nome, con il quale lo stesso Bruscoli prese le quote di Roberti. Poi, però, Bcs chiedeva la restituzione a me e, adesso, me lo chiede Asset Sg. Per questo, ritenendo di essere stato truffato, ho sporto denuncia”, ha detto Botteghi.

“Coma era sentita da Roberti questa estromissione?” ha chiesto allora l’avvocato Rossano Fabbri. “Dai discorsi sentiti sia da Roberti che da Bruscoli, inizialmente l’ha subita, si era lamentato di essere stato abbandonato dagli amici, tradito e si lamentava che avrebbero voluto rubargli la banca. Poi, in un secondo momento, voleva a tutti costi uscire, vendere le quote e rientrare in possesso dei suoi soldi”. “Perché si è sentito truffato?”, ha chiesto di nuovo l’avvocato di parte civile per l’Eccellentissima Camera, Antonella Monteleone.

“Perché ho avuto l’impressione che tutto quello che mi è stato raccontato fosse finalizzato a quel finanziamento”, è stata la risposta di Botteghi.

Quindi le domande dell’avvocato di Bruscoli, Maria Antonietta Pari: “E’ vero che lei ha chiesto più volte a Bruscoli di firmare dichiarazioni in merito a questa vicenda, quando Asset chiedeva rientro del finanziamento?

“Quel finanziamento non era per finanziare me, per questo ho chiesto una dichiarazione in questo senso. Bruscoli me l’ha data due anni dopo”, ha risposto Botteghi. “Chi gliel’ha consegnata questa dichiarazione?” ha incalzato l’avvocato Pari. “Due persone che l’hanno ricevuta da Bruscoli: Calidoro e Negroni”.

“Ha riconosciuto che riporta la data del giorno del pestaggio di Bruscoli a Pesaro?”, ha chiesto l’avvocato Pari. “No, non lo so”, ha risposto Botteghi.

L’episodio cui si è riferita l’avvocato Pari è quello del pestaggio ai danni di Gianluca Bruscoli nell’ottobre del 2014, quando le indagini sulla vicenda oggi a giudizio erano in pieno corso.

Poi l’avvocato di Roberti, Rossano Fabbri, ha insistito: “Fu sotto spinta dell’imputato Podeschi e del Segretario di Stato Antonella Mularoni che ci fu la richiesta della fuoriuscita di Roberti dalla banca per salvarla?” “Questa – ha risposto Botteghi – è una cosa che è venuta fuori dopo, quando Carrirolo venne nel mio studio e mi raccontò tutta questa storia”. Ha allora chiesto il giudice: “Ma lei dava credito a questo personaggio?”

“Lui spendeva il nome di Bruscoli e io lo ascoltavo”, è stata la risposta.

Poi l’avvocato Fabbri ha richiamato il video di Carrirolo, il personaggio sedicente vicino ai servizi segreti i cui video carpiti sono entrasti in più di una vicenda giudiziaria. Sottolineato il fatto che, nel video, fosse Botteghi a raccontare l’intervento degli esponenti politici. “Evidentemente sono cose di cui sono venuto a conoscenza dopo – ha spiegato Botteghi – Dopo tutti questi avvenimenti – ha aggiunto – hanno addossato la responsabilità a dei politici, che era un po’ l’affermazione che aveva fatto in maniera generica Roberti nel momento in cui era stata commissariata la banca”. Roberti che, ha detto Botteghi, “non ho più visto a San Marino dal 2011”.

Il valore degli uffici al Wtc Ascoltato poi l’agente del nucleo antifrode, Renzo Bollini, sulle indagini relative ai costi al metro quadro degli immobili, in particolare gli uffici del Wtc. All’epoca delle indagini, per la vicenda dell’ufficio finito a Pier Marino Menicucci, venne fatta una richiesta a tre agenzie immobiliari per stimare il valore medio al metro quadro, stimato nel 2013 in 3000 euro.

Uno degli agenti immobiliari che erano stati interpellati, Sara Toccaceli, ha deposto a sua volta ieri ed ha rettificato che quello specifico ufficio, visto il posizionamento e la distribuzione della metratura, avrebbe avuto un valore inferiore, nel 2013, pari a 2650 euro al metro quadro.

Firma Stolfi, contestata la perizia grafologica Sentito infine il perito grafologo di parte incaricato dalla difesa di Fiorenzo Stolfi. Esaminato dall’avvocato Simone Menghini il perito Ambra Draghetti ha contestato la metodologia usata dal perito d’ufficio, il professor Cristofanelli. Contestato in particolare il fatto che il perito non abbia proceduto al “saggio grafico”, la firma, cioè, fatta fare all’interessato alla presenza del consulente tecnico. Il professor Cristofanelli aveva affermato in udienza che non era stato necessario vista la cospicua quantità di firme a disposizione per la comparazione. “Il saggio grafico era fondamentale”, ha detto invece il perito di parte Ambra Draghetti. Oggi nuova udienza.

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