San Marino. Cimiteri, Giuliano Giardi: “nei nostri cimiteri preziose pagine della storia del nostro paese che vanno preservate”

San Marino. Cimiteri, Giuliano Giardi: “nei nostri cimiteri preziose pagine della storia del nostro paese che vanno preservate”

Riceviamo e Pubblichiamo una riflessione di Giuliano Giardi sulla recente legge di polizia mortuaria e sui cimiteri.

“La penuria di disponibilità di spazi nei cimiteri della Repubblica è un problema secolare e, come nei tempi passati, si cerca sempre di risolverlo quando è tardi e le necessità sono pressanti. L’applicazione del decreto delegato n°139 del 2022 inerente la polizia mortuaria mi induce ad esprimere alcune riflessioni su questo delicato argomento.

Già nel XIX secolo, quando le inumazioni erano ancora effettuate nelle chiese, la Legge di Saint Cloud del 1804, estesa dai francesi al regno d’Italia, già imponeva di disporre le tombe fuori delle città in luoghi soleggiati e arieggiati, ma a San Marino, sino agli inizi del ‘900, proseguirono le inumazioni nelle chiese anche nella convinzione, per i credenti, che la vicinanza della salma al corpo di un santo o di una sua reliquia, procurasse vantaggi all’anima del defunto nella sua vita ultraterrena. Nel 1822 si riferisce in Consiglio che nel cimitero della Pieve rimangono insepolte le ossa dei defonti Concittadini in maniera che si sono vedute frequentemente trasportate altrove dai cani e, sembra, che alcune salme fossero anche state deposte nella rupe. Nel corso dell’epidemia di colera del 1855, che causò duecento morti in due mesi su una popolazione di settemila abitanti, si dovette ricorrere anche ad urgenti inumazioni improvvisate a Murata, non essendoci più posto nelle chiese. A Serravalle si accorsero che il luogo scelto per il cimitero era di poco a monte di sorgenti di acqua potabile. Nel 1907 fece scandalo l’episodio accaduto nella chiesa dei Cappuccini in Città quando, una notte, alcuni cittadini, allarmati dalle fiamme che erano sorte dietro il convento, constatarono che i frati, di loro iniziativa, senza autorizzazioni, non avendo più posto, stavano bruciando furtivamente le bare che, dall’intenso e caratteristico odore che si diffondeva, contenevano ancora resti umani. Solo il 21 gennaio 1910 ci fu l’obbligo di procedere all’inumazione dei cadaveri esclusivamente nei cimiteri con proibizione nelle chiese, oratori o altri luoghi.

Ora, con alcuni cimiteri giunti al limite della loro capienza, il problema si ripropone. Ritengo utile quindi annotare alcune mie riflessioni perché, nel leggere le disposizioni legislative, si rileva la possibilità che, col trascorrere del tempo, molte tombe vengano cancellate con la scomparsa del ricordo del defunto. E’ stato salvato a Montalbo solo il settore storico con le inumazioni nella cripta sotterranea.

Sono dell’opinione che nei nostri cimiteri ci siano preziose pagine della storia del nostro paese che sono una memoria di tanti fatti, ogni tomba può evocare ricordi; cancellarla li fa scomparire. Ho le mie radici nel cimitero di Montalbo e, ogni volta che mi aggiro fra quei sepolcri, una marea di ricordi mi invade. Passo davanti alla tomba di Francesco Balsimelli e tornano alla mente le vicende di San Marino nei tempestosi anni della guerra quando il Professore guidò il paese risolvendone tanti problemi e ricordo il felice periodo del Liceo quando ne era preside. La tomba di Marino Fattori, Colonnello Medico della MVSN fa ricordare che, militando nella Repubblica Sociale, fu fucilato a Sondrio dai partigiani nel 1945 come suo figlio, ucciso anch’egli dai partigiani in uno scontro presso Faenza. Vedo la tomba del dott. Tommaso Ventola che fra ‘800 e ‘900 curò tanti sammarinesi, anche se qualcuno scherzosamente lo chiamava sgombralet. Questi e centinaia e centinaia di altre lapidi ricordano innumerevoli vicende di nostri concittadini, siano esse meritevoli ma anche disdicevoli, ma tutte meritorie di essere conservate: vedo tanti miei amici, tanti pazienti e ricordo le malattie o le vicende che ne hanno causato il decesso. Vedo tombe di conoscenti dei quali avevo ignorato la morte, e sono una spiacevole sorpresa. Una anziana signora, in vita, aveva espresso il desiderio che alla sua morte le fosse rimosso il pacemaker, nel terrore che, continuando a funzionare, la facesse risvegliare nella bara. Dopo il decesso avevo provveduto ad esaudire la sua volontà e ricordo sempre questo fatto quando vedo la sua lapide. Vi sono tombe anche di assassini e delinquenti: tutte vanno ricordate, ma ora c’é il rischio che molte di esse vengano cancellate. Un detto africano recita: quando muore un anziano è come se bruciasse una biblioteca, ed i cimiteri sono una biblioteca mentre ogni tomba è la pagina di un libro. Eliminandola si strappa inesorabilmente quella pagina che viene dimenticata. Si seguono così le orme di coloro che hanno distrutto la vecchia Pieve romanica lasciandoci quella che abbiamo tuttora, di coloro che hanno distrutto il vecchio Palazzo del Governo, di chi ha saccheggiato il santuario della Tanaccia, disperso il Tesoro di Domagnano, venduto l’armatura di Giovanni Battista Belluzzi, distrutta la ferrovia e purtroppo vi sono ancora tanti altri esempi.

Sono conscio della necessità di risolvere il problema della carenza di loculi, ma non sono un tecnico che può risolvere la problematica. Utile, come rilevato, è l’incentivare le cremazioni, nel rispetto della volontà del defunto e dei parenti; il poco spazio occupato dall’urna risolverebbe in parte il problema. Non è necessario poi che dietro la lapide, dopo un lasso di tempo più o meno lungo, vi sia una salma. Si potrebbe lasciare un cenotafio con una lapide, con poco ingombro, più piccola ma che lasci il ricordo della persona con foto e dati anagrafici e, sicuramente, altre soluzioni sono possibili come il reperire altre aree. Salvaguardare la memoria del paese è fondamentale in una Repubblica che ha la memoria molto corta e magari soffre anche di amnesie.

Giardi Giuliano “

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