San Marino. Colpo di Stato: l’odg del plenario fece crollare il teorema dell’opposizione

San Marino. Colpo di Stato: l’odg del plenario fece crollare il teorema dell’opposizione

L’informazione di San Marino

Nonostante questo è proseguito l’atteggiamento refrattario ai principi democratici, distorcendo la realtà e perpetrando quelle modalità da “colpo di Stato” di cui la minoranza accusa gli altri

Dall’opposizione che sostiene il teorema del “colpo di Stato”, che per contro essa stessa ha messo in piedi nei termini con cui accusa gli altri e con l’evidente intento di ribaltare l’esito delle urne del dicembre 2016, non viene mai citato l’ordine del giorno approvato dal Consiglio giudiziario plenario, con la stragrande maggioranza dei magistrati favorevoli, con il quale è stato revocato l’incarico all’allora Magistrato dirigente Valeria Pierfelici 

L’Ordine del giorno è esplicativo dei motivi per i quali gli stessi che avevano conferito l’incarico, hanno deciso di revocarlo. Motivi riconducibili a quanto accaduto nelle Commissioni affari di giustizia i cui verbali si volevano tenere nascosti. L’ordine del giorno stilato dai magistrati e portato all’approvazione nel Plenario è molto esplicativo di quali fossero i motivi che hanno portato alla revoca del magistrato dirigente dell’epoca.

Su questi l’opposizione ha sempre taciuto e ha voluto chiudere gli occhi continuando ad accusare non solo la maggioranza, ma anche quegli stessi magistrati di essere dei “golpisti”, proseguendo con pervicacia in un disegno di discredito delle istituzioni senza precedenti nella  storia della Repubblica. E’ dunque la becera campagna della minoranza che ha gettato discredito sulle istituzioni, propalando informazioni distorte finalizzate alla spallata al governo e alla maggioranza. Minoranza che persegue ancora lo scopo di fare fuori chi è ritenuto un avversario e un ostacolo scomodo, arrivando a ledere persino il diritto di informazione e di critica.

A coronamento di questo disegno c’è persino il referendum sulla legge elettorale e la proposta di modifica presentata come volontà di confronto per evitare la consultazione referendaria. In realtà si tratta di un quesito e di una proposta di legge fregatura per i cittadini. L’evidente intento, impaludato in mille spiegazioni atte ad annebbiare ciò che invece è chiaro, è quello di togliere agli elettori la possibilità di scegliere da chi essere governati, sottraendo valore al proprio voto che viene ridotto ad una parvenza di consultazione democratica, ma subito dopo scavalcato dai ballottini post-elettorali per formare un governo che decideranno i partiti, se dovesse passare quel provvedimento.

D’altra parte l’ostilità al valore della democrazia si è manifestata da parte delle opposizioni, anche nel non riconoscere il voto ad ampia maggioranza negli organismi, come il Consiglio giudiziario appunto, o nel non aver mai voluto legittimare politicamente l’esito delle urne del dicembre 2016, messo in discussione in più di una occasione da interventi pubblici e in consiglio, da ricorsi amministrativi, bocciati, da ricorsi al Collegio dei garanti, bocciati, e da continue denunce strumentali.

Una condotta istituzionale deprecabile, così ben inquadrata in una frase del Collegio garante di costituzionalità delle norme laddove ha stigmatizzato l’opposizione per un “atteggiamento sostanzialmente lesivo del buon funzionamento della vita costituzionale del Paese”.

 

 

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