San Marino. Come si cambia: Matteo Zeppa dalla trasparenza alla riservatezza

San Marino. Come si cambia: Matteo Zeppa dalla trasparenza alla riservatezza

Mister preferenza, ieri era per la trasparenza su tutto. Oggi vuole la riservatezza, insulta i giornalisti e impedisce pure le riprese all’inizio delle sedute che presiede

Antonio Fabbri

Venti minuti di parole vuote, salvo il passaggio su “La guerra di Piero”, ma non sono parole sue, è il citazionismo di prammatica che passa come il tentativo di celare vuoti di pensiero. Nell’intervento di mister preferenza Gian Matteo Zeppa, pure presidente della Commissione affari di giustizia, c’è però tutta la scarsa competenza in ambito normativo e tutta l’arroganza di chi dice “io sono per il dialogo, poi ho le mie idee e da quelle non mi muovo, ma sono per il dialogo”. Una contraddizione in termini evidente, della quale probabilmente neppure si accorge, dato che ogni tanto lo ripete. Con un tono grezzamente pacato, poi, biasima chi non partecipa alle convocazioni, anche per fare mancare il numero legale, venendo meno al suo attuale e retorico faro: il rispetto delle istituzioni. 

Questa è la nuova strategia politica – rimbrotta lo Zeppa uomo di Stato – si ammette candidamente in conferenza stampa: non veniamo perché non vogliamo garantire il numero legale. Mi hanno sempre insegnato che quando uno deve metterci la faccia, quando si deve difendere, o semplicemente dialogare, lo si fa in quei contesti”. Glielo avranno sempre insegnato, ma non deve averlo imparato, o comunque lo pratica quando gli fa comodo. Infatti quando era Rete che disertava le sedute del Consiglio, andava bene. Insomma, un predicozzo che arrivando da mister preferenza suona come una presa in giro.

Basti ricordare quando lui e i colleghi di Rete uscivano dall’aula o dichiaravano in conferenza stampa che non avrebbero partecipato alle sedute per non mischiarsi a coloro che adottavano decisioni che ritenevano di non condividere; o quando si dimettevano e poi ritiravano le dimissioni. Oppure quando, tra quelli dell’ex opposizione oggi maggioranza, c’era chi si nascondeva nelle salette di Palazzo pubblico per fare mancare il numero legale per l’inizio della seduta e farla cominciare in ritardo. Quella non era mancanza di rispetto verso la Reggenza, alla quale oggi esprime solidarietà. Eppure prima se ne fregava bellamente della Suprema magistratura quando i suoi andavano a tirare per la giacchetta, per fare un esempio, la Reggenza ZavoliD’Ambrosio. Oppure quando qualcuno dei suoi insultava colleghi davanti ai Capi di Stato e usciva sbattendo la porta dall’Ufficio di presidenza. Lì, di solidarietà alla Reggenza non se ne è sentita neanche mezza da parte di mister preferenza. Non l’ha espressa la solidarietà neppure quando, sempre per questioni di giustizia, c’è stato chi è andato a minacciare la Reggenza dichiarando testualmente guerra – quella che divampa oggi – se avesse preso certe decisioni. Ma forse di questo non se ne è accorto nella scorsa legislatura, affaccendato com’era a smentire che Rete si sarebbe alleata con la Dc. Poi si è visto come è andata.

Adesso si scandalizza ed esprime solidarietà ai Capi di Stato perché c’è chi rivendica diritti e principi fondamentali. Azioni che fa passare come “attacchi alle loro Eccellenze”. La cosa più risibile è quando insulta i giornalisti che fanno il loro lavoro, se la prende con le fughe di notizie e invoca segreto e riservatezza. Anche dove non c’è.

Lui, che dichiarò che sarebbe entrato in Consiglio per fare conoscere tutto: trasparenza su ogni atto, su ogni riunione, spifferando anche le sedute segrete. E lo fece. Oggi, per dire la coerenza, si vanta pure di impedire alla Rtv di fare le riprese prima che inizino la sedute che presiede. Allora, direbbe Zeppa col suo stereotipato intercalare di frasi fatte, “di cosa stiamo parlando?”

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