San Marino. Consiglio Grande e Generale, 14 Aprile, seduta mattutina. Agenzia Dire

San Marino. Consiglio Grande e Generale, 14 Aprile, seduta mattutina. Agenzia Dire

CONSIGLIO GRANDE E GENERALE 10-17 aprile

LUNEDI’ 14 aprile – MATTINA

I lavori del Consiglio grande e generale riprendono dalla prima lettura del progetto di legge “Legge Quadro sulla istruzione universitaria e le istituzioni di cultura superiore”. Terminate le letture delle relazioni di maggioranza e minoranza, scatta il dibattito che registra altri 21 iscritti a prendere parola tra consiglieri e il segretario di Stato competente, Giuseppe Maria Morganti. Concluso il dibattito e le repliche, è iniziato l’esame dell’articolato che proseguirà nel pomeriggio.

Di seguito un riassunto degli interventi della prima parte dei lavori consiliari odierni.

Progetto di legge “Legge Quadro sulla istruzione universitaria e le istituzioni di cultura superiore”

Mariella Mularoni, Pdcs, relatore di maggioranza: “La proposta di legge nasce dalla consapevolezza che la legge istitutiva della nostra Università, che risale al 1985, non è più rispondente alle esigenze del momento e necessita una revisione della struttura per garantire non solo maggiore funzionalità ed economicità, nell’ottica della razionalizzazione dei costi, ma anche per diventare più attrattiva, puntando sulla qualità delle prestazioni didattiche, attraverso una selezione più oculata del corpo docente e dei servizi erogati agli studenti. Inoltre, a 20 anni dal primo dottorato, è necessario effettuare una riflessione approfondita sul ruolo che la nostra università deve assumere per lo sviluppo futuro di San Marino, sulle ricadute sul territorio e sulla crescita culturale ed economica del paese. (…) La struttura di governance proposta prevede organi di governo, Rettore, Senato Accademico, Consiglio dell’Università, cui sono attribuiti i poteri decisionali di carattere strategico e una struttura amministrativa cui è demandata l’attuazione delle decisioni. (..) Al fine di rendere concreta la separazione delle funzioni di governo amministrativo e gestione amministrativa la legge introduce la nuova figura di direttore generale. Egli rappresenta il vertice dell’apparato tecnico-amministrativo e costituisce l’anello di congiunzione tra gli organi di governo e la struttura amministrativa. Ha la responsabilità dell’attuazione delle decisioni assunte dagli organi di governo utilizzando correttamente le risorse umane e materiali.

Struttura organizzativa: la legge introduce alcune significative novità nella struttura organizzativa dell’Ateneo, in particolare, la riduzione del numero di dipendenti e l’accentramento di molte funzioni tecnico-amministrative nei così detti centri di servizio (…). Internazionalizzazione: questa legge è studiata nell’ottica di dare una maggiore internazionalizzazione dell’Università, perché oggi non è più sufficiente rapportarsi solamente con l’Italia, ma c’è l’esigenza di un raccordo anche con università straniere in tema di corsi di laurea, ricerca, scambio di studenti e insegnanti. Per questi motivi le principali figure di responsabilità della struttura tecnico-amministrativa dell’Ateneo, introdotte dalla legge, devono avere padronanza della lingua inglese. L’internazionalizzazione sarebbe raggiunta aderendo al processo di integrazione dei sistemi di alta formazione (Ehea) promosso dal Consiglio d’Europa, la Convenzione di Lisbona del 1997 a cui è seguito il processo di Bologna finalizzato alla costituzione di uno Spazio europeo per l’Istruzione superiore. (…) L’approvazione della legge di riforma dell’Università di San Marino rappresenta un’occasione quanto mai opportuna, per ripensarne l’identità propria e per ricalibrare i suoi modi di intervento nella realtà locale, attraverso il Patto territoriale, affinché non rimanga un corpo estraneo all’ambiente in cui opera e possa avere delle ricadute economiche a vantaggio della nostra collettività”.

Francesca Michelotti, Su, relatore di minoranza: “(…) L’esame del progetto di legge quadro sulla istruzione universitaria in sede di commissione permanente è stato vivacizzato dalla presentazione di un cospicuo numero di emendamenti provenienti sia dalla forze di opposizione che da quelle di maggioranza, circostanza che sta diventando consuetudine in questa legislatura caratterizzata da un alto grado di conflittualità tra gli alleati al governo del Paese. Il segretario di Stato ha mostrato grande disponibilità a esaminare le proposte di emendamento, mosso dal desiderio di apportare migliorie a un testo profondamente modificato rispetto alla bozza originaria presentata in prima lettura. Il testo infatti nelle settimane precedenti all’esame in Commissione è stato ampiamente dibattuto all’interno della maggioranza e in ripetuti incontri con le forze di opposizione, raggiungendo una formulazione migliorata e più chiara che, tuttavia, non ha riscontrato la totale adesione della minoranza. Su molti temi si è registrata una significativa convergenza delle forze politiche, come l’internazionalizzazione, l’assicurazione della qualità, soprattutto i contenuti etici e i principi di trasparenza, valorizzazione del merito, lotta agli abusi e alle discrezionalità. (…) La legge quadro dovrebbe fissare i principi generale, vincoli e limiti entro i quali l’Università, almeno nelle intenzioni, possa sviluppare le prerogative della propria autonomia, Diciamo dovrebbe con una certa amarezza perché di fatto il vulnus più macroscopico che rileviamo è proprio sul fronte dell’autonomia. (…) Purtroppo sono stati respinti gli emendamenti dell’opposizione che si prefiggevano di disegnare più plasticamente l’autogoverno dell’Università proponendo che Statuto e codice etico potessero acquisire forza di legge con semplice presa d’atto del Consiglio. E’ stato confermato invece lo strumento del decreto delegato che lascerà alla politica l’ultima parola. Il testo licenziato in commissione manifesta un quid di incoerenza con i principi autonomistici posti a garanzia dello sviluppo della nostra università. (…) Il potere resta saldamente in mano alla politica. La nomina del Rettore (art.12) spetta al Consiglio su proposta del Senato accademico, contraddicendo a una prassi invalsa nelle altre università dove di regolala scelta del Rettore è frutto di elezioni interne al corpo accademico. (…) Il testo normativo risulta con questa legge certamente migliorato e migliorabile, ma non scommette sull’università, mosso più a reprimere e correggere le pecche che a liberarne il potenziale. L’errore più vistoso resta la sottovalutazione della sua autonomia, precondizione e fattore propulsivo per un modello avanzato si sviluppo socioeconomico e come catalizzatore culturale del contesto di riferimento”.

Giuseppe Maria Morganti, segretario di Stato per la Pubblica istruzione: “Già le due relazioni sono scese nel dettaglio del progetto di legge. Preciso che ci sono ancora possibilità di miglioramento, ma è stata trascurata tutta la fase di costruzione avvenuta passo dopo passo con tutte le forze politiche e gli organi interessati. L’università diventa motore dello sviluppo culturale ed economico. Questo è il grande obiettivo.  Fare un’università di territorio. Questa legge istituisce il senato accademico, abbiamo agito sull’autonomia scientifica. Servono ricadute sulla formazione e sulla generazione d’imprese. e chi meglio dell’università può brevettare nuove tecnologie e nuovi processi? Pensiamo anche a una patrimonializzazione dell’ateneo in modo che possa autofinanziarsi. Capisco le preoccupazioni, ma l’università deve diventare motore anche del suo sviluppo. Non abbiamo dimenticato anche le problematiche di risparmio, c’è stata una forte razionalizzazione; i dipartimento passeranno da sei a tre, con una struttura interessante: un dipartimento scientifico, uno umanistico e uno dedicato al nostro Paese. Attraverso i centri di servizio si sviluppano tutte le caratteristiche delle università moderne: la socializzazione delle esperienze; l’orientamento in ingresso e uscita; i servizi per gli studenti; i rapporti internazionali, che sono fondamentali. Promozione della stabilità., lotta alla corruzione, codice etico sono altri aspetti del progetto di legge. C’è un intervento forte sulla governance, c’era una commistione di poteri amministrativi e scientifici che ha creato piccole, grandi incongruenze. Il Consiglio di università e il Senato accademico saranno i motori del novo ateneo. Il rettore è la figura di collegamento assieme al nuovo direttore generale. L’organizzazione è in linea con la Magna charta universitaria. C’è un corpo accademico flessibile, non ci sono docenze strutturate.

Abbiamo una sola possibilità e ce la dobbiamo giocare bene. Il rapporto con la politica non può venire meno. Senza questo legame non avremmo potuto oggi modificare la struttura dell’ateneo e andare verso la terza fase, dopo radicamento e corsi di laurea. Oggi serve un’università di territorio che ne aiuti lo sviluppo. E il collegamento, molto più democratico di prima, con la politica deve rimanere. L’equilibrio tra controllo della politica e autonomia dell’università c’è”.

Gian Nicola Berti, Ns: “C’è stato un approfondito confronto e il progetto di legge merita soddisfazione da parte di tutti. Persegue gli obiettivi di indipendenza scientifica e da certi settori. C’è poi l’aspetto amministrativo, dove la politica ha mantenuto degli elementi di influenza su certe scelte. Ho ricevuto delle intimidazioni durante la commissione da parte di una persona al seguito del segretario di Stato. E’ stato molto antipatico. E non è stata l’unica volta. Non credo di dovermi scusare per avere presentato degli emendamenti. Il pluralismo, anche in maggioranza, va tenuto. Questi fatto confermano che dobbiamo sempre andare verso il bando pubblico, per evitare che vincano delle logiche egoistiche”.

Simone Celli, Ps: “E’ una legge carica di significato, un passaggio politico e istituzionale importante. Tutti i gruppi sono convinti che il ruolo dell’università dal punto di vista del rilancio economico e culturale sia strategico. Il metodo che ha caratterizzato l’iter di questa normativa ha previsto un ampio coinvolgimento e ha permesso di migliorare il testo. Le posizioni espresse nella relazione di minoranza sono assolutamente condivisibili. Questa riforma è un passo in avanti che proietta il nostro ateneo verso le sfide della globalizzazione. Le criticità esposte sono condivise dal Ps e ci auguriamo che durante il dibattito ci sia la disponibilità del governo a prendere in considerazione ulteriori miglioramenti. Si poteva e doveva osare di più per proiettarsi verso l’internazionalizzazione che è la grande sfida per la classe politica. La nostra università può diventare un punto di riferimento per altre realtà accademiche: l’internazionalizzazione è un passo fondamentale”.

Michele Muratori, Psd: “Si dà dignità a una realtà che può essere il volano per il rilancio dell’economia. Molti emendamenti dell’opposizione sono stati accettati. Si riconosce l’istruzione come elemento fondante per la qualificazione delle risorse umane. Occorre considerare ricerca e innovazione i principali motori della crescita. La ricchezza di una nazione va misurata sulla condivisione della conoscenza e sulla capacità di evolversi e rinnovare. L’attuale legge non corrisponde più alle esigenze dell’ateneo. Occorre dare più autonomia e una struttura moderna”.

Giardi William, Upr: “La legge che andiamo ad esaminare rappresenta qualcosa di migliorativo rispetto quanto precedentemente in essere, condivido le parole del segretario quando dice che la democrazia interna all’università si amplierà moltissimo. Devo però rilevare alcuni vulnus che riguardano tre aspetti fondamentali: autonomia, eccellenza e ambizione, quest’ultima va intesa come spinta motivazionale. L’autonomia deve essere sia culturale che economica. Penso che efficacia ed efficienza del senato accademico si traducano nella possibilità di nominare un Rettore, pur rendendomi conto che l’Università possa rappresentare, nella nostra piccola realtà, un centro di potere. Dalla legge traspare dunque la volontà di mantenere in mano la situazione. Riguardo all’eccellenza, la si può ottenere nella qualità dei corsi, dei docenti. Ora mi sembra che ci sia più un’attenzione alla formazione, fondamentale senz’altro, a discapito però della tecnologia, inoltre se non riusciamo a capire che i futuri analfabeti tra 10 anni saranno quelli che non conoscono l’inglese, e non si inizia a pensare a un ateneo bilingue, non potremo preparare i nostri studenti per le sfide del futuro. Tutto questo deve esser fatto in assoluto equilibrio finanziario. Non vorrei infatti che, per portare avanti una struttura necessaria e di prestigio, si vada però a discapito di altri aspetti legati a proposta formativa delle scuole medie o elementari sammarinesi”.

Franco Santi, C10: “L’università è centrale per dare un futuro a questo Paese, a partire da questa consapevolezza, crediamo nello sforzo fatto per arrivare alla formulazione del testo che andremo ad analizzare nel dettaglio. C’è stato un percorso di cui ringrazio il segretario di Stato perché ha dato il giusto peso a questo passaggio. E’ importante aprire la nostra università al mondo, in questo modo diventerà un elemento attrattivo di eccellenze accademiche e di persone in grado di cogliere la nostra peculiarità di piccolo Stato e di democrazia di lunga tradizione. C’è un aspetto legato alla fase transitoria, ovvero fino a quando prenderanno pieno potere gli organismi dell’università, in primis il senato accademico. La norma transitoria è il banco di prova tra due esigenze, l’autonomia e l’esigenza delle istituzioni di guidare questo percorso. Un’ università in grado di esprimere questi valori sicuramente potrà aspirare a raggiungere in breve tempo anche un’autonomia finanziaria, ma come Paese dobbiamo continuare a credere in questa istituzione e sostenerla per raggiungere questo obiettivo”.

Mariella Mularoni, Pdcs: “Questo progetto di legge é il primo tentativo organico di affrontare le urgenze del sistema universitario, introduce elementi di novità che consentiranno all’Ateneo di essere motore per lo sviluppo di San Marino. Si è voluti andare a ridurre il numero di dipartimenti per perseguire obiettivi di efficienza. Cosa rende veramente attrattiva una piccola università? La qualità delle prestazioni didattiche. Il suo rilancio dovrà quindi puntare sulla qualità del servizio, sulla ricerca e sulla nascita del parco scientifico e tecnologico. Il progetto di legge tiene conto dell’esigenza di un rapporto stretto tra università, imprese e territorio, auspico che una gestione attenta del patto territoriale possa avere ricadute economiche positive sul Paese”.

Roberto Ciavatta, Rete: “Mi pare evidente che ci si trovi di fronte a due scuole di pensiero differenti. L’obiettivo, condiviso da tutti, è quello di rendere l’Università il più possibile autonoma e sufficiente ma le strade da percorrere secondo i vari gruppi politici sono differenti. Per Rete una delle problematicità è la configurazione del Consiglio d’Università all’interno del quale c’è solo un professore (designato dal Senato Accademico). E’ indispensabile che un’Università per poter dare il meglio di se stessa possa contare su una totale autonomia mentre in questa norma ritengo che manchi autonomia. C’è evidentemente paura che qualcosa sfugga di mano. In questa riforma ma anche in altre si nota la volontà della politica di non garantire la piena autonomia. Garantire una formulazione interna al Senato Accademico che tenga conto dei risultati dei singoli dipartimenti e che non sia decisa dalla politica per far si che nostra Università si concorrenziale ed anzi persino superiore alle Università che ci circondano. Dobbiamo garantire un percorso d’eccellenza”.

Denise Bronzetti, Indipendente: “Dobbiamo puntare sulla qualità didattica e della ricerca ed anche sull’internazionalizzazione. Credo che il nostro Paese dovrebbe creare un sistema che giri intorno allo studente: dall’accoglienza, ai servizi a lui rivolti. Serve un sistema Paese capace di evolvere e cambiare insieme all’Università che non deve essere ‘un uomo solo’ al potere. Serve un sistema di reclutamento chiaro, preciso che punti sull’eccellenza e sulle capacità che devono essere trasferite agli studenti ed agli utenti. Puntare su cultura e su un maggiore coinvolgimento di quelle che sono le eccellenze in campo universitario e della ricerca, soprattutto in tempo di crisi, può aiutare tanto il nostro Paese”.

Alessandro Mancini, Ps: “Era necessario intervenire per riformare una Legge che risaliva a 20 anni fa. La vera sfida della nostra Università è quella di cogliere quello che attualmente non c’è nel mercato. Soddisfatto per l’introduzione del Senato Accademico: credo sia uno degli elementi più qualificanti di questa Legge. Dovremo andare a colmare quelle lacune formative che non sono presenti neppure nel circondario creando eccellenze a San Marino. Voglio rimarcare l’atteggiamento positivo del governo. Il nostro voto di astensione in Commissione sostanzialmente dimostra che condividiamo l’impianto generale della normativa. Ci sono tante buone volontà in campo e dunque il mio impegno sarà per contribuire al dibattito in modo da migliorare il testo legislativo ma anche quello di tenere monitorati gli effetti della riforma”.

Massimo Cenci. Ns: “Università e crescita paese, questi sono gli elementi che si sono sottolineati negli interventi precedenti e sono d’accordo, l’Università è un elemento strategico fondamentale per la crescita del territorio. Nelle relazioni di maggioranza e di minoranza, in entrambe, ho trovato validi elementi di spunto. L’università non ha mai fatto il salto di qualità che ci aspettavamo e che era lecito richiedere. Il limite nella relazione di minoranza era individuato anche nella gestione occupazionale dell’amministrazione. Serve una svolta importante, a un’università piccola come la nostra servono pochi organismi ma con competenze. Mi sarebbero piaciuti quindi meno organismi, con meno persone, perché con questi non si garantisce una governance efficace. E’ poi importante che si elaborino programmi pluriennali precisi, e non semplici auspici, che contengano una chiara strategia di gestione nel medio e lungo periodo. Sulla base di questi programmi precisi annualmente si dovranno identificare gli obiettivi da raggiungere e le risorse necessarie. E gli obiettivi non dovranno essere generici e difficilmente realizzabili, ma chiari, condivisi e commisurati alle risorse messe in campo”.

Marco Podeschi, Upr: “Abbiamo una legge molto giovane, ma in seconda lettura un piccolo excursus storico va fatto. L’Università di oggi è giovane, la prima legge è del 1985, del 1988 è l’istituzione di un dipartimento studi storici e del dipartimento studi semiotici e cognitivi. Ci siamo dimenticati delle polemiche che si sono susseguite negli anni sulle spese e sugli sperperi. Dagli anni ’80 ad oggi oltre 100 mln  di euro sono stati dati dallo Stato all’Università. La mia è una cifra per difetto, nel 2014, lo stanziamento è stato pari all’1% del bilancio dello Stato. Se vengono sommati tutti gli stanziamenti, anche maggiori e le strutture date all’università, il conto è verosimile in 30 anni di attività. Certo, quando si parla di cultura, non può mai essere quantificata, ma qualche riflessione sul suo impatto economico sul bilancio va fatto. E’ inutile investire nell’università e poi andare a tassare i cittadini sammarinesi. Una parentesi sull’uscita di scena delle ex rettore Petroni. Qualche mese fa, si dimise sbattendo la porta a poche settimane dell’inaugurazione dell’anno accademico, un passaggio non elegante per un ateneo che si appresta ad andare verso una nuova fase. Quindi il Cus, rimasto nell’archeologia dell’Università, è l’esempio vivente di un organo mai utilizzato. L’Articolo 3 si parla di ente pubblico, ma si doveva fare meglio, non si capiscono i limiti dell’ente, dove inizia e finisce l’autonomia, non è chiaro”.

Maria Luisa Berti, Ns: “Nessuno mette in dubbio il concetto di università come motore di sviluppo per il Paese e che ci dovesse essere una riforma alla luce di una legge, quella del 1985, che non è più rispondente alle esigenze del momento. Il testo che andiamo ad esaminare è migliorativo, e ben focalizzato sulla necessità di una revisione della struttura per maggiore economicità e per una maggiore internazionalizzazione della struttura. E’ merito alla ratio di questa legge, anche sotto il profilo temporale. Avrei voluto però fare qualcosa di più, soprattutto nella volontà di rendere ancora più autonomo l’organismo sotto il profilo amministrativo. Condivido chi mi ha preceduto nel rimarcare che non abbiamo saputo cogliere l’opportunità di dare maggiore autonomia sotto il profilo economico all’università. Mi piace associare infatti il concetto di autonomia anche a quello della responsabilità. L’Università non deve essere un organismo lontano dagli universitari. Possiamo costruire il migliore castello universitario, ma se non abbiamo un contesto adeguato per gli universitari, questi a San Marino non vengono. E’ quindi importante lavorare anche su questo fronte e dare delle opportunità per il loro tempo libero. Avrei preferito in conclusione una struttura più snella, più autonoma e più responsabile, anche se la disciplina è sicuramente migliorativa. Esprimo al consigliere Gian Nicola Berti la mia solidarietà per il rilievo che ha ricevuto da un funzionario, quando ha provato a dare il suo contributo al testo di legge”.

Grazia Zafferani, Rete: “Confermo il clima di collaborazione che ha consentito di apportare alcune modifiche a questo progetto di Legge. Nonostante ciò, crediamo che Legge sarebbe dovuta essere più slegata sul tema della dotazione dell’organico, onde evitare sovrapposizioni degli incarichi. Purtroppo con la nuova normativa l’Università non potrà configurarsi come soggetto autonomo. Mi spiace constatare che per alcune persone la parola “concorso pubblico” sia una cosa negativa e non un valore aggiunto. Evidentemente siamo stati abituati a entrare in luoghi lavorativi non sempre per merito. Nell’articolato della Legge auspico ulteriori sviluppi positivi per migliorare questo progetto di Legge”.

Alessandro Cardelli, Pdcs: “Andando ad analizzare l’esperienza dell’Università sammarinese, la prima considerazione da fare è di tipo sociale, ovvero qual è l’impatto che l’Università ha sulla nostra cittadinanza. Io credo che i sammarinesi vivano l’Università come qualcosa di distante e non particolarmente efficace. Ha caratteristiche d’eccellenza nei suoi ambiti, ma ancora non ha servizi del tutto soddisfacenti, penso ad esempio alla battaglia che come Giovani Democristiani avevamo condotto per ampliare l’orario di apertura della biblioteca. Il problema vero di San Marino è l’eccessiva statalizzazione che abbiamo all’interno del nostro sistema universitario. Questa riforma fa grandi passi in avanti. Ad esempio, nel consiglio d’amministrazione sostituiamo 5 figure politiche nominate dal governo con un membro nominato dalla maggioranza e uno dalla minoranza, per garantire maggiore autonomia alla stessa Università.  Personalmente non vedo come soluzione negativa il fatto che a San Marino si portino le Università private estere che in Italia hanno problemi di natura fiscale e burocratica”.

Nicola Renzi, Ap: “Vorrei fare alcune considerazioni generali circa la situazione da cui siamo partiti con l’approvazione di questa legge. Bisogna creare dei sistemi e delle organizzazioni che possano avere una valutazione in ingresso e in uscita del proprio operato: i criteri di valutazione sono uno dei valori fondanti dell’attuale progetto di Legge. Tanto che ci sono articoli ad hoc che parlano dell’intero sistema di valutazione. Quando si mettono in contrapposizione studenti e studiosi non si ottiene un risultato positivo e dico questo ricollegandomi a quello che dicevo prima sul sistema di valutazione. L’Università produce studenti che hanno anche la capacità di diventare studiosi. Il prodotto della nostra Università deve avere ricadute importantissime nel nostro Paese. Prima esisteva una gestione che talvolta lasciava spazio a varie possibilità di critica e che era causata da un concetto distorto del termine “autonomia”. Io non parlerei di autonomia, ma di autonomie. Un’Università ha più autonomie: gestionale, scientifica e didattica. Non credo però che la politica debba disinteressarsi alla sua gestione. Il vaglio del Consiglio Grande e Generale é importantissimo perché rende partecipe di queste scelte tutta la politica, in modo che i cittadini sappiano dove sta andando la nostra Università. L’arruolamento dei professori è una cosa fondamentale ma io pregherei i consiglieri di non cadere nel provincialismo per cui uno studente sammarinese che ambisce a diventare professore sia da prediligere a tutti gli altri. Mai come nel campo dell’Università occorre trasparenza e meritocrazia nell’arruolamento dei professori. Servono concorsi riconosciuti e valutati positivamente in campo internazionale”.

Giovanni Lonfernini, Upr: “Il segretario ci ha detto che la nuova fase vedrà un’università integrata e come traino economico del territorio, legata al progetto di sviluppo del governo. Già questo mi fa paura. Il progetto di legge, che riteniamo comunque urgente e determinante, dovrebbe non solo rilanciare l’università ma, mi si consenta, salvarla. L’analisi che facciamo del progetto di legge, dello statuto e del codice, mette in evidenza da un lato aspetti positivi, dall’altro lo giudica un po’ troppo grigio. Dà priorità a questioni burocratico-strutturali, ma non emerge la possibilità di delineare il profilo di una nuova università, incastonata in una realtà Stato e quindi singolare, e soprattutto un’università attrattiva e in grado di distinguersi all’esterno. Si va a rimorchio, riproponendo modelli scontati, equiparati a realtà di medio livello dello standard  italiano. Quattro punti di perplessità: nel provvedimento c’è un fiorire di organi e consulte pletoriche. Il ruolo del rettore, poi, è una figura non secondaria. Abbiamo la preoccupazione che diventi un punto fermo che regni da solo e fa tutto quello che vuole. Terzo, l’inserimento di figure poco definite nei dipartimenti, quarto, c’è il rischio di intravvedere interventi di lex ad personam. Le chiedo di spiegare nella replica, quali particolarità, una volta approvato il progetto di legge, emergeranno per rendere attrattiva questa università, rispetto gli atenei circostanti. Le domando quali saranno i binari su cui si renderà attrattiva l’università di San Marino rispetto alla concorrenza esterna? Mancano poi elementi di priorità rispetto al discorso dell’eccellenza, che non può essere solo dichiarata. Vogliamo un’università generalista, mista, specialistica? Il modello di università e la sua capacità di differenziarsi sono la vera chiave di volta”.

Vladimiro Selva, Psd: “Se oggi governo e maggioranza hanno modo di rappresentare nell’organismo di amministrazione dell’Ateneo cinque figure, con questa riforma la maggioranza di fatto passa a due figure su cinque, che possono essere esperti e di fiducia, due su cinque va a dimostrare l’assoluta buona fede nel voler mantenere una forma di collegamento tra sfera amministrativa e politica. In qualche misura, con il coinvolgimento dell’opposizione, può dare indirizzo alla gestione amministrativa dell’università.

Il numero dei dipartimenti: si parlava che fossero tre. Un’idea della struttura necessaria il segretario se l’è fatta con valutazioni condivida con chi ha gestito l’istituto fino ad oggi. Penso che tre sia il numero adeguato, va detto che lo statuto può essere modificato con decreto. Il numero e le specifiche competenze non sono infatti definite nella legge, ma nello statuto modificabile per decreto, perché i cambiamenti possono essere fatti sulla base dell’evoluzione che l’ateneo avrà anche grazie a questa legge.  Va riconosciuta al segretario la sua lungimiranza, se non fosse intervenuto ora sull’università grandi scompigli non ci sarebbero stati nell’immediato. Ma nei prossimi anni sarebbero insorti problemi di sostenibilità economica per l’università, con ricadute negative sul bilancio dello Stato”.

Manuel Ciavatta, Pdcs: “La nuova legge è frutto di un lavoro corale, fatto di emendamenti di maggioranza e opposizione, affinché il testo sia utile e al passo con i tempi. Quello che è emerso dagli interventi dei diversi consiglieri è che la legge va nell’ottica di una migliore economia e organizzazione dell’università, offre strumenti di valutazione del lavoro fatto, sono implementati i concorsi per la selezione dei docenti e ciò comporterà maggior qualità nell’offerta formativa, é stata data una gerarchia distinguendo la gestione amministrativa da quella didattica. Nel suo complesso, la riforma dà positività e va a migliorare l’attuale. I miglioramenti sono sempre possibili, dei vulnus ci possono eventualmente essere, ma non si può negare che l’autonomia venga data. Un’autonomia che va nella direzione di maggior garanzia del rapporto tra università e il nostro Paese. Non sempre l’autonomia può essere fattore di positività in un Paese piccolo come il nostro, ma può comportare il rischio che si vengano a creare centri di potere. Il ruolo che ha il Consiglio grande e generale di dire la sua nella scelta del Rettore ha quindi un suo valore, non come mancanza di fiducia, ma come elemento di garanzia. Le istituzioni hanno tutte un rapporto con il Consiglio e l’importante è che si qualifichi quest’ultimo nella sua composizione, il problema infatti non è nel rapporto, ma nelle persone che gestiscono il rapporto”.  

Repliche

Giuseppe Maria Morganti, segretario di Stato per l’Istruzione e la Cultura: “Se qualcuno dei miei collaboratori ha esercitato pressioni nei confronti del consigliere Berti, come da lui segnalato, i chiarimenti andranno fatti fino in fondo. Spero si sia trattato solo di un momento di incomprensione. Sul tema dell’autonomia ho sentito un dibattito molto interessante. Organizzare l’Università in un Paese piccolo è molto diverso dal farlo in un Paese grande. Il nostro sistema universitario è pensato e calibrato sul nostro Paese e sulle nostre dimensioni. Questa legge garantisce la piena autonomia scientifica dell’Università: non c’è alcuna possibilità di ingerenza da parte della politica. Sulla parte amministrativa io invece penso vada cercato un equilibrio. Occorre dare al Consiglio grande e generale la possibilità di indirizzare una politica strategica su questo specifico fronte che per noi è straordinariamente importante. E quindi abbiamo calibrato l’autonomia degli organismi universitari sulla base di indirizzi politico-amministrativi assegnati dal Consiglio Grande e Generale. Si tratta di una legge migliorabile, ma molto meglio della legge che avevamo attualmente, la quale non garantiva autonomia. La flessibilità deve essere una delle caratteristiche principali dell’Università”.

Francesco Morganti, Psd: “Di questo progetto di Legge si è discusso molto a lungo. Ora dobbiamo rendere l’Università di San Marino più integrata con il territorio, così che possa essere davvero un traino per lo sviluppo del Paese. Un’università con un’offerta formativa all’avanguardia e spendibile nel mondo del lavoro. Credo poi che occorra puntare molto sull’internazionalizzazione. L’Università di San Marino può essere una porta d’accesso verso l’Europa. Possiamo diventare una città universitaria a misura di studente, ma per fare questo occorre migliorare i servizi: mensa, servizi culturali, trasporti, tempo libero. In una città universitaria l’Ateneo produce un effetto di traino per tutto il territorio. Senza dimenticare che qualsiasi siano le riforme adottate, la qualità delle Università è data da chi ci lavora. In tal senso ritengo sia fondamentale la nomina del Rettore e del direttore generale. Giusto rivedere la governance con la separazione della gestione amministrativa da quella accademica”.

Francesca Michelotti, Su: “Ho apprezzato l’atteggiamento di disponibilità del segretario Morganti. Anche se prima credo che la maggioranza avrebbe dovuto trovare un accordo maggiore sul testo della riforma, per poi andare a discuterne e a confrontarsi con la minoranza. Notiamo dunque uno scollamento sostanziale sugli obiettivi di questa Legge all’interno della maggioranza. Sottolineiamo ancora una volta come in questa maggioranza non ci sia una visione condivisa delle problematiche. Non è una opinione tanto che c’è stato un astenuto durante il voto in commissione tra le fila di Bene comune. Sull’autonomia scientifica non c’è dubbio che l’università ne goda, tuttavia ci sono aspetti che potrebbero essere potenziati di più, come ha detto anche la consigliera Berti. Qualcuno ha poi sollevato un interrogativo inquietante ovvero “chi paga l’Università?”. La politica si gioca nel capire quali sono le priorità. Se noi pensiamo che l’Università possa ripagare tutto quello che costa ci sbagliamo. I 350 studenti di Industrial Designer producono indotto di circa 2 milioni di euro (in termini di affitti, pasti etc.). E’ la ricaduta più immediata ma il modello di sviluppo che ci propone l’Università è quello dell’economia della conoscenza. Parlo dunque di un’Università che contribuisca a dare innovazione per l’impresa e occasioni di lavoro per i nostri giovani”.

Marco Podeschi, Upr: “Mi chiedo che equilibrio è stato raggiunto sulla gestione amministrativa dell’Università? Che garanzie economiche si danno a una struttura del genere di operare? L’altro aspetto è la territorialità. Il progetto di Legge riguardo un territorio piccolo come San Marino (64 chilometri quadrati), e dunque alcuni discorsi tecnici, vanno soppesati. Mi chiedo poi quali saranno le forme contrattuali dei lavoratori di un ente (che in realtà non è un ente) e quale sarà la forma giuridica adottata per l’Università?”.

Giuseppe Maria Morganti, segretario di Stato per l’Istruzione e la Cultura: “L’Università giocherà un ruolo importante nel processo di avvicinamento all’Europa ovviamente basandosi sulle proprie peculiarità che sono quelle di fare formazione. Posso dire che passeremo da 6 a 3 Dipartimenti, dunque da 6 a 3 coordinatori. Per quanto riguarda i professori sammarinesi che avranno un rapporto con la nostra Università, i rapporti contrattuali saranno tutti sotto il profilo del contratto a tempo determinato. I nostri professori potranno così insegnare in tutte le Università del mondo e lo faranno portando il nome di San Marino in giro per il mondo.

San Marino, 14 aprile 2014/01

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