San Marino. Consiglio Grande e Generale: inizia il confronto sulla riforma IGR

San Marino. Consiglio Grande e Generale: inizia il confronto sulla riforma IGR

Nella seduta del mattino, inizia il confronto sul Progetto di legge “Modifiche alla Legge 16 dicembre 2013 n.166 ‘Imposta Generale sui Redditi’ e successive modifiche”. Sandra Stacchini (PDCS) evidenzia come rilevante il fatto che “nei confronti di imprese e lavoratori autonomi sia stata introdotta l’adozione automatica di indagine finanziaria non discrezionale qualora il codice operatore economico abbia dichiarato, negli ultimi tre esercizi, un reddito medio annuo pari o inferiore a 15.000 euro.

Si tratta di una svolta nei controlli e nella lotta all’evasione”. Sulla stessa linea anche Matteo Rossi (PSD) secondo cui “il cambio di paradigma contenuto in questo provvedimento consiste anche nel fatto che finalmente i controlli diventano automatismi, così da colpire le sacche di elusione che sottraggono risorse pubbliche. Ci auguriamo che questo spinga anche gli operatori economici a non vedere più San Marino come un Paese in cui approfittare della scarsa incisività dei controlli, ma come un sistema fiscale moderno e affidabile”. Sul tema dei controlli anche Iro Belluzzi (Libera): “Ci sono sacche che continuano a vivere, ad agire, e ad utilizzare perfino l’inflazione per riadeguare i propri cespiti, mentre pensionati e dipendenti continuano a dover vedere diminuire la loro capacità di spesa, perché sono aumentati tutti i costi”. Critico Gaetano Troina (D-ML): “Con questa riforma andiamo a colpire la cosiddetta classe media del Paese, che dovrà affrontare nuove difficoltà, maggiore burocrazia e ulteriori adempimenti rispetto a quelli già oggi richiesti – adempimenti che rendono complicato essere perfettamente conformi a quanto previsto dalla legge. Ma soprattutto, non abbiamo risolto i problemi evidenti, che sono sotto gli occhi di tutti”.

Anche Matteo Casali (RF) boccia il provvedimento. “Prima di mettere le mani nelle tasche dei sammarinesi, si dovrebbe adottare una politica di riequilibrio di bilancio a parità di gettito. Ma questo governo non ci pensa nemmeno, né sul piano strutturale né su quello contingente” dice Casali auspicando “un’operazione verità sui dati. “Abbiamo affrontato quella fase difficile e, penso, ne siamo usciti piuttosto bene – afferma il Segretario di Stato Andrea Belluzzi -. Ora è il momento di guardare avanti. Guardare avanti significa avere una prospettiva. Il nostro bilancio deve cambiare. L’amministrazione pubblica deve iniziare a pensare concretamente a cosa fare nei prossimi anni. Di conseguenza, anche l’impianto fiscale deve cambiare”. Inoltre, aggiunge il Segretario, “per San Marino, il passaggio verso l’introduzione di un’imposta sul valore aggiunto, è lo strumento strutturale su cui dobbiamo puntare”. William Casali (PDCS) sottolinea “che gli incontri con le parti sociali sono stati numerosi e frequenti. L’attenzione verso i problemi sollevati da sindacati, associazioni e cittadini è alta. E in questo momento, da tutte le parti, emerge la volontà di dare un contributo positivo, affinché questa norma diventi la migliore possibile”. Per Giulia Muratori (Libera) si tratta di un “provvedimento necessario, ma lo vogliamo ancora più equo e incisivo verso chi elude o non contribuisce secondo le proprie reali capacità. Allo stesso tempo, non riteniamo corretto, in questa fase, alimentare allarmismi generalizzati”. “Fare interventi mirati sul sistema fiscale significa anche questo: mandare un messaggio di credibilità e di stabilità – sostiene Silvia Cecchetti (PSD) -. E il PSD, insieme al Governo e alla maggioranza, ha deciso di assumersi questa responsabilità, vigilando però attentamente affinché gli interventi non vadano a colpire le fasce più deboli della popolazione”. Dura e netta la presa di posizione di Nicola Renzi (RF): “Diciamo subito che questa non è la nostra riforma fiscale. L’età dell’oro che ci avete raccontato non c’è. E non è possibile fare una riforma fiscale prendendo in giro le persone. Cercando di farla anche un po’ sotto traccia, mentre gli mettete le mani in tasca. Chi ha fatto 500 assunzioni nella pubblica amministrazione, non può oggi portare a casa la riforma dell’IGR. Chi ci descrive un Paese che non esiste, in cui tutto va benissimo, non può fare la riforma dell’IGR”.

Luca Lazzari (PSD) dà quindi lettura di un Ordine del giorno, proposto dalla maggioranza, per impegnare il il Congresso di Stato: “a elaborare e rendere pubblico entro la fine del mese di settembre un documento di indirizzo strategico, denominato Agenda per la Crescita, che, in coerenza con il programma di Governo, individui le linee prioritarie di intervento per lo sviluppo, l’innovazione e la sostenibilità economica da attuarsi nei 12 mesi successivi; a predisporre e presentare entro il termine dell’anno in corso una proposta di intervento, coordinata dalla Segreteria di Stato per gli Affari Interni, per il contenimento della spesa pubblica, intervenendo su sprechi e disfunzioni economiche nei singoli comparti, con criteri di trasparenza ed efficienza”. Secondo Matteo Zeppa (Rete) si tratta di “un ordine del giorno che, di fatto, commissaria nuovamente il Segretario Gatti e il Governo. Il problema sono le tempistiche, che Gatti ha evidentemente voluto forzare, e il Governo gli è andato dietro. Mi sembra però che parte della maggioranza non abbia condiviso”. Poi aggiunge: “Non si possono ignorare i contratti, non si può pensare di fare rinnovi che non restituiscano potere d’acquisto. E intanto si vessano nuovamente i lavoratori frontalieri”. Dalibor Riccardi (Libera) difende invece la misura: “Quando una maggioranza presenta un provvedimento di questo tipo, è sicuramente sintomo di un governo forte. Questo significa che questa maggioranza e questo governo, al di là di ogni valutazione elettorale, hanno realmente a cuore la stabilità economica e finanziaria del Paese”. Emanuele Santi (Rete) chiede al Governo maggiore “realismo”: “Quando parlate di sostenibilità economica, dovreste chiedere davvero al Segretario Gatti qual è la reale situazione dei conti pubblici. Perché ancora oggi il Segretario scrive che non c’è un’emergenza e che i conti sono a posto. Ma come si fa a continuare con queste bugie?” Anche Guerrino Zanotti (Libera) esprime alcun perplessità, pur ribadendo il sostegno e l’impegno del suo gruppo consiliare: “Non possiamo ignorare il fatto che, purtroppo, il testo presentato rischia di colpire in modo sproporzionato le diverse tipologie di reddito presenti nella Repubblica: parliamo ovviamente dei lavoratori dipendenti, dei pensionati, dei lavoratori transfrontalieri e dei redditi da lavoro autonomo. La posizione di Libera è nota: non si tratta di ostruzionismo, né del rifiuto di assumerci la responsabilità di passaggi difficili. Al contrario: vogliamo essere responsabili, chiari e trasparenti nei confronti dei cittadini che rappresentiamo”. Luca Gasperoni (PDCS) ricorda che nel 2013, all’epoca dell’ultima riforma, “la situazione economica del Paese era completamente diversa rispetto a quella attuale. San Marino si trovava ancora all’interno della blacklist italiana, il tasso di disoccupazione era vicino al 9% e il Paese si stava lentamente riconvertendo da un bilancio sostenuto, per la maggior parte, dal sistema bancario a un bilancio che cercava un maggiore contributo dal sistema imprenditoriale e manifatturiero. Oggi, invece, ci troviamo con un bilancio dello Stato tutto sommato in equilibrio, che presenta addirittura un avanzo primario”. “Non possiamo continuare a ignorare la necessità di una riforma delle imposte indirette – afferma Gerardo Giovagnoli (PSD) -. Dovremmo guardare al modello adottato da tutti gli altri Stati evoluti del mondo: quello dell’IVA. Non è pensabile che, tra qualche anno, saremo nel mercato unico europeo e staremo ancora a discutere della monofase”.

Di seguito una sintesi dei lavori

Comma 10 – Progetto di legge “Modifiche alla Legge 16 dicembre 2013 n.166 ‘Imposta Generale sui Redditi’ e successive modifiche” (presentato dalla Segreteria di Stato per le Finanze) (I lettura)

Segretario di Stato Marco Gatti: la Segretaria di Stato per le Finanze e il Bilancio presenta in prima lettura il progetto di legge di modifica alla normativa sull’imposta generale sui redditi. Come è noto la Legge 16 dicembre 2013 n. 166, in vigore a partire dal periodo d’imposta 2014, aveva a suo tempo riformato l’imposizione diretta nel nostro ordinamento, introducendo il regime della Worfd Wide Taxation ed eliminando il regime forfettario della determinazione del reddito per le persone fisiche esercenti attività d’impresa. Prima di elaborare il progetto di legge la Segreteria ha delineato delle possibili linee di intervento che sono state oggetto di preliminare confronto con le parti economiche e sociali con l’obiettivo di agire su alcune disposizioni normative in materia d’imposta sui redditi. Dal predetto confronto sono emerse osservazioni, suggerimenti, rilievi, sulla base dei quali la Segreteria ha effettuato una sintesi equilibrata ed al contempo sostenibile per il sistema paese, ed ha pertanto apportato degli aggiustamenti e correttivi, reimpostando alcune norme e modifiche che si erano inizialmente ipotizzate. Il risultato della rielaborazione, presentato nel progetto di legge, si ritiene essere una sintesi equilibrata ed equa, che contemperi necessità ed interessi dei contribuenti e dell’amministrazione, preservando e tutelando i livelli medio/bassi di reddito. Premesso che, non sussistono, allo stato attuale, condizioni emergenza che possano gravare sul bilancio dello Stato, come successo in passato; che lo stesso bilancio è da più esercizi in avanzo primario; che vi sono comunque situazioni esterne al Paese da non sottovalutare; l’azione del Governo e della maggioranza con questa proposta di legge guarda alla prospettiva; una prospettiva di crescita economica che può essere garantita solo con una stabilità progressiva di bilancio, che possa liberare risorse da destinare agli investimenti per uno sviluppo economico che porti benessere alle attuali e future generazioni. Il presente progetto di legge è finalizzato: ad un riequilibrio del sistema impositivo fra le diverse categorie di redditi, in conformità alle disposizioni ed accordi internazionali; – all’individuazione di una maggiore base imponibile al fine di incrementare il gettito complessivo, in particolare in quegli ambiti di reddito prodotto in territorio da soggetti esteri; porre in essere una semplificazione amministrativa e procedurale, in materia di procedura ed iter di controllo ed accertamento, intervenendo anche sul sistema sanzionatorio connesso rendendolo più graduale ed organico; superare alcuni dei regimi cosiddetti “transitori” che sono stati prorogati per periodi più lunghi rispetto alle previsioni ed intenzioni originarie della Legge n.166/2013; generare risorse da destinare al potenziamento del sistema dei controlli e dei sistemi informatici dediti alla lotta all’evasione ed all’elusione fiscale; generare risorse da destinare agli investimenti strategici per lo sviluppo e la competitività del paese; generare risorse da destinare ad interventi sociali mirati ai soggetti che ne hanno maggiore necessità. Le modifiche alla Legge IGR si uniscono alle azioni che, il Governo e la maggioranza, intendono rafforzare sulla spending review e sullo sviluppo. Gli interventi di modifica sono stati sviluppati a seguito di una attenta analisi e studio dei dati storici e sulla base di una esperienza applicativa decennale dall’entrata in vigore della Legge n.166/2013 e s.m. Il progetto di legge contempla, in sostanza, le seguenti macro – aree di interventi: a) applicazione dell’imposta IGR ai non residenti su specifiche fattispecie reddituali (interessi passivi, noleggi di beni mobili ed attrezzature) mediante l’applicazione di una ritenuta alla fonte nel l’ambito di rapporti B2B; rimane invece l’attuale sistema della dichiarazione dei redditi nei rapporti B2C. b) rivisitazione contenuta dell’imposizione delle persone fisiche: si sottolinea che l’intervento non ha riguardato le aliquote d’imposta, bensì il sistema e i meccanismi delle detrazioni e deduzioni d’imposta, con l’obiettivo altresì di incentivare il consumo interno e la connessa certificazione fiscale, e allo stesso tempo salvaguardare i redditi da lavoro dipendente e da pensione medio/bassi. L’intervento principale è rappresentato dalla modifica delle cosiddette spese in territorio sostenute con la Smac Card, come di seguito meglio specificato; c) revisione dell’imposizione per le attività d’impresa individuale e libero – professionale : il presente progetto di legge prevede in via definitiva ed a regime l’imposizione separata per i redditi derivanti dalle attività d’impresa e libero professionale, confermando definitivamente l’aliquota proporzionale al 17%; inoltre è stato previsto di riconoscere su i predetti redditi la detrazione d’imposta per le spese sostenute in territorio con SmaC Card come per i lavoratori dipendenti e pensionati, trattandosi parimenti di contribuenti persone fisiche; d) revisione dell’imposizione delle persone giuridiche : fermo restando l’attuale aliquota proporzionale IGR del 17%, gli interventi apportati hanno riguardato, sostanzialmente, i criteri, le modalità, i tetti massimi dei costi deducibili, su alcune categorie di beni. Inoltre è stato modificato il regime del riporto delle perdite pregresse, la revisione della disciplina dell’ammortamento dei beni immobili e dei contratti di leasing immobiliare; e) interventi normativi su specifici aspetti procedurali del controllo e semplificazione del regime sanzionatorio nell’ottica di maggiore trasparenza e di un miglioramento nei rapporti tra fisco e contribuente. f) dopo gli incontri con le categorie economiche e parti sociali e membri della maggioranza si è ritenuto opportuno non introdurre un’imposta speciale temporanea sul reddito, bensì di rafforzare le fasi del controllo, mediante l’implementazione automatica di indagini finanziarie non discrezionali, qualora il soggetto passivo negli ultimi tre periodi di imposta abbia un reddito medio annuo, pari o inferiore ad euro 15.000,00. Il presente progetto di legge si inquadra nel necessario percorso di stabilità progressiva del bilancio pubblico. La situazione macroeconomica mondiale, le dinamiche e turbolenze geopolitiche attuali comportano, altresì, una grande attenzione e prudenza nella gestione delle finanze pubbliche, cercando di migliorare il bilancio anche per far fronte a possibili momenti di difficoltà. La visione deve essere di medio e lungo periodo, favorendo gli investimenti e la crescita, pertanto, queste modifiche alla norma IGR devono indubbiamente essere affiancate da una mirata ma decisa politica di sviluppo del Paese nonché di contenimento della spesa corrente. San Marino è un Paese con una fiscalità contenuta, e deve mantenere, nel rispetto delle norme fiscali internazionali e di best practices, tale peculiarità, al fine di poter essere attrattivo anche per l’insediamento di nuovi imprenditori ed attività economiche. La Segreteria Finanze nei mesi scorsi ha avuto incontri e confronti con le categorie economiche e parti sociali e gli interventi portati con il presente progetto di legge si ritiene che siano una sintesi razionale ed equilibrata dei rilievi, osservazioni e proposte avanzate dai vari interlocutori, un accettabile e misurato punto di incontro tra l’Amministrazione fiscale e il contribuente. Non si tratta però di un progetto “chiuso”, ma lo stesso sarà oggetto di ulteriori confronti, di ulteriori disamine tecniche nelle sedi istituzionali competenti e con le parti sociali ed economiche. La Segreteria di Stato continuerà ad essere aperta nell’analizzare le proposte che perverranno e comunica che sta altresì analizzando ulteriori possibili interventi da confrontare e eventualmente proporre per il confronto nell’apposita Commissione Consigliare per contrastare possibili attività o strumenti utilizzati a fini antielusivi, come ad esempio le immobiliari. 

Sandra Stacchini (PDCS): Il progetto in esame si inserisce nel necessario percorso di stabilità progressiva del bilancio del nostro Stato. Si tratta di un bilancio in avanzo primario da più esercizi, ma che – oltre alla presenza di un debito da coprire, di non minima entità – è soggetto a più variabili esterne ed interne, quali le minacce geopolitiche, l’urgenza di distribuire risorse alle famiglie e ai nuclei più fragili, e la necessità di porre in essere interventi a favore della natalità.  Nel contesto non va dimenticata la ripetuta richiesta di aumento della base imponibile da parte del Fondo Monetario Internazionale. Quello in esame è un progetto di legge tra i più discussi degli ultimi mesi, che nella sostanza non rappresenta una riforma tributaria, ma una parziale modifica della legge vigente, sviluppata attorno a pochi fili conduttori.  Il primo riguarda il recupero di sacche di fiscalità da redditi esteri prodotti a San Marino, nel rispetto ovviamente degli accordi tra Stati. Si fa riferimento, ad esempio, a società estere di noleggio di beni mobili e attrezzature che operano in Repubblica, e a banche estere che producono redditi a San Marino finanziando operatori e privati sammarinesi.  Punto due: nei confronti di imprese e lavoratori autonomi è stata introdotta l’adozione automatica di indagine finanziaria non discrezionale qualora il codice operatore economico abbia dichiarato, negli ultimi tre esercizi, un reddito medio annuo pari o inferiore a €15.000. Si tratta di una svolta nei controlli e nella lotta all’evasione, non trascurabile se si considera la presenza di 1.700 codici operatore che non risultano avere reddito, e 600 che dichiarano un reddito inferiore a €15.000, su un totale di circa 5.300 codici operatore economici. È stato inoltre inserito nel progetto anche un contenimento della deducibilità per auto e moto.  Punto tre: per quanto riguarda dipendenti, pensionati e lavoratori autonomi, sono state abolite le attuali deduzioni SMAC, con l’introduzione di una detrazione fiscale al 22% delle spese effettuate in territorio. La conditio sine qua non della maggioranza, su questo tema, è stata che i redditi dei residenti fino a livelli medi non subissero riduzioni. È quanto la Segreteria Finanze non solo ha assicurato, ma ha anche riferito che i redditi fino a €15.000 beneficeranno della riforma in termini di riduzione dell’imposta.  Per quanto riguarda i redditi dei frontalieri che hanno aderito alla deduzione SMAC – e si segnala che una parte non trascurabile di questi non ha aderito – si prevede che subiscano riduzioni minime, con la possibilità di recuperare il credito di imposta in sede di dichiarazione dei redditi in Italia. Qualora, viceversa, vi fossero riduzioni più significative, l’imprenditore potrebbe compensare la differenza con la concessione di fringe benefit, che la nuova normativa consente fino a un massimo di €2.000.  In ogni caso, in sede di analisi presso la Commissione Finanze, e quindi tra la prima e la seconda lettura, sarà possibile esaminare il progetto nel dettaglio, apportando i correttivi che saranno ritenuti necessari.  Il mio personale rammarico riguarda invece i pochi interventi a favore delle famiglie numerose. Nello specifico, è stata aumentata la deducibilità per le rette scolastiche e per i costi delle babysitter. Altri tipi di interventi avrebbero potuto indirettamente stimolare la natalità. Ad esempio, il quoziente familiare alla francese, che prevede che, all’aumentare del numero di componenti della famiglia, diminuisca la tassazione complessiva a carico della stessa.  Confido tuttavia in un intervento in tempi brevi da parte della Segreteria con delega alla Famiglia, che sani – con gli interventi già in cantiere – il gap che il progetto oggi in esame non ha potuto colmare.

Gaetano Troina (D-ML): Siamo infine arrivati al dibattito relativo a questo progetto di legge, piuttosto discusso: purtroppo non c’è stato alcun confronto preventivo prima del deposito di questo testo. Vorremmo quindi sapere sulla base di quali dati sia stato elaborato, perché ad oggi ci risulta che non siano disponibili dati aggiornati, credibili e veritieri sulla situazione economica delle famiglie sammarinesi, a causa dell’assenza dell’ICE, dell’assenza di tavoli di confronto e di lavoro, e dell’impossibilità di incrociare dati in modo efficace.  Da tempo, e già dalla scorsa legislatura, sosteniamo che sarebbe sufficiente applicare la normativa esistente così com’è per ottenere le risorse che questa riforma dichiara di voler raccogliere. Non servirebbe quindi alcuna modifica: basterebbe far rispettare le leggi attuali per recuperare le somme necessarie.  Non solo. Da tempo affermiamo che ciò che va potenziato non è la pressione fiscale, ma i controlli su chi le tasse le deve pagare. Invece, si continua a colpire le categorie della popolazione che già oggi le tasse le pagano. È una costante dei dibattiti in quest’Aula negli ultimi anni. Intanto, purtroppo, le persone che hanno causato i problemi economici di questo Paese, che hanno creato debiti importanti, sono ancora in circolazione, a spasso anche nel nostro territorio, spesso facendo beffe dei cittadini onesti. Sono stati più furbi, e ora tocca a noi pagare anche per le loro avventure economiche del passato.  Ci troviamo in un momento estremamente difficile, per il Paese e per i nostri concittadini. Lo diciamo da mesi, in tutti i commi e in tutti gli ordini del giorno di questa Aula consiliare. Il potere d’acquisto è calato. Le bollette stanno massacrando le famiglie, che non sanno più come arrivare a fine mese. E noi, invece di dare supporto alle famiglie – come ci eravamo impegnati a fare anche in Commissione Finanze a gennaio, con interventi urgenti – non abbiamo fatto nulla. Abbiamo riempito le nostre dichiarazioni di belle parole sull’attenzione alle famiglie, ma ora le stiamo mettendo in ulteriore difficoltà.  Con questa riforma andiamo a colpire la cosiddetta classe media del Paese, che dovrà affrontare nuove difficoltà, maggiore burocrazia e ulteriori adempimenti rispetto a quelli già oggi richiesti – adempimenti che rendono complicato essere perfettamente conformi a quanto previsto dalla legge. Ma soprattutto, non abbiamo risolto i problemi evidenti, che sono sotto gli occhi di tutti.  Lo dicevo già ieri, nel comma comunicazioni: l’emergenza casa è ancora lì. Le bollette – lo ripeto – sono insostenibili. I controlli sui prezzi sono insufficienti. Com’è possibile che nei nostri supermercati i prodotti costino più che in Italia? Le famiglie non ce la fanno più, e non sappiamo più come farvelo capire. Ma voi tirate dritto, e vi prenderete le vostre responsabilità.  La cosa triste è che stiamo facendo pagare ai nostri concittadini il prezzo delle scelte politiche sbagliate del passato. E questo non è giusto. Se si fosse stati più oculati nella gestione delle risorse pubbliche e del debito pubblico, oggi questa riforma non sarebbe nemmeno necessaria.  In questi ultimi secondi leggo un passaggio della relazione, che suona come un ulteriore schiaffo alla cittadinanza: “Non sussistono allo stato attuale condizioni di emergenza che possano gravare sul bilancio dello Stato. Il bilancio è da più esercizi in avanzo primario. Vi sono comunque situazioni esterne al Paese da non sottovalutare, ma si guarda alla prospettiva per garantire il benessere delle future generazioni. Questo progetto di legge è finalizzato al riequilibrio del sistema impositivo fra categorie di redditi.”  Ma dove? Dove?

Giuseppe Maria Morganti (Libera): Ci troviamo di fronte, ovviamente, a un provvedimento molto importante. Qualcuno dice che non è una riforma, ma di fatto si tratta di una riforma, perché interviene su modelli redistributivi piuttosto consistenti, che generano – inevitabilmente – tensioni.  Tuttavia, dovremmo prendere come parametro fondamentale ciò che è scritto nel programma di governo, che dichiara espressamente l’intenzione di intervenire in materia fiscale con due obiettivi principali. Il primo è quello dell’equità. Il secondo obiettivo – altrettanto fondamentale – è quello di intervenire sulle grandi sacche di elusione presenti nelle dichiarazioni dei redditi nel nostro Paese. Questi erano i due capisaldi del programma di governo.  Nel progetto presentato dal Segretario Gatti c’è anche un terzo obiettivo: quello di dare stabilità al bilancio. Un obiettivo nobile e assolutamente necessario anche in ottica prospettica, soprattutto se – come ci auguriamo – lo Stato tornerà a investire nella spesa in conto capitale. Per farlo, dovrà avere le risorse necessarie. Ma è chiaro che i primi due obiettivi restano centrali.  Per quanto riguarda l’equità, nella relazione si dice che sono state fatte simulazioni sugli interventi proposti, ma che i risultati non sono ancora noti e saranno forniti nei prossimi giorni. È fondamentale capire se quanto proposto porterà davvero maggiore equità. Tuttavia, è chiaro che, in presenza di disparità di trattamento tra lavoratori – ad esempio in base al luogo di residenza – parlare di equità diventa difficile. Un lavoratore deve essere trattato allo stesso modo, che viva in un Paese o in un altro. Tali differenze stridono con il principio di equità.  Il Segretario ha però anche detto di essere aperto al confronto e a modifiche sostanziali del provvedimento, affinché le criticità evidenziate possano essere affrontate. È importante che i risultati finali siano quelli dichiarati come obiettivi, e questo è un punto che condivido.  Passando alla questione dei controlli e della lotta all’elusione – e non solo all’evasione – diciamo chiaramente che nessuno ne è escluso. In primo luogo ci sono le imprese, poi tutto il comparto del lavoro autonomo, ma anche i dipendenti privati e i pensionati. Contemporaneamente, è fondamentale applicare lo stesso rigore anche nei confronti di imprese e lavoratori autonomi. Ecco perché è stato finalmente introdotto l’automatismo dell’accertamento finanziario incrociato. Questo è un elemento chiave per determinare se le dimensioni reddituali dichiarate siano compatibili con i dati finanziari disponibili. Questo primo passo è stato fatto, è nella relazione, e vogliamo che sia confermato nel provvedimento di legge, per verificare se sia sufficiente a intervenire con efficacia sul problema dell’elusione.

Matteo Rossi (PSD):  Questo provvedimento arriva in Aula dopo una lunga fase embrionale. Se ne parlava già nella scorsa legislatura. Ricordo che Rete, quando era al governo, aveva fortemente chiesto questo intervento, per garantire l’equilibrio e la tenuta dei conti pubblici, alla luce delle difficoltà che affrontammo in quella fase. Difficoltà che, nonostante tutto, portarono anche benefici al bilancio dello Stato in termini di liquidità. Tuttavia, si consumò una rottura politica su quel fronte.  Credo che questo provvedimento fosse già nelle corde della politica da tempo. La presente legislatura nasce con un punto fondamentale: l’arrivo del tanto atteso Accordo di Associazione con l’Unione Europea, che – stando alle ultime notizie da Bruxelles – sembra ormai imminente.  Alla luce di questo cambio di paradigma, e partendo già dalla scorsa legislatura, San Marino ha iniziato ad accedere ai mercati finanziari per collocare titoli di debito pubblico, dando liquidità allo Stato, mettendo in sicurezza i conti e raggiungendo un sostanziale pareggio di bilancio. L’economia tiene, l’occupazione regge, ma ci trasciniamo errori passati in campo finanziario – non recenti, ma risalenti nel tempo. Tutti ci siamo resi conto che ogni anno lo Stato spende circa 18 milioni di euro per rimborsi IGR. Guardando alle azioni da intraprendere, si è quindi deciso di riorganizzare una legge – quella del 2013 – che aveva consentito alla Repubblica di uscire dalla blacklist. Ricordo bene la riforma voluta da Claudio Felici: ci fu mobilitazione sindacale, tanta gente in piazza, ma fu un cambio di paradigma necessario, che aprì un percorso virtuoso. Oggi vogliamo fare lo stesso.  L’operazione attuale vuole tenere insieme più elementi. Il primo: salvaguardare i redditi medio-bassi. Siamo consapevoli che l’inflazione sta colpendo duramente, e le fasce più deboli vanno tutelate. Credo che questa proposta possa rappresentare un primo passo in tal senso.  Il cambio di paradigma contenuto in questo provvedimento consiste anche nel fatto che finalmente i controlli diventano automatismi, così da colpire le sacche di elusione che sottraggono risorse pubbliche. Ci auguriamo che questo spinga anche gli operatori economici a non vedere più San Marino come un Paese in cui approfittare della scarsa incisività dei controlli, ma come un sistema fiscale moderno e affidabile.  Un dato importante: ieri, come gruppi di maggioranza, abbiamo avuto un incontro proficuo con i sindacati. Molti spunti sono stati pertinenti, anche in linea con quanto già avevamo portato ai tavoli di maggioranza come PSD. Ne terremo conto anche nei prossimi incontri con le associazioni datoriali. Il punto centrale sarà proprio quello dei controlli.  Ma tutto questo non deve farci dimenticare che per salvaguardare i conti pubblici, San Marino ha bisogno di crescita e sviluppo. Purtroppo, in questo primo anno di legislatura abbiamo dovuto affrontare questioni politiche che ci hanno rallentati su quel fronte. Tuttavia, la firma dell’Accordo di Associazione potrà rappresentare un’opportunità per superare vecchi modelli. Ci auguriamo che da questa legge fiscale nasca una nuova visione.  A nome del mio partito auspico che si insista sull’equità, sulla tutela dei redditi medio-bassi e, soprattutto, sulla crescita economica del Paese.

Matteo Casali (RF): Giunge in Aula per la prima lettura la riforma IGR.  E arriva, come già detto dal collega Troina, senza il minimo confronto con le forze di opposizione. Vi siete confrontati con tutti, tranne che con una parte dell’arco parlamentare. Ma il problema non è solo questo. Noi ci siamo ormai fatti una ragione del fatto che andiate avanti col pilota automatico, per conto vostro. Il punto è che questa riforma – a nostro avviso – nasce su presupposti profondamente sbagliati e su una grande confusione riguardo ai dati e agli obiettivi.  Ora spiegatemi: se abbiamo un avanzo primario di bilancio ogni anno, se il debito si sta riducendo – come ci è stato detto anche nell’ultima legge sulla gestione del debito – se i rating sono ottimi e l’economia va bene, allora perché si deve fare una riforma fiscale che mette le mani nelle tasche dei sammarinesi?  Perché – ci viene detto – bisogna agire con la logica del “padre di famiglia”, come ha dichiarato il Segretario, perché ci sono “tempi foschi” all’orizzonte e dobbiamo mettere legna in cascina. Queste motivazioni, francamente, non sono credibili.  Prima di mettere le mani nelle tasche dei sammarinesi, si dovrebbe adottare una politica di riequilibrio di bilancio a parità di gettito. Ma questo governo non ci pensa nemmeno, né sul piano strutturale né su quello contingente.  Sul piano strutturale, avete portato riforme che aumentano i dipartimenti, creando un ulteriore squilibrio di spesa corrente – senza parlare delle nuove assunzioni. Sul piano contingente, ci vuole una certa faccia a presentare una riforma per aumentare il prelievo fiscale, quando sarebbe opportuno fare un elenco – che sarebbe anche lungo – delle delibere di spesa e di spreco che settimanalmente approva il Congresso di Stato.  Se si vuole intervenire sui redditi, bisogna prima individuare l’extra-gettito atteso, dichiararlo pubblicamente e indicare in modo trasparente la sua destinazione: politiche di investimento mirate, concrete, dichiarate. O, in alternativa, una chiara politica di rientro del debito. Ma nulla di tutto questo è stato fatto.  Dal punto di vista metodologico, poi, abbiamo in ballo anche l’introduzione dell’ICEE. E ci è stato detto che la riforma fiscale è complementare all’introduzione dell’ICEE. Altro errore metodologico: la riforma fiscale dovrebbe essere successiva all’introduzione dell’ICEE, non complementare. Se l’ICEE è uno strumento di equità, come si dice, allora bisogna prima adottarlo, poi ragionare sulle conseguenze fiscali.  E a proposito di strumenti fiscali, soffermiamoci sulla trasformazione della deduzione SMAC: da deduzione dell’imponibile a detrazione fiscale. Il consigliere Morganti ha detto che occorrono interventi diversi per fasce di reddito diverse. Ebbene, se avete fatto anche solo un minimo di simulazioni, vi sarete accorti che – per i redditi medi – per ottenere una pressione fiscale paragonabile a quella precedente, sarà necessario accumulare transazioni SMAC molto più alte rispetto a prima. In termini pratici: per ridurre le imposte allo stesso livello di prima, i redditi medi dovranno spendere il doppio, o anche due volte e mezzo.  Ma i redditi medi questo non lo possono fare. Forse i redditi alti sì. Perché la detrazione del 22% sulle spese SMAC è uguale per tutti, senza distinzione per fasce di reddito. E allora, l’equità dove va a finire?  Cosa occorrerebbe fare? Azzerare questa proposta. Fare un’operazione verità sui dati. Smetterla di raccontare che tutto va bene e, intanto, mettere le mani nelle tasche dei sammarinesi.  Bisognerebbe procedere con un riequilibrio del bilancio a parità di gettito, intervenendo prima sulla spesa. Poi varare l’ICEE, e solo successivamente affrontare – con dati chiari e obiettivi dichiarati – una vera riforma fiscale.  Invece, come al solito, abbiamo fatto tutto alla rovescia.

Gianfranco Ugolini (PDCS): Prima di entrare nel merito del provvedimento sull’IGR desidero soffermarmi su quanto recentemente accaduto, considerato che parliamo di conti, di entrate e di uscite. Mi riferisco agli ultimi provvedimenti del Tribunale, risalenti a circa un mese fa, in merito alla cosiddetta “galassia CIS”. Questi fatti mi hanno lasciato basito e profondamente preoccupato. Anche l’uscita congiunta delle tre sigle sindacali sulla stampa del 6 giugno scorso è stata, a mio avviso, più che opportuna e attenta: vi si esprimevano serie preoccupazioni sul rischio di prescrizione per soggetti che hanno arrecato danni rilevantissimi – sia finanziari che d’immagine – al nostro Stato, sottraendo 100 milioni dal Fondo Pensioni e minando il futuro dei giovani, dei pensionati e dei lavoratori.  È necessario che la giustizia prosegua nella sua azione, affinché si possano recuperare le somme sottratte ai sammarinesi e chiudere, una volta per tutte, una vicenda che ha creato danni enormi al nostro Paese, restituendo così fiducia dei cittadini nelle istituzioni.  La maggioranza e il Governo stanno portando avanti – con coerenza – l’impegno assunto con i cittadini, proseguendo nel percorso del programma di governo votato circa un anno fa in quest’Aula. Il Segretario alle Finanze, Marco Gatti, durante l’esame della legge di bilancio, ci aveva illustrato come le entrate superassero le uscite. Ma è altrettanto necessario, oggi, prevedere delle riserve per ridurre il debito pubblico, in coerenza anche con gli impegni assunti verso il Fondo Monetario Internazionale.  A mio avviso, non serve una riforma radicale della Legge 166 del 2013. Dopo dodici anni, sono sufficienti dei correttivi mirati, in grado di aumentare le entrate tributarie derivanti dalle imposte dirette e di razionalizzare il sistema fiscale, con l’obiettivo di rafforzare le finanze pubbliche secondo criteri di equità, senza però toccare le fasce di reddito più basse, stimolando al contempo i consumi interni e la competitività delle nostre imprese.  Mi soffermo proprio su questo aspetto. L’ultimo intervento in materia fiscale risale a dodici anni fa. È giustificato chi oggi solleva clamore e fa populismo, ma è poco serio non considerare che, con l’aumento dei costi dei servizi primari da garantire ai cittadini – scuola, ISS e altro – dopo un periodo così lungo sia inevitabile intervenire.  D’altro canto, va anche riaffermato con chiarezza che, grazie al lavoro attento della Segreteria Finanze, si è raggiunto un bilancio in equilibrio. Credo si possa affermare, senza timore di smentita, che questo non fosse affatto scontato. Non voglio scomodare il passato, ma è evidente che il prossimo passo necessario sia quello della solidità strutturale del bilancio. Questo è l’obiettivo su cui dobbiamo concentrarci.  La proposta di modifica contenuta nel progetto di legge va in questa direzione. Ma a mio modo di vedere, la vera spinta per il rilancio della nostra competitività e per uscire dal guscio in cui errori e occasioni mancate ci hanno rinchiusi, sarà rappresentata dall’Accordo di Associazione. Noi non possiamo contare su interlocutori fantasiosi, o che arrivano – come disse una figura autorevole – “dalla fine del mondo”. Per una realtà come la nostra, è essenziale stabilire come punto di riferimento prioritario l’Europa.  La possibilità di lavorare e operare più facilmente con l’Unione Europea per noi è fondamentale. Ora è il tempo delle scelte politiche: consolidare il rating faticosamente conquistato, rendere solido e sicuro il bilancio dello Stato, firmare l’Accordo di Associazione con l’Unione Europea e avviare un piano concreto di sviluppo, creando le condizioni affinché tutti possano dare il proprio contributo.  Come ribadivo all’inizio, il progetto di legge contiene dei correttivi che devono però essere accompagnati da una visione di sistema. L’introduzione dell’accertamento finanziario rappresenta uno strumento intelligente e mirato nella lotta all’evasione sistematica. Ma insieme a questo, servono anche contenimento della spesa pubblica, contrasto agli sprechi e misure per finanziare politiche di sviluppo e crescita economica che generino, nel tempo, un incremento strutturale delle entrate.  Ribadisco dunque l’impegno, assunto con i cittadini, a migliorare lo stato di salute finanziario del nostro Paese.

Iro Belluzzi (Libera): Non è minimamente semplice intervenire dai banchi della maggioranza a sostegno di un progetto di legge che probabilmente avrei visto, e avrei preferito vedere, presentato all’interno dell’Aula in altri tempi e con altre modalità.  Probabilmente, nell’ultimo decennio, si è perso il 30% della capacità di spesa di chi ha un reddito fisso, dei pensionati, di chi non ha strumenti di tutela.  Non dissento da quanto affermato poco fa dal collega Morganti sul fatto che esistano sacche di elusione, ma dissento sul punto in cui si parla di elusione da parte dei dipendenti che presentano fatture per le detrazioni. Francamente, sono un dipendente da una vita. Non mi è mai passato per la testa – e non credo nemmeno che ci siano le possibilità – di truccare una denuncia dei redditi. Le denunce dei redditi vengono truccate, probabilmente, da chi è meno incline al rispetto della cosa pubblica. Parliamo di liberi professionisti, commercianti, piccole imprese, che hanno potuto creare quegli elementi di abbattimento della base imponibile, o della dichiarazione dei redditi, perché è questo che è accaduto.  Io mi ricordo perfettamente la legge a cui oggi stiamo apportando le modifiche. Ricordo perfettamente la mobilitazione in piazza di 9.000 cittadini venuti a manifestare davanti al Palazzo. All’epoca ero in governo e li affrontai tranquillamente, perché non c’erano elementi che mi portassero a non sostenere qualcosa che ritenevo necessario. Si trattava di passare da una situazione che ancora oggi, purtroppo, non è stata sistemata. Parliamo dei danni derivanti dal sistema bancario-finanziario. Perché quello di cui stiamo parlando, quello che pesa come debito sullo Stato, è tutto individuabile in quel settore.  Probabilmente si sarebbero potute fare delle cose, si sarebbero potuti accelerare i tempi di normalizzazione dei rapporti, per cui – forse – anche ciò che stiamo facendo oggi poteva essere rimandato o visto in maniera diversa.  Ci sono degli elementi: si richiama l’equità, si richiama anche la tassazione in funzione di quello che si dà alla collettività. Si vanno a colpire i redditi medi. Purtroppo, sto vedendo che, in funzione della specializzazione e dei traguardi che la nostra gioventù ha raggiunto, i migliori giovani stanno andando fuori territorio. Questo significa che qualcosa non funziona. Altro elemento – e qui forse si vede perché questo intervento andava fatto, vediamo – c’è, in nuce, la possibilità di fare controlli. Ma i controlli devono diventare effettivi. Speriamo ci sia un’inversione di tendenza, che si riparta, e ci sia la garanzia che tutti contribuiscano in funzione dei redditi che producono. Perché ci sono sacche che continuano a vivere, ad agire, e ad utilizzare perfino l’inflazione per riadeguare i propri cespiti, mentre pensionati e dipendenti continuano a dover vedere diminuire la loro capacità di spesa, perché sono aumentati tutti i costi.  Mi chiedo una cosa: ad oggi, in termini reali, è diminuito il gettito della monofase.  Che significa questo?  Che i sammarinesi sono diventati tutti poveri? O che c’è un’evasione importante in quell’ambito, e quindi il sistema dei controlli non funziona? Oppure stiamo parlando di un Paese in cui i sammarinesi non riescono più a spendere, perché la loro capacità di spesa si è enormemente ridotta?

Segretario di Stato Andrea Belluzzi: Desidero iniziare il mio intervento ricordando che siamo nel contesto di una prima lettura, e questo significa che il progetto in sé non è affatto chiuso o blindato. Ne sono testimone, anche perché questo progetto ha avuto una sua genesi e un suo percorso già prima di arrivare in Aula.  A nome del PSD, voglio esprimere un apprezzamento: molti dei temi presenti in questo progetto di legge, che va a modificare l’impianto del 2013, vanno nella direzione di mettere a punto il sistema e far emergere alcuni redditi che, fino ad oggi, non sono stati pienamente rilevati e che non stanno dando le performance che ci si aspetta. In questo senso, il contributo del PSD – soprattutto sul tema dell’accertamento – è stato accolto dal Segretario Gatti, e lo apprezzo sinceramente.  Tuttavia, voglio anche svolgere alcune riflessioni sul motivo per cui stiamo andando a intervenire sulla normativa del 2013. Non siamo in una situazione di emergenza. In altri momenti, il Paese ha affrontato vere situazioni emergenziali: penso alla scorsa legislatura, che ha dovuto affrontare un’emergenza aggravata dalla crisi Covid, ma che era già di per sé complessa a causa dell’eredità ricevuta. Abbiamo affrontato quella fase difficile e, penso, ne siamo usciti piuttosto bene.  Ora è il momento di guardare avanti. Guardare avanti significa avere una prospettiva. Il nostro bilancio deve cambiare. L’amministrazione pubblica deve iniziare a pensare concretamente a cosa fare nei prossimi anni. Di conseguenza, anche l’impianto fiscale deve cambiare. Deve iniziare a promuovere l’emersione di alcuni redditi e a realizzare un riequilibrio. Questo è il fine di questa manovra.  Il dialogo è sempre aperto, proprio nella volontà di perseguire questi obiettivi. È vero: si va ad aumentare, in alcuni settori, il gettito, con l’obiettivo di ottenere maggiori entrate, ma non per coprire situazioni di emergenza.  Qui arrivo al focus del mio intervento: occorre concentrarsi su quella che dovrebbe essere una delle missioni fondamentali di questa maggioranza in questa legislatura, ovvero generare sviluppo.  Il collega che è intervenuto prima di me – e che porta il mio stesso cognome – ha parlato della fuga di giovani verso l’estero. Ma se non accettiamo la sfida di creare sviluppo, questa emorragia continuerà. E cosa significa sviluppo, in termini concreti? Significa far crescere i redditi – soprattutto quelli medi – e far sì che ci siano prospettive di guadagno reali per le persone.  Dobbiamo ammettere che – salvo alcune nicchie – oggi i redditi medi a San Marino non sono più così competitivi rispetto a ciò che può offrire un altro Paese a un giovane laureato con un minimo di mobilità. Se le risorse raccolte non servono per finanziare la spesa corrente, allora dobbiamo impegnarci – e mi rivolgo alla mia maggioranza – su un’agenda precisa che generi sviluppo.  Sviluppo significa più ricchezza, più redditi, un circolo virtuoso che porti anche maggiori entrate tributarie e permetta di garantire meglio i servizi pubblici. Questa è una delle grandi sfide che abbiamo davanti, non solo in questa legislatura, ma anche in quelle future. È la sfida della sostenibilità del nostro welfare, che passa necessariamente anche dallo sviluppo economico.  Per San Marino, il passaggio verso l’introduzione di un’imposta sul valore aggiunto, è lo strumento strutturale su cui dobbiamo puntare. È quello lo strumento che può traghettare il Paese verso una fiscalità moderna e sostenibile, che consenta di disporre delle risorse necessarie senza dover intervenire sempre e soltanto sui redditi.  Ci sono i consumi, ci sono i servizi, ci sono molte altre leve su cui è doveroso e opportuno concentrarsi per il futuro.

William Casali (PDCS): Credo sia evidente che ci troviamo di fronte a un provvedimento che richiede un grande senso di responsabilità, da parte di tutto l’arco parlamentare e da parte dell’intero Stato.  Ma voglio subito dirlo: ciò che un po’ mi dispiace è l’utilizzo, da parte di qualcuno, di toni e concetti molto estremi. Quando si parla, ad esempio, di “passaggio profondamente ingiusto” o di “mani nelle tasche dei sammarinesi”. Ecco, mi piacerebbe che il dialogo attorno a questo testo fosse un po’ più moderato. Perché è facile, volendo, fare leva su certe espressioni e stimolare malumori, ma la situazione va rappresentata per quella che è, in modo corretto.  Intanto, va detto chiaramente che il lavoro svolto fin qui è stato un lavoro serio e corretto. Partiamo da una situazione in cui abbiamo un avanzo primario di bilancio: cioè le entrate sono maggiori delle uscite, al netto degli interessi. Quindi non siamo in una situazione di deficit o di crisi. Si tratta piuttosto di iniziare a dare una struttura e un corpo definitivo al sistema fiscale, per guardare al medio-lungo periodo. Solo così potremo impostare politiche diverse, di crescita e di sviluppo.  Una buona riforma fiscale deve fare questo: costruire un sistema stabile, che non generi distorsioni o disuguaglianze, e che sappia intervenire su tutte le categorie economiche in modo equilibrato. Bisogna anche saper utilizzare con intelligenza il principio di redistribuzione del reddito, salvaguardando le fasce più fragili della società.  Si è detto, giustamente, che questo processo deve anche tenere conto dello strumento dell’ICEE. Siamo in prima lettura, e in questa stessa sessione consiliare si parlerà anche del progetto di legge sull’ICEE. È quindi il momento giusto per avviare un confronto serio con tutte le forze politiche, anche di opposizione, per cercare di collegare questi due interventi normativi e renderli il più possibile coerenti e armonizzati.   Voglio poi sottolineare che gli incontri con le parti sociali sono stati numerosi e frequenti. Ce n’è stato uno anche ieri sera. L’attenzione verso i problemi sollevati da sindacati, associazioni e cittadini è alta. E in questo momento, da tutte le parti, emerge la volontà di dare un contributo positivo, affinché questa norma diventi la migliore possibile.  Il testo in esame tocca misure che vanno nella direzione di una migliore redistribuzione del carico fiscale, di un allargamento della base imponibile, di una maggiore equità. Si punta a intercettare redditi che finora sono sfuggiti al sistema. Ci sono ancora tante questioni da approfondire e da definire, ma ritengo che siamo di fronte a un buon punto di partenza, un possibile punto di equilibrio da cui può partire un lavoro serio, che dia fiducia ai cittadini.  Un lavoro che possa sì aprire il confronto, ma senza alzare i toni, senza gridare al disastro, senza stracciarsi le vesti. Perché è giusto fare questo percorso per il bene del Paese e per lo sviluppo della nostra Repubblica.

Giulia Muratori (Libera): Nel mio intervento intendo entrare nel merito del provvedimento, ma prima ritengo utile chiarire il contesto e le motivazioni che ne sono alla base.  Oggi non ci troviamo in una situazione di emergenza finanziaria, come invece è accaduto in passato. Il bilancio dello Stato registra ormai da diversi esercizi un avanzo primario di circa 20 milioni di euro. Tuttavia, il peso degli interessi sui titoli di debito pubblico emessi negli ultimi anni comporta un disavanzo generale superiore ai 20 milioni. A questo si aggiungono le incertezze del contesto internazionale e la necessità di rispettare gli impegni legati al debito estero.  Questo provvedimento ci consente di rafforzare la solidità del bilancio dello Stato, condizione necessaria per accedere a condizioni più favorevoli nelle future, inevitabili, emissioni di titoli di Stato.  Con questa proposta di legge si guarda a una prospettiva di crescita e stabilità economica duratura, che permetta di liberare risorse da destinare allo sviluppo e al benessere del Paese. Un contesto, quello attuale, in cui l’inflazione ha eroso il potere d’acquisto delle famiglie, i prezzi — come già ricordato da altri colleghi — sono fuori controllo, e sul quale riteniamo che il Governo debba valutare un intervento di controllo, proprio alla luce dell’aumento evidente delle bollette, su cui si stanno cercando possibili soluzioni. Parliamo inoltre di un contesto in cui permangono forti disuguaglianze.  Nel programma di Governo, questo provvedimento è previsto e concepito proprio per far emergere le ampie sacche di imponibile oggi sottratte alla tassazione, e per rivedere in modo equilibrato le attuali passività deducibili alla luce dei bisogni reali della nostra società. Questo è il principio che Libera ha sempre sostenuto: un sistema fiscale più giusto è quello che chiede di più a chi ha di più e protegge chi ha redditi più bassi — spesso i più facilmente tassabili.  Per questo motivo, come Libera abbiamo avanzato e continueremo ad avanzare, insieme alla maggioranza, proposte migliorative. Riteniamo questo provvedimento necessario, ma lo vogliamo ancora più equo e incisivo verso chi elude o non contribuisce secondo le proprie reali capacità.  Allo stesso tempo, non riteniamo corretto, in questa fase, alimentare allarmismi generalizzati. La proposta attuale prevede, per chi ha un reddito inferiore ai 23.000 euro annui, un alleggerimento fiscale. Tuttavia, a seguito di ulteriori confronti avuti con la Segreteria e con le forze sociali, chiediamo con forza di valutare con ancora maggiore attenzione l’impatto su tutte le fasce di reddito, in modo trasparente e condiviso.  Un altro punto per noi importante è il rafforzamento della lotta all’evasione fiscale, come previsto dal programma di Governo. Il potenziamento dello scambio automatico di informazioni, già previsto in questa prima lettura, e una più efficace collaborazione tra uffici devono servire a colpire chi, pur dichiarando redditi minimi, continua a produrre fatturati importanti e a godere di privilegi ingiustificati. Un segnale in questo senso è già presente nella proposta, ma riteniamo si possa fare ancora di più.  Abbiamo chiesto, e continueremo a chiedere, un maggior coinvolgimento dei sindacati e delle associazioni di categoria, perché siamo convinti che un provvedimento come questo debba nascere dal confronto e trovare una sintesi ampia e partecipata. È anche una questione di metodo democratico e di rispetto verso chi rappresenta il mondo del lavoro.  Come ha dichiarato il Segretario di Stato, questo progetto di legge è ancora aperto e migliorabile. Ed è su questo che dobbiamo focalizzarci: come Libera, come maggioranza, vogliamo contribuire a migliorarlo con responsabilità e fermezza, affinché la versione finale sia più equa, più condivisa, più giusta.  Per noi, questo provvedimento non è solo una questione di numeri o di rating, ma una scelta di visione. Una visione che metta al centro la persona, non solo il saldo di bilancio.  Infine, non possiamo ignorare il tema della spesa pubblica. Un provvedimento sostenibile come questo deve necessariamente accompagnarsi a una seria revisione della spesa improduttiva. Serve un piano per ridurre gli sprechi e rendere più efficiente la macchina pubblica, perché ogni euro recuperato dove oggi si spreca è un euro in meno da chiedere ai cittadini. E se è importante come si recuperano le risorse, altrettanto fondamentale è come vengono riallocate.  E qui si colloca il nostro impegno: orientare queste risorse verso lo sviluppo reale del Paese, partendo da settori strategici per il benessere collettivo. Penso al rafforzamento del sistema sanitario, al sostegno alla cultura, agli investimenti nelle infrastrutture turistiche, alle politiche attive per contrastare l’inverno demografico, e all’approvvigionamento energetico, con l’obiettivo di ridurre progressivamente le tariffe a carico di famiglie e imprese.  Per Libera, il fine è costruire un Paese più equo, più competitivo e più giusto.

Silvia Cecchetti (PSD): Non è semplice intervenire su un provvedimento che va a revisionare alcuni aspetti dell’attuale imposta generale sui redditi, perché è evidente che, quando si toccano certi temi, bisogna essere molto attenti nello spiegare con chiarezza di che tipo di intervento si tratta.  Proprio per questo motivo, il PSD ha ritenuto importante, prima ancora dell’apertura del dibattito in Aula, organizzare una conferenza stampa che avesse un carattere esplicativo. Abbiamo voluto inviare un messaggio chiaro ai cittadini: spiegare in maniera semplice e trasparente cosa viene introdotto con questo provvedimento, ma anche rassicurare chi, non comprendendo appieno le ricadute del testo, potrebbe spaventarsi o nutrire preoccupazioni infondate.  Il PSD si è assunto la responsabilità — e lo ha fatto anche pubblicamente — di sostenere questo provvedimento, perché lo considera necessario. In primo luogo, come già ricordato da altri, questo Paese ha scelto di collocarsi sui mercati internazionali, e quindi si è assunto la responsabilità di trasmettere a quei mercati un messaggio di fiducia. Per poter collocare i titoli, infatti, è necessario che i mercati percepiscano la solidità del nostro sistema.  Fare interventi mirati sul sistema fiscale significa anche questo: mandare un messaggio di credibilità e di stabilità. E il PSD, insieme al Governo e alla maggioranza, ha deciso di assumersi questa responsabilità, vigilando però attentamente affinché gli interventi non vadano a colpire le fasce più deboli della popolazione.  Un primo aspetto da sottolineare riguarda i frontalieri. Si è trattato, in questo caso, di affrontare una questione che ha a che fare con la territorialità. Tutti i Paesi, pur riconoscendo nei frontalieri una risorsa indispensabile per il sistema economico, stanno facendo politiche legate al territorio.  San Marino ha quindi ritenuto di intervenire per riparametrare condizioni di parità, sia per i frontalieri in entrata — coloro che vengono a lavorare sul nostro territorio — sia per i frontalieri in uscita, cioè i sammarinesi che lavorano fuori. Si tratta di un fenomeno nuovo, ma in crescita, e va gestito con equilibrio.  Altro tema importante è quello relativo alla SMAC. È vero che la SMAC diventa una detrazione, ma il parametro resta sempre la spesa sul territorio. E sappiamo bene quanto le politiche territoriali siano fondamentali, specialmente in un contesto in cui “stare sul mercato” è sempre più complesso.  Se sarà necessario riparametrare le soglie o i criteri affinché anche le categorie più deboli possano beneficiare della detrazione legata alla SMAC, crediamo che la maggioranza sarà disponibile a discuterne.  Ma il tema vero, secondo me, è il controllo dei prezzi, in particolare dei prodotti alimentari. Dobbiamo fare in modo che i cittadini possano continuare a spendere nel nostro territorio e che lo facciano a condizioni sostenibili. Le proposte possibili sono tante, ne abbiamo sentite anche oggi in Aula. Ma io credo che uno dei settori su cui dobbiamo concentrarci con maggiore forza sia quello dell’energia e del risparmio energetico. Se vogliamo che le imprese trovino San Marino interessante per fare impresa, oltre alla fiscalità mite, dobbiamo aiutarle a risparmiare sui costi energetici.  E allora forse proprio questo intervento sull’IGR può rappresentare un’occasione: un’occasione per aprire una riflessione più ampia sui possibili driver di sviluppo. E credo che l’energia — ne abbiamo parlato tante volte — debba essere uno degli elementi cardine per accompagnare positivamente e strategicamente questo provvedimento.

Nicola Renzi (RF):  Diciamo subito che questa non è la nostra riforma fiscale. Non la vogliamo. Non ci possono essere degli aggiustamenti. E vi spieghiamo perché.  Primo punto: il metodo. Avete fatto un programma di governo in cui dicevate che il confronto e il dialogo, anche preventivo, in Consiglio Grande e Generale, con tutte le forze politiche, con le categorie, era fondamentale. E sapete quanti confronti abbiamo avuto noi con il Segretario Gatti, prima di oggi? Nessuno. Sapete se noi abbiamo ricevuto i documenti che hanno avuto le categorie sociali, i sindacati, gli ordini professionali? No. Non li abbiamo ricevuti. Allora, carissimo Segretario Gatti, si tenga la sua riforma. Se ce la fa, se riesce a portarla avanti, se la faccia pure.  Secondo punto: è una riforma fuori tempo. Ed è inutile. Ci avete descritto per sei anni un Paese che era nel pieno dell’età dell’oro. Un Paese risanato, dopo i grandi guasti del passato. E invece, il Paese lo avete sprofondato nell’aspirazione del debito, delle assunzioni farlocche e delle spese facili.  Qualcuno ci ha detto: “Ma i conti sono in ordine”. Il Segretario Gatti l’ha anche scritto nella relazione. Abbiamo un avanzo. Il bilancio è in avanzo. Poi uno guarda l’assestamento e vede che da -28 siamo passati a -30 milioni di deficit. Meno 30 milioni. Una cosa mai vista nella storia della Repubblica: un assestamento che peggiora i conti, invece di migliorarli. Vi siete spesi altri 2 milioni di spesa corrente, mascherata da investimenti o da altro. Con Segretari di Stato che continuano a chiedere aumenti nei loro capitoli: 100.000, 200.000 euro, e continuano con le loro spese pazze per i loro divertimenti.  Allora, l’età dell’oro che ci avete raccontato non c’è. E non è possibile fare una riforma fiscale prendendo in giro le persone. Cercando di farla anche un po’ sotto traccia, mentre gli mettete le mani in tasca. E mentre lei, Segretario, ci mette le mani in tasca, ci racconta anche che va tutto bene. Noi non abbiamo fatto promesse roboanti, non abbiamo promesso assunzioni nella pubblica amministrazione, aumenti di stipendi o prebende. Ci siamo concentrati, e lo rifaremo anche nell’assestamento di bilancio o nella Finanziaria, sul dare aiuti alle famiglie, per favorire la natalità. O per aiutare le persone più fragili, più deboli. Questo abbiamo fatto. I nostri emendamenti sono lì. Nessuno può dire che non è vero. Sono lì a dimostrarlo.  Chi ha fatto 500 assunzioni nella pubblica amministrazione, non può oggi portare a casa la riforma dell’IGR. Chi ci descrive un Paese che non esiste, in cui tutto va benissimo, non può fare la riforma dell’IGR — se la politica ha ancora un senso.  La gente, a San Marino, si è abituata. La gente comune non si aspetta la riforma dell’IGR. Si aspetta aumenti salariali. E su questo, noi abbiamo fatto la battaglia: sulla difesa del potere d’acquisto. Abbiamo mostrato i dati: quanto è rimasto indietro il potere d’acquisto in Italia rispetto al resto dell’Unione Europea. Abbiamo cercato di far capire quanto si è ridotto, nel tempo, il potere d’acquisto delle famiglie e dei singoli sammarinesi. Questa è la realtà.  Allora, vogliamo fare un discorso serio? Se vogliamo farlo, diciamo la verità: quella che avete scritto, quella riforma, se la prende solo con alcune categorie.  E poi, un’osservazione: io non ho sentito niente, dalle forze della sinistra, dal PSD, sui frontalieri. Non ho sentito una parola. Forse la diranno nelle loro spiegazioni, nelle loro esegesi dell’IGR. Ma questo è, secondo voi, il momento di mettere la tassa sui frontalieri? Proprio ora, mentre dobbiamo fare il clarifying addendum con l’Italia? È questo il momento? Allora, noi vi diciamo una cosa, con serietà: ritirate questa riforma. Buttatela nel bidone. Fate un’operazione verità, seria, sui conti pubblici e sulle prospettive, nell’ottica dell’Accordo di Associazione con l’Unione Europea. E lì, a quel tavolo, pur restando all’opposizione, ci siamo anche noi. E ci mettiamo anche la faccia.

Vladimiro Selva (Libera): Devo ovviamente commentare l’invito che abbiamo appena ricevuto dal consigliere Renzi, ma è evidente che non intendiamo accoglierlo, perché riteniamo che sia arrivato il tempo di fare questo provvedimento e portarlo a termine.  Nella scorsa legislatura, anche con Repubblica Futura, dall’opposizione, tante volte avevamo chiesto conto del fatto che la maggioranza non avesse fatto questo passo, che secondo noi era necessario. Oggi intendiamo farlo.  Sappiamo bene che ci sono grandi margini di correzione e miglioramento, per interpretare meglio le esigenze attuali. Dobbiamo garantire che, in un momento in cui l’inflazione sta erodendo il potere d’acquisto — e su questo sono pienamente d’accordo con Renzi — lo Stato sia in grado di agire con una logica di solidarietà e responsabilità fiscale.  Non abbiamo dubbi che su questo testo si possa lavorare. E mi auguro che, al di là dell’invito che ha fatto Renzi per sedersi al tavolo, ci sia il contributo di Repubblica Futura e di tutte le forze presenti in Aula, per arrivare al miglior provvedimento possibile.  Ricordiamolo: la riforma IGR del 2013 fu approvata con grande difficoltà. Ricordo scioperi importanti, fu un momento davvero complicato. In quel periodo, l’economia del Paese non aveva una prospettiva chiara: dovevamo ancora firmare l’accordo con l’Italia per uscire dalla checklist, c’erano molte incertezze sul piano dell’economia reale e del mondo finanziario, bancario, e così via.  Da allora, è successo il terremoto. Ma se il Paese ha retto, è anche grazie a quella riforma fiscale, che ha introdotto elementi di novità che dobbiamo valorizzare. È vero, però, che alcuni aspetti non hanno funzionato bene. In particolare, la base imponibile, che avrebbe dovuto ampliarsi, non si è ampliata come sperato, a causa della totale assenza di controlli.  Ecco perché oggi il Segretario non parla di una vera riforma, ma di aggiustamenti. Dall’altra parte, riteniamo che ci siano correttivi possibili sul sistema delle deduzioni, come previsto anche in questo articolato. Quella proposta può essere una base di partenza per ragionare, e mi auguro che ci sia la volontà di rivederla, tenendo conto che, sebbene l’economia oggi vada sostanzialmente bene — abbiamo piena occupazione, siamo in una condizione molto diversa dal 2013 — all’orizzonte ci sono nubi molto nere.  Penso agli effetti economici e geopolitici che potrebbero riflettersi su un Paese che ha un debito pubblico significativo, e quindi sui tassi d’interesse. Per questo, agire adesso, in un momento tutto sommato positivo, serve a migliorare la struttura del bilancio e può generare benefici immediati, anche sul piano della valutazione internazionale. Perché, che piaccia o meno, i giudizi degli organismi internazionali hanno effetti concreti sui tassi a cui possiamo collocare il nostro debito.  Ecco, questa riforma può già produrre un primo effetto positivo: magari, ridurre i tassi e quindi la spesa per interessi. Per questo, invito tutti a essere responsabili. È un’occasione da non perdere.  Nel 2013 non avevamo prospettive economiche certe. Oggi, invece, l’economia è più solida, produce reddito, e con quel reddito possiamo finanziare lo Stato, e sostenere chi ha più bisogno. Ma per farlo serve unità. E l’unità, per essere reale, non può fondarsi su divisioni fra categorie, ad esempio fra lavoratori, o su modalità di deduzione che trattano diversamente situazioni simili.  Chiudo dicendo: ampliamo e incentiviamo la spesa in territorio. Anche su questo serve un correttivo, che credo il Segretario abbia già in mente. Vedremo e discuteremo insieme, ma bisogna fare in modo che i cittadini spendano a San Marino. E va fatto tenendo sotto controllo i prezzi, altro tema fondamentale.

Luca Lazzari (PSD): C’è una domanda che accompagna questo provvedimento: perché proprio adesso? Perché mettere mano alla legge sull’IGR quando non c’è un’emergenza in corso, quando l’occupazione regge, quando c’è liquidità nei conti pubblici, quando l’economia è in buona salute? Perché non si governa solo reagendo. Si governa anche preparando e anticipando. Con questo provvedimento stiamo facendo una scelta di tenuta e di prospettiva.  San Marino è entrato nel mercato finanziario internazionale. Abbiamo titoli in circolazione, abbiamo un debito da onorare. Chi sta sui mercati deve farlo con il giusto profilo, con un atteggiamento serio e ordinato. Questa legge ci serve per fare ginnastica fiscale: per costruire un margine strutturale che ci permetta di passare dalla gestione quotidiana all’investimento.  Perché è con investimenti produttivi, che hanno utilità sociale, che si ripaga il debito.  Questo provvedimento ha suscitato discussioni — giustamente — ma serve fare chiarezza, perché su alcuni punti si è fatta confusione.  Primo tema: i lavoratori frontalieri. Si è parlato, sbagliando, di “tassa etnica”. Bisogna dirlo con chiarezza: non esiste una tassa etnica. Una tassa etnica sarebbe una tassa pensata solo per i frontalieri. Invece, questo provvedimento riguarda tutti i contribuenti, senza distinzioni. I lavoratori frontalieri, che sono una risorsa preziosissima per il nostro Paese, non vengono sottoposti a un trattamento discriminatorio.  San Marino per loro continuerà a essere un luogo dove si guadagna di più e si paga di meno. È giusto che il sindacato difenda tutti i lavoratori, residenti e frontalieri. Ma la politica deve proteggere anche la territorialità del sistema.  Attenzione però: il rapporto con l’Italia è profondamente sbilanciato. Questo è un elemento politico di cui dobbiamo essere consapevoli. Serve gestirlo con intelligenza. E qui il Governo ha la responsabilità di guidare la maggioranza. Serve un’interlocuzione aperta, trasparente, con l’Italia, per spiegare le ragioni di questa scelta e garantire reciprocità e fiducia.  Secondo tema: detrazioni per lavoratori e pensionati residenti. Con il nuovo meccanismo SMAC, per avere il massimo della detrazione, bisogna certificare almeno 6000 euro annui di spese. Può creare preoccupazione, sì. Ma per i redditi più bassi, la soglia si abbassa a 4000 euro. C’è un principio di progressività. Terzo tema: i controlli. San Marino ha una fiscalità semplice, una flat tax competitiva. Ma proprio perché chiediamo poco, dobbiamo fare in modo che tutti paghino. Arriva finalmente lo strumento dell’accertamento finanziario: il confronto tra dati fiscali e flussi bancari. Uno strumento moderno, che esisteva ma non era mai stato attivato. Ora verrà reso operativo, con un sistema informatico apposito.  Sarà obbligatorio per tutti gli operatori economici che negli ultimi tre anni hanno dichiarato perdite, zero utili, o utili medi inferiori a 15.000 euro. Parliamo del 40% degli operatori. È una percentuale che fa riflettere. Ma sia chiaro: non stiamo creando uno Stato di polizia, stiamo solo cercando di costruire uno Stato giusto. Che chiede poco, ma lo chiede a tutti.  In conclusione: Questo provvedimento si inserisce in una strategia più ampia. Accanto alla riforma IGR, il Consiglio discuterà anche una proposta di contenimento della spesa pubblica — perché ogni intervento sulle entrate deve essere accompagnato da una revisione responsabile della spesa. E accanto al contenimento, lanceremo anche un Patto per la crescita, un’agenda per lo sviluppo da condividere con tutte le forze politiche e il Governo.

Il consigliere Lazzari dà quindi lettura di un Ordine del giorno, proposto dalla maggioranza, per impegnare il il Congresso di Stato:  “a elaborare e rendere pubblico entro la fine del mese di settembre un documento di indirizzo strategico, denominato Agenda per la Crescita, che, in coerenza con il programma di Governo, individui le linee prioritarie di intervento per lo sviluppo, l’innovazione e la sostenibilità economica da attuarsi nei 12 mesi successivi;  a predisporre e presentare entro il termine dell’anno in corso una proposta di intervento, coordinata dalla Segreteria di Stato per gli Affari Interni, per il contenimento della spesa pubblica, intervenendo su sprechi e disfunzioni economiche nei singoli comparti, con criteri di trasparenza ed efficienza”.

Matteo Zeppa (Rete): Questo è un colpo di teatro. Chi vive la politica da anni lo comprende bene: durante una prima lettura di una riforma sull’IGR, i gruppi di opposizione hanno avuto il testo solo nel momento in cui è stato depositato. Non ci sono state interlocuzioni precedenti.  Questo è un grande difetto del Segretario Gatti, lo aveva anche nella scorsa legislatura con le opposizioni e con le parti sociali. Se ne dovrà fare carico. Non si può pensare che il processo sia unidirezionale, soprattutto in un momento così delicato in cui servirebbe collaborazione, anche da parte della maggioranza, di cui si sono sentiti pochi interventi.  Parliamo di un ordine del giorno che, di fatto, commissaria nuovamente il Segretario Gatti e il Governo. Non si è mai visto, in una prima lettura di una riforma dell’IGR, che la maggioranza presenti un ordine del giorno al Governo stesso, coinvolgendo anche le opposizioni. Ma ci può stare nel gioco politico.  Il problema sono le tempistiche, che Gatti ha evidentemente voluto forzare, e il Governo gli è andato dietro. Mi sembra però che parte della maggioranza non abbia condiviso. È evidente che si tratta di un commissariamento, è sotto gli occhi di tutti.  Sono anche stufo di assistere ai soliti giochi delle parti. Si parla di attrarre investimenti: ieri abbiamo discusso dell’abrogazione delle residenze non domiciliate. Ma manca una base politica chiara, non ideologica, su cosa questo Governo voglia fare davvero in ambito fiscale, senza erodere ulteriormente quanto già è stato eroso.  Il sindacato ha toccato un punto che nessuno di voi ha sfiorato: il rinnovo dei contratti. I rinnovi avvenuti finora sono stati al ribasso, perché i contratti erano scaduti da anni. E ora questa riforma colpisce ulteriormente quelle stesse persone.  Non si possono ignorare i contratti, non si può pensare di fare rinnovi che non restituiscano potere d’acquisto. E intanto si vessano nuovamente i lavoratori frontalieri.  Se 8.000 frontalieri se ne vanno, siamo nei guai. I lavoratori specializzati sammarinesi non ci sono. Non c’è un rapporto serio con l’Italia su questa tematica. Ci sarà pure qualcuno, nel Governo italiano, che dirà: “Attenzione a non rimettere una tassa etnica sui lavoratori che vengono da voi.”  Dopo aver attratto pensionati e portato via residenze fiscali, dopo aver chiesto il clarifying addendum all’UE sulla vigilanza… manca una visione politica. È facile – troppo facile – andare a prendere soldi dove sono già dichiarati. È molto più difficile e compromettente andare a cercarli dove non lo sono.  Per esempio: in certi esercizi commerciali, una merce costa 150 euro, ma se non smacchi te la fanno a 100. È normale? E voi volete anche cambiare il meccanismo della SMAC?  Qui c’è leggerezza, se non superficialità. C’è l’indisponibilità da parte di questo Governo e di questo Segretario – di nuovo commissariato dalla sua stessa maggioranza – di portare avanti provvedimenti sensati.  State attaccando i più attaccabili: chi già dichiara tutto. E non tenete conto del fatto che la stragrande maggioranza dei lavoratori ha contratti scaduti. In un Paese dove le corporazioni sono ancora forti, questa è una cosa oscena.

Dalibor Riccardi (Libera): Quando una maggioranza presenta un provvedimento di questo tipo, è sicuramente sintomo di un governo forte. Perché, sinceramente, non ho mai visto e probabilmente mai vedrò un provvedimento fiscale che porti consenso o che venga accolto da tutti con festeggiamenti. Questo significa che questa maggioranza e questo governo, al di là di ogni valutazione elettorale, hanno realmente a cuore la stabilità economica e finanziaria del Paese.  Detto questo, il provvedimento presentato in prima lettura si fonda – come già ribadito anche dai colleghi di Libera – su tre parole chiave: trasparenza, chiarezza, equità. Probabilmente durante il mio intervento ripeterò più volte questi termini, perché rappresentano i parametri fondamentali entro cui, con diversa sensibilità, si dovrà comunque intervenire.  È fondamentale che questi principi non manchino mai, soprattutto quando si governa. Sarà un lavoro che dovremo fare insieme, maggioranza e governo, per garantire davvero stabilità economica e solidità al nostro Paese, che non deve più rincorrere, ma deve puntare su basi certe.  Non si può affrontare un provvedimento di questo tipo valutando soltanto i numeri in modo asettico. Occorre considerare lo status generale del Paese: la spesa corrente non deve mancare, ma serve anche un maggiore controllo sull’accertamento dei redditi. Senza trasparenza e chiarezza, ogni provvedimento rischia di non essere sostenibile, né sostenuto.  Dovranno esserci occasioni di confronto, tra la prima e la seconda lettura, con le forze sindacali, datoriali, e ovviamente con tutte le forze politiche presenti in Aula, che devono avere modo di incidere. Capisco le critiche delle opposizioni, forse anche con una certa strumentalità – lo dico apertamente: forse avrei fatto peggio io se fossi stato all’opposizione – ma occorre anche uno sforzo di comprensione. Per una volta, forse, questo Paese può trovare una stabilità che duri nel tempo.  L’attenzione ai lavoratori e alle categorie deve restare sempre la nostra stella polare. Alcune sensibilità emerse in Aula non sono certo ignorate da questo governo e da questa maggioranza. L’obiettivo resta quello: equità, trasparenza, chiarezza, da costruire nel tempo tra la prima e la seconda lettura.  Concludo. Serve equilibrio. Nel rispetto dei lavoratori e dei cambiamenti, occorre trovare una stabilità e una sostenibilità per una Repubblica che deve, e può, ancora crescere.

Enrico Carattoni (RF): Io non ho mai visto, mai, la presentazione di un progetto di legge in prima lettura, che poi è una riforma fiscale, e simultaneamente la presentazione di un ordine del giorno. E la presentazione di un ordine del giorno che parzialmente corregge quel testo che si è andato ad approvare in prima lettura. Non sta bene a qualcuno – mi rivolgo in particolare a PSD e Libera – che il peso più grosso di questa riforma venga sui lavoratori frontalieri. Che poi si risolverà con un nulla di fatto, se non con l’aumentare ancora una volta e ancora di più le frizioni all’interno della maggioranza, ma far sì che alla fine il Segretario Gatti faccia come sempre quello che vuole, in barba a tutti e tutti, anche alla sua stessa maggioranza, perché questa è la verità. Voi pensate di aver portato a casa un punto, avendo fatto sottoscrivere quest’ordine del giorno, ma in realtà il governo di questo se ne frega, perché andrà avanti. Andrà avanti in barba alle categorie sociali, ai sindacati, al PSD, a Libera e a tutto il resto e porterà a casa questa riforma, che poi bisognerà capire perché viene fatta, e cioè qual è il senso di questa riforma. Ma veniamo al merito. Viene fatta una riforma. Io però, oltre a concentrarmi su quello che hanno correttamente detto i miei colleghi della mia forza politica ma anche del resto dell’opposizione, c’è un tema che io non riesco a capire. Cioè, se si fa una riforma, si sa che è la riforma più delicata che c’è, no? Perché scatena delle controversie nel Paese, delle tensioni e quant’altro. Allora mi chiedo: ma perché viene fatta una riforma IGR? L’ultima che è stata fatta è del 2013. Ci ricordiamo cosa ha provocato, no? Degli scompigli, uno sciopero – forse il più partecipato della storia recente. Però è chiaro che lì si veniva da una situazione complessa, un deficit di bilancio enorme, un disavanzo, non si era fatto ancora ricorso al debito pubblico ed era una situazione che però era stata messa sul piatto, che aveva permesso anche di cambiare un governo con delle nuove maggioranze. Oggi invece si viene da uno storytelling nel quale si dice che va tutto bene. Stiamo riducendo il debito, assumiamo altre persone, e quindi, di conseguenza, che senso ha fare questa riforma? Cioè, le riforme fiscali si facevano negli anni ’90 per andare ad abbassare le tasse o alzare i contratti, o negli anni più recenti si facevano per alzare le tasse perché il bilancio dello Stato non era sostenibile. Qui, per quale motivo invece viene fatta questa riforma? La realtà è un’altra. La realtà è che questa riforma vi serve perché i conti dello Stato non sono in ordine, perché sono drammaticamente stati svuotati: a) dal debito che avete contratto e dagli interessi sul debito che stiamo pagando e b) dalle assunzioni smisurate che avete fatto nella pubblica amministrazione. E qui vengo all’ultimo punto, la panacea, l’eterno dilemma: la lotta all’evasione, che oggi addirittura – ho sentito – non è più nemmeno all’evasione, che ormai non ce la facciamo più, ma all’elusione fiscale. Già un po’ meno. Allora, il tema è un altro, signori. Io l’ho già detto negli interventi sull’assestamento. Sapete qual è l’unica riforma seria che permette di fare la lotta all’evasione fiscale? Dare la forza all’Ufficio Tributario di fare gli accertamenti. Avete assunto negli ultimi quattro anni ottocento persone nella pubblica amministrazione. Quante di queste avete destinato agli accertamenti dell’Ufficio Tributario? Questo sarebbe il tema. Allora, non fare le riforme, le commissioni, le controcommissioni. Dovete dotare gli uffici che hanno le competenze di fare gli accertamenti della forza numerica e delle forze professionali per poter fare quel tipo di lavoro. Questo non lo avete fatto. E non lo fate nemmeno con questa riforma. 

Michele Muratori (Libera): Vorrei ringraziare tutte le forze sindacali che abbiamo incontrato ieri e che ci hanno sicuramente dato degli spunti molto interessanti su cui poter andare ad analizzare questo dispositivo. Un dispositivo che parte da una ragione ben chiara, l’impegno che ci siamo dati come maggioranza e come governo è quello di far emergere i redditi nascosti, equilibrare quelli più deboli anche attraverso l’introduzione, che è una grandissima novità a nostro modo di vedere, dei sistemi di controllo con degli automatismi che permettano di verificare transazioni finanziarie e quant’altro e quindi far emergere dal torbido qualcosa che dovrebbe in realtà essere trasparente, considerando che uno degli obiettivi di questo governo è proprio quello di implementare la trasparenza. Da quello che è emerso anche ieri nell’incontro con i sindacati, ma in realtà ne avevamo parlato anche tante altre volte noi all’interno di quest’Aula, c’è la necessità, oltre a quanto è stato presentato, di fare un costante monitoraggio dei prezzi. Questo è un aspetto estremamente importante che dobbiamo migliorare nel progetto che è stato depositato in prima lettura. Qualcuno ha chiesto perché si fa questa riforma che, è già stato ribadito, non è una vera e propria riforma ma sono degli aggiustamenti a livello di fiscalità, e perché è stata fatta in questo momento in cui si dice che va tutto bene. Qui riprendo anche l’intervento del segretario del PSD che mi ha preceduto, il quale diceva che per fare una cosa fatta veramente bene, elaborata e condivisa con più parti, non bisogna aspettare di essere con l’acqua alla gola, ma bisogna farla anche nei momenti in cui la situazione è buona o comunque in cui non ci sono emergenze, per poter lavorare in maniera più fattiva e costruttiva. Devo dire che rispetto alla prima impostazione, che già girava come bozza e che è stata oggetto di alcuni incontri, apprezzo molto il fatto che sia stata tolta la possibilità di introdurre la minimum tax, che in passato era stata prevista in alcuni passaggi e in alcuni frangenti. È una cosa a cui noi ci siamo sempre opposti e quindi accogliamo favorevolmente questa eliminazione, perché sarebbe stato un segnale bruttissimo dato alla cittadinanza o comunque agli operatori economici, in quanto avrebbe significato un arrendersi al sistema di controlli che non si riescono a fare. Pertanto, con l’introduzione dei sistemi di controllo, si va nella direzione opposta. Vorrei anche replicare brevemente al collega Zeppa che ha parlato di commissariamento.È tutt’al più un rafforzamento di una posizione e degli obiettivi che si vogliono portare a casa. Apprezzo particolarmente anche l’indicazione di coordinarsi con la Segreteria di Stato per gli Affari Interni per il contenimento della spesa, anche perché il contenimento della spesa e la spending review rappresentano il primo tassello da mettere in campo prima di affrontare qualsiasi altro tipo di riforma. Questo va nella direzione della trasparenza, ma anche nella gestione da buon padre di famiglia, come si diceva una volta, e noi siamo sicuramente tenuti ad andare a controllare di più e a risparmiare, perché si può sicuramente risparmiare. Benissimo anche il concetto di agenda per la crescita, perché vogliamo portare sviluppo e sviluppare, passatemi il termine, tutte le strategie possibili per andare in questa direzione

Maria Luisa Berti (AR): Ritengo che questo progetto di legge, che stiamo esaminando in prima lettura, sia assolutamente condivisibile, sia per la tempestività del suo esame sia per l’impianto e la struttura, e soprattutto per le finalità che persegue.  Dal punto di vista temporale, un provvedimento di questo tipo non può essere varato a fine legislatura: è sempre opportuno affrontarlo all’inizio, proprio per non essere sottoposti a quelle pressioni che, in chiave elettorale, potrebbero condizionarne l’impostazione. È ovvio che l’obiettivo di un progetto di legge come questo – che può avere anche effetti impopolari – espone alla comprensione che l’opposizione colga l’occasione per un po’ di demagogia, cercando di catalizzare consenso. Tuttavia, l’obiettivo di un intervento normativo di questo tipo è, prima di tutto, quello di garantire l’efficacia del nostro stato sociale: fare in modo che vi siano sempre risorse sufficienti affinché lo Stato e il suo apparato funzionino nel modo migliore, a garanzia della gratuità del nostro sistema sanitario, del nostro sistema di istruzione e dei servizi offerti dalla pubblica amministrazione.  Sono proprio le entrate che ci permettono di sostenere questi servizi e garantirne la gratuità per la nostra comunità.  Inoltre, sono da condividere le finalità evidenziate dal Segretario di Stato e dai consiglieri di maggioranza intervenuti prima di me, ovvero far emergere il sommerso, ciò che oggi non viene sottoposto a tassazione, ossia quella parte di elusione che sfugge al fisco.  Non si tratta, quindi, di aumentare il carico fiscale diretto per i contribuenti, ma di allargare la base imponibile, acquisire maggiori risorse economiche per poter fare investimenti. E francamente non comprendo la sorpresa manifestata da qualche consigliere di opposizione: fare investimenti significa dare un volano alla nostra economia, a beneficio delle imprese, dei lavoratori e della collettività.  È evidente, poi, che ci siano delle sensibilità espresse anche dai sindacati, ed è giusto che sia così: essi rappresentano le categorie che devono tutelare. Credo che da oggi in avanti ci possano essere ulteriori momenti di confronto con loro; alcune delle osservazioni avanzate sono condivisibili e potranno eventualmente essere recepite. Questo confronto è necessario per arrivare a un testo normativo il più utile possibile per l’intera comunità.  Ritengo inoltre opportuno evidenziare l’importanza del rafforzamento di tutti i controlli. Non deve sorprendere se, in un testo normativo come quello in esame, si cerca di rendere questi controlli ancora più efficaci. Anzi, considero questo un elemento di valorizzazione del testo stesso.  Quando si interviene sul potenziamento delle indagini fiscali anche sotto una certa soglia di reddito, ritengo che si introduca una novità normativa assolutamente positiva, utile a far emergere ciò che fino ad oggi non è emerso. Non è infatti accettabile che soggetti con stili di vita elevati non paghino quanto dovrebbero in base alle proprie reali capacità contributive.  Ci sono state delle critiche in merito all’ordine del giorno, ma francamente le lascio correre: l’Odg non fa che rafforzare quanto è già previsto nel nostro programma di governo e nelle finalità stesse della legge.

Emanuele Santi (Rete): Rispetto al mandato che viene dato al Congresso di Stato, vorrei analizzare questo aspetto, oltre al fatto che, bisogna ammetterlo, per un anno il Congresso di Stato e voi non avete fatto praticamente nulla su questi temi.  Quando parlate di sostenibilità economica, è lì che casca l’asino, perché per anni avete portato avanti la narrazione secondo cui il bilancio dello Stato andava bene, i conti pubblici andavano bene, tutto andava bene. Ecco, le bugie e i nodi, alla fine, vengono al pettine. Non si può continuare a dire che va tutto bene, come avete fatto in campagna elettorale, dicendo che i soldi ci sono, che si può continuare a spendere. Poi mi immagino i consiglieri della Democrazia Cristiana quando il Segretario Gatti è venuto da voi a dire che serviva la riforma fiscale perché mancavano 20 milioni… penso che qualcuno sia caduto dalla sedia. Una politica seria deve dire: sì, abbiamo contratto debiti, sono state fatte scelte scellerate negli anni, e oggi la realtà dei fatti ci impone una politica di rigore.  Da un lato dobbiamo trovare politiche di sviluppo, ma dall’altro dobbiamo anche tirare la cinghia. Noi questo abbiamo sempre detto. La riforma fiscale che invocavamo era una riforma dell’IGR basata sul realismo politico ed economico, che dicesse chiaramente ai cittadini: “Non va tutto bene”, perché se si continua con questa narrazione, la gente ci crede e poi, quando le si mettono le mani in tasca, si accorge che non era affatto come veniva raccontato.  La riforma fiscale deve toccare chi ha di più, non chi ha di meno. Deve potenziare i controlli, far emergere le grandi sacche di elusione e di evasione, e deve anche cercare di incassare i tanti crediti lasciati per strada da società chiuse, da amministratori che accumulano debiti e continuano ad aprire nuove società.  Su questo punto, manca la volontà politica. Se l’impostazione – come dissi nel 2022 al Segretario Gatti – è quella di fare cassa e prendere 20 milioni da dove è più facile, cioè dai redditi certi, dai pensionati e da chi ha di meno, allora le dico: questa riforma la può cestinare. E credo che anche i colleghi di maggioranza che mi guardano lo sappiano bene: questa impostazione non va per niente bene.  L’ordine del giorno è molto chiaro. Quando parlate di sostenibilità economica, dovreste chiedere davvero al Segretario Gatti qual è la reale situazione dei conti pubblici. Perché ancora oggi, nella relazione che accompagna il PDL, il Segretario scrive che non c’è un’emergenza e che i conti sono a posto. Ma come si fa a continuare con queste bugie?  Invece bisogna avere il coraggio di dire chiaramente – e non è mica una vergogna – che abbiamo un bilancio, come l’assestamento che andremo ad approvare, che perde ancora 30 milioni di euro. Bisogna dirlo, rimboccarsi le maniche e cercare di trovare il modo di sistemare le cose, senza tagliare lo stato sociale e senza chiedere soldi a chi ha meno.  Serve una scelta di equilibrio, non la negazione della realtà.  Quando parlate di contenimento della spesa, io francamente rido. Portate un assestamento di bilancio che, da una perdita di 28 milioni, aumenta a 30 o 32 milioni di euro. Ma che politiche di contenimento dei costi sono queste? Le dovete fare adesso. L’assestamento ce l’abbiamo domani, dovete iniziare adesso, non a settembre. Dovete iniziare a dire ai vostri Segretari di Stato di spendere meno, perché avete messo 600.000 euro in più nelle segreterie, quando già il bilancio 2025 prevede 7 milioni in più di costi.  Questo ordine del giorno serve solo a giustificare una riforma che anche voi sapete benissimo essere da cestinare e da rifare.

Guerrino Zanotti (Libera): Segretario Gatti, affrontiamo oggi questo progetto di legge con la consapevolezza di trovarci di fronte alla necessità oggettiva di un intervento che sostenga e rafforzi il bilancio dello Stato. Su questo impegno, Segretario, Libera si sente pienamente ingaggiata.  Abbiamo bisogno di una misura, di un intervento che sia in grado di liberare quelle risorse necessarie per alleggerire l’indebitamento dello Stato e quindi il pagamento di interessi gravosissimi sul debito, ma anche per sostenere politiche di sviluppo e investimenti strategici.  Tuttavia, accanto a questa consapevolezza, sentiamo per intero la responsabilità di chi non può pensare che la soluzione ai problemi strutturali ricada sempre e solo sulle stesse categorie di cittadini. E per affrontare questo tema serve un ragionamento semplice e lineare.  Ogni volta che ci si pone di fronte a una proposta di riforma dell’IGR, ci si deve sempre fare una domanda: stiamo garantendo, con questo progetto di legge, la corretta applicazione dell’articolo 13 della Dichiarazione dei Diritti? Cioè, stiamo facendo in modo che tutti i cittadini concorrano alle spese pubbliche in ragione della loro reale capacità contributiva?  D’altra parte, viene a sostegno di questa impostazione anche il programma di governo che abbiamo sottoscritto insieme a tutta la maggioranza in materia fiscale. In esso si prevede, appunto, anche un intervento sulla legge 166 del 2013, con l’intento di recuperare sacche di imponibile attualmente non tassato.  A rafforzare questa direzione, c’è anche l’invito del Fondo Monetario Internazionale, che ci spinge a realizzare un’operazione di emersione dell’imponibile non dichiarato.  Tuttavia, leggendo questa proposta di riforma fiscale, non possiamo ignorare il fatto che, purtroppo, il testo presentato rischia di colpire in modo sproporzionato le diverse tipologie di reddito presenti nella Repubblica: parliamo ovviamente dei lavoratori dipendenti, dei pensionati, dei lavoratori transfrontalieri e dei redditi da lavoro autonomo.  La posizione di Libera è nota: non si tratta di ostruzionismo, né del rifiuto di assumerci la responsabilità di passaggi difficili. Al contrario: vogliamo essere responsabili, chiari e trasparenti nei confronti dei cittadini che rappresentiamo.  Prendiamo positivamente l’apertura che il Segretario ha mostrato oggi nella sua relazione, come anche nei giorni scorsi. È vero che all’interno del progetto di legge ci sono passaggi sicuramente apprezzabili: ad esempio, la tutela dei redditi inferiori ai 23.000 euro, che con gli interventi proposti potrebbero addirittura vedere ridotto il carico fiscale.  È vero anche che il principio della detrazione d’imposta agisce in modo più equo, in termini di dichiarazione dei redditi, rispetto alle deduzioni dal reddito.  Tuttavia, vi sono anche dei passaggi che abbiamo evidenziato e criticato: in particolare, l’assenza di un intervento concreto e incisivo sui controlli e sull’emersione degli imponibili che oggi purtroppo alimentano l’evasione fiscale.  C’è poi un altro tema centrale, Segretario: quello dell’imposizione sui lavoratori transfrontalieri. Anche se non si tratta formalmente di una “tassa”, di fatto si creano differenze tra lavoratori che operano gomito a gomito nella stessa realtà produttiva, ma si trovano a subire imposizioni differenti.  Sulla base delle aperture che ci sono state – anche oggi – e dell’impegno che intendiamo mettere da qui in avanti, vogliamo contribuire a portare a compimento un progetto di legge che abbia un’impostazione più equa, più redistributiva rispetto alle ricchezze presenti nel Paese, affinché non si creino discriminazioni tra le varie categorie.  Su questo ci sentiamo altrettanto ingaggiati, da oggi in poi, fino all’approvazione definitiva del testo.

Luca Gasperoni (PDCS): Oggi siamo a discutere in prima lettura quella che possiamo definire la madre di tutte le riforme. Anche se, vedendo il testo depositato, la definirei più una revisione dell’attuale legge IGR.  Se torniamo indietro al 2013, anno dell’ultima riforma dell’IGR, la situazione economica del Paese era completamente diversa rispetto a quella attuale. San Marino si trovava ancora all’interno della blacklist italiana, il tasso di disoccupazione era vicino al 9% e il Paese si stava lentamente riconvertendo da un bilancio sostenuto, per la maggior parte, dal sistema bancario a un bilancio che cercava un maggiore contributo dal sistema imprenditoriale e manifatturiero. Oggi, invece, ci troviamo con un bilancio dello Stato tutto sommato in equilibrio, che presenta addirittura un avanzo primario. Quest’ultimo si attesta attorno all’1% del PIL, il che significa che le entrate coprono interamente le spese correnti.  Ciò non vuol dire che tutto vada bene, assolutamente. Rispetto al 2013, abbiamo oggi un debito superiore al 60% del PIL, mentre nel 2013 era sotto al 20%, seppur in lenta discesa. Il disavanzo generale si registra a seguito delle spese in conto capitale, ossia spese per investimenti di cui non possiamo fare a meno, perché sono quelle che contribuiscono alla crescita economica. A ciò si aggiungono le spese per interessi sul debito contratto nelle legislature precedenti.  Per portare avanti una crescita economica sana e orientata a una graduale ma rapida diminuzione del debito pubblico – così da poter liberare risorse da destinare a interventi per lo sviluppo economico o a politiche sociali mirate – non possiamo prescindere dalla stabilizzazione delle entrate e quindi del bilancio stesso.  Uno degli interventi principali su cui si basa l’impianto del progetto di legge è quello del riequilibrio del sistema impositivo, che non andrà a colpire le fasce più deboli.  Infatti, dalle proiezioni finora rilasciate dalla Segreteria di Stato per le Finanze, i redditi medio-bassi non saranno intaccati da tali modifiche. Ci tengo a ribadire che non sono previsti aumenti alle aliquote di imposta, come già dichiarato da tempo.  Il lavoro della Segreteria si è concentrato sulla revisione dei meccanismi di detrazione e deduzione d’imposta, con l’obiettivo di incentivare il consumo interno. Uno degli interventi più rilevanti del progetto di legge riguarda proprio il passaggio delle spese SMAC da deduzione a detrazione.  Questa modifica avrà un impatto importante sul gettito fiscale dei soggetti esteri che producono reddito nel territorio sammarinese, quindi sui lavoratori frontalieri. Credo che, su questo tema, sarà necessario verificare attentamente quale sarà il reale impatto su tale categoria di lavoratori.  Mi rendo conto che il compito non sarà semplice, vista la costanza con cui la Repubblica Italiana interviene in materia di fiscalità. Va comunque dato atto al Segretario di Stato Gatti di essersi attivato da subito, incontrando l’Associazione Frontalieri Italia–San Marino per spiegare gli effetti del provvedimento alla categoria.  Le maggiori preoccupazioni sollevate dalle organizzazioni sindacali riguardano la possibile perdita di potere d’acquisto da parte dei cittadini sammarinesi, aggravata dall’inflazione post-Covid che ha fatto impennare i prezzi. In questo senso, la tutela dei redditi bassi, fortemente voluta dalla Segreteria Finanze, e che dovrà essere presidiata da tutta la maggioranza, rappresenta un argine importante a favore delle famiglie meno abbienti, così da poter calmierare completamente gli effetti della riforma su tali soggetti.  Credo sia opportuno soffermarsi qualche minuto sul tema dei controlli, per chiarire l’intendimento della maggioranza.  I controlli finanziari non saranno discrezionali, ma – come riportato nella relazione accompagnatoria al progetto di legge – riguarderanno quei soggetti passivi che, negli ultimi tre periodi di imposta, hanno dichiarato un reddito medio annuo pari o inferiore a 15.000 euro.  Si punta dunque a sanare comportamenti non corretti e, soprattutto, la concorrenza sleale che si è generata negli anni.  Se da una parte si chiede un sacrificio, dall’altra qualcosa deve essere concesso dalla politica. Parlo della tematica della spending review. Sono convinto che questo percorso debba essere affrontato in modo serio e costruttivo.  Un maggiore onere fiscale deve essere accompagnato da una razionalizzazione della spesa, per evitare di dilapidare il maggiore gettito creato. Se si lavora per stabilizzare le entrate e ampliare la base imponibile, allo stesso tempo è necessario che le spese siano contenute ed equilibrate.

Giovanna Cecchetti (indipendente): Oggi discutiamo, in prima lettura, della modifica dell’Imposta Generale sui Redditi. Vorrei partire da un presupposto: è ovvio che nessuno vorrebbe mettere mano alla leva fiscale nei confronti dei propri cittadini. Ma è dovere di un legislatore – e lo è in particolare nei tempi non emergenziali – agire per garantire la tenuta dei conti pubblici.  Il compito di un legislatore, di un governo e della sua maggioranza, è infatti quello di mettere in sicurezza i conti pubblici. E questo non tanto perché ci troviamo in una fase di emergenza – lo abbiamo detto, oggi non siamo in emergenza – ma perché vi è comunque una necessità.  Una necessità legata alla presenza di un debito pubblico, alla volontà di portare avanti progetti di sviluppo, ma anche a un contesto geopolitico internazionale che – come purtroppo abbiamo già visto negli ultimi anni – può produrre effetti significativi sulle tasche dei cittadini. Lo abbiamo visto con il Covid, con le guerre, con l’impennata dell’inflazione e con l’aumento dei prezzi delle materie prime.  Questi aumenti riguardano non solo i beni di consumo quotidiano, ma anche costi difficilmente sostenibili come quelli dell’energia o del gas.  Ecco perché è dovere del legislatore intervenire per garantire conti pubblici solidi, in grado di sostenere lo sviluppo.  Questo intervento legislativo non modifica le aliquote, che infatti rimangono invariate, ma si propone di ampliare la platea dei soggetti sottoposti a imposizione fiscale.  Uno dei punti principali voluti dalla maggioranza è proprio il rafforzamento dei controlli, in particolare su molte ditte che, fino a oggi, risultava difficile sottoporre ad accertamenti con le attuali procedure dell’Ufficio Tributario.  Con questo progetto di legge si dà il via a un intervento che punta a far emergere i redditi nascosti, potenziando il sistema dei controlli attraverso indagini finanziarie automatiche.  Nello specifico, si prevede un accertamento d’ufficio per persone fisiche e giuridiche che, per tre anni consecutivi, abbiano dichiarato un reddito medio annuo pari o inferiore a 15.000 euro.  Altro tema discusso è quello relativo alla SMAC. Un argomento che ha generato clamore, con qualcuno che ha parlato di “tassa etnica”. Ma non si tratta di un provvedimento contro i frontalieri.  È importante sottolineare che questo è un progetto di legge “aperto”. Significa che tra la prima e la seconda lettura – e prima del passaggio in Commissione – dovrà proseguire il confronto con tutti i soggetti coinvolti: le organizzazioni sindacali, le associazioni datoriali, la stessa maggioranza e il Governo.  Con le proiezioni alla mano e dati completi, si potranno introdurre quei correttivi necessari a proteggere i soggetti più deboli, ovvero coloro che devono essere tutelati con maggiore attenzione.  Nel testo si afferma chiaramente che non saranno toccati i redditi al di sotto dei 23.000 euro annui. Ma è altrettanto importante difendere non solo i redditi medio-bassi, bensì anche quelli medi, perché sappiamo bene che la fascia centrale della popolazione è fondamentale per il mantenimento dell’equilibrio economico dello Stato.  Detto questo, il nostro Paese continua ad avere un sistema fiscale contenuto, pensato per mantenere attrattività agli occhi degli investitori. Un sistema che punta all’equità, capace di garantire la continuità dei servizi pubblici, ma che allo stesso tempo deve essere accompagnato da progetti di sviluppo economico, razionalizzazione della spesa pubblica e interventi a sostegno delle famiglie.

Gerardo Giovagnoli (PSD): Siamo di fronte a un testo che questa maggioranza considera non un punto di arrivo, ma un punto di partenza. Un testo che poggia su presupposti chiari: non andare a toccare i redditi bassi, mantenere un principio di equità, e tenere in considerazione anche elementi esterni a noi, come l’evoluzione della fiscalità in Italia.  Se serviranno ulteriori verifiche o approfondimenti, questi saranno certamente fatti. Ma l’impianto tiene conto, in modo evidente, del fatto che per alcune categorie – in particolare quelle più in difficoltà – si possa andare incontro addirittura a una diminuzione dell’imposta. E credo che questo, nei numeri, emerga chiaramente.  Il discorso, però, a mio avviso, va affrontato in termini più ampi. Non ci si può limitare a ragionare solo sulla riforma delle imposte dirette. I modi con cui lo Stato si approvvigiona di risorse sono molteplici, e ci sono leve che in passato non sono state utilizzate, ma che oggi è necessario attivare.  La prima che mi viene in mente è quella di una maggiore capacità di controllo. Controlli non invasivi, ma comunque efficaci nel contenimento dell’elusione e dell’evasione fiscale. Su questo fronte c’è una novità importante, introdotta all’articolo 36, che interviene su chi dichiara ripetutamente redditi molto bassi.  È stata scelta, in questo caso, la soglia dei 15.000 euro, ma anche questo è un dato eventualmente modificabile. Ciò che conta è il principio, e in particolare il fatto che si proceda in modo automatico.  Questa parola – “automatico” – è, a mio avviso, cruciale. Tutto questo ci permette anche di collocarci all’interno di un contesto più ampio: quello dell’accordo di associazione con l’Unione Europea. Un accordo che comporterà regole condivise e meccanismi che dovranno funzionare su un piano superiore, con cui saremo chiamati a interagire.  Per questo, nella fase di definizione finale del testo, coglierei l’occasione per rafforzare proprio questo tipo di strumenti – oltre alle aliquote – e rendere il sistema più efficace. Parlo di meccanismi che siano non invasivi, non percepiti dai cittadini come eccessivamente intrusivi, ma comunque in grado di contribuire in maniera concreta alla riduzione dell’evasione e a un sistema più equo.  Concludo con un monito e una raccomandazione.  Oggi parliamo ancora una volta di imposte dirette, ma esistono anche le imposte indirette. Non possiamo continuare a ignorare la necessità di una riforma delle imposte indirette. Dovremmo guardare al modello adottato da tutti gli altri Stati evoluti del mondo: quello dell’IVA. Non è pensabile che, tra qualche anno, saremo nel mercato unico europeo e staremo ancora a discutere della monofase, un sistema che ormai nessuno comprende davvero.  È chiaro che moltiplicare gli interventi fiscali non è semplice, ma teniamo ben presente questa necessità nel nostro percorso riformatore.

Gemma Cesarini (Libera): Oggi siamo chiamati a discutere un provvedimento di grande impatto e importanza. Ma, prima ancora di entrare nel merito delle modifiche proposte, ritengo sia necessario soffermarsi su alcune considerazioni preliminari.  A partire dal 2020, San Marino ha compiuto una scelta senza precedenti in materia di gestione del debito pubblico. Ha deciso di aprirsi ai mercati finanziari, emettendo per la prima volta titoli di Stato rivolti a investitori esterni. È stato proprio il 2020 l’anno in cui è avvenuta la prima collocazione, con un bond da 350 milioni di euro. Vale la pena ricordare che una parte consistente del nostro debito deriva da decisioni prese in passato, quando lo Stato è dovuto intervenire anche per sostenere un sistema bancario in crisi, travolto dal peso dei crediti deteriorati.  Oggi, grazie a un lungo lavoro di risanamento e di rafforzamento della trasparenza, il tasso dei crediti non performanti è sceso in modo significativo. Un traguardo che solo pochi anni fa sembrava fuori portata. E questo progresso viene riconosciuto dai mercati.  Negli ultimi anni, San Marino ha avviato un percorso di consolidamento della finanza pubblica. I dati lo confermano: il debito è diminuito, così come il rapporto tra debito e PIL. Non si tratta di risultati casuali, ma del frutto di scelte politiche responsabili, che hanno riguardato la gestione attiva del debito, la riduzione dei rischi bancari e, soprattutto, la creazione di un clima che ha favorito la fiducia da parte degli investitori.  Questa fiducia non è un concetto astratto. Quando gli investitori si fidano di uno Stato, i tassi di interesse applicati al suo debito diminuiscono. Quando si percepisce stabilità, lo Stato riesce a pagare meno interessi. Tutto questo si traduce in benefici concreti per i cittadini, perché meno risorse vengono assorbite dal servizio del debito e più possono essere destinate a politiche pubbliche. Nel lungo periodo, questo significa anche meno pressione fiscale.  Ecco perché oggi non possiamo limitarci a valutazioni di breve termine. Se vogliamo consolidare questi risultati e guardare con ambizione al futuro, dobbiamo evitare l’errore di pensare che, sistemata la faccenda dei 350 milioni, tutto sia risolto. Non basta qualche anno di buona gestione per garantire stabilità. Servono responsabilità, costanza e una visione lungimirante.  Allo stesso tempo, questo non vuol dire che ogni intervento fiscale sia accettabile. Serve una riforma che sia giusta, bilanciata e sostenibile. Deve premiare chi investe, chi lavora, chi partecipa attivamente alla crescita del Paese. Deve essere ispirata a criteri di efficienza e trasparenza, capace di sostenere lo sviluppo economico senza compromettere la solidità dei conti pubblici. Solo così possiamo dare continuità e forza alla fiducia che abbiamo conquistato sui mercati.  Una buona riforma fiscale deve permettere allo Stato di aumentare le proprie entrate, ma attraverso un sistema che sia percepito come equo ed efficace. Deve contribuire a contrastare l’evasione fiscale in modo credibile e concreto, e allo stesso tempo razionalizzare la spesa pubblica, migliorando la qualità delle agevolazioni e rendendo le detrazioni e le deduzioni più mirate e funzionali agli obiettivi collettivi.  Ma è chiaro che ci sono limiti da non superare. Una riforma fiscale non può deprimere i consumi, né penalizzare la capacità delle imprese di fare attività economica. Ma a questa esigenza deve sempre affiancarsi una modalità di lavoro fondata sulla condivisione e sulla collegialità. È su questo piano che dovrebbe partire e svilupparsi il confronto, ed è positivo che il Segretario di Stato, nella presentazione del testo, abbia mostrato apertura e disponibilità.  Il metodo di lavoro, lo sappiamo, è un esercizio complesso e delicato. Non possiamo però permettere che le difficoltà o la delusione per un testo iniziale non soddisfacente blocchino ogni percorso. Non può funzionare così. Il punto è che siamo qui per assumere la responsabilità di fare un passo avanti, con spirito costruttivo e senso delle istituzioni. Per questo, rivolgo un appello all’intera Aula: lavoriamo insieme affinché il risultato finale sia il migliore possibile, non per interesse di parte né per un vantaggio immediato, ma per il bene del Paese.  Questo intervento deve essere pensato con lo sguardo rivolto al futuro. È per il Paese che deve essere costruito, ed è alle prossime generazioni che dobbiamo pensare. Una riforma fiscale ben fatta rappresenta un atto di responsabilità, che rafforza la reputazione dello Stato, riduce i costi del debito e contribuisce a restituire, almeno in parte, ciò che è stato caricato sulle spalle di chi verrà dopo di noi, anche a causa di scelte sbagliate o, in certi casi, fin troppo leggere fatte in passato.

Maria Katia Savoretti (RF): Oggi discutiamo un progetto di legge che, se davvero fosse stato perfetto, con interventi validi e positivi per il Paese, credo non avrebbe trovato opposizione. Nessuno avrebbe preso posizioni contrarie se le proposte contenute nel testo avessero rappresentato un passo avanti rispetto alla legge del 2013.  Invece, la realtà ci mostra altro. Basti pensare alla reazione dei sindacati: un segnale chiaro che questa non è una riforma così buona e perfetta, né tanto meno in grado di aiutare davvero il Paese e i suoi cittadini.  Nella relazione presentata dal Segretario di Stato si dice che le proposte portate in Aula nascono da un confronto preliminare con le parti economiche e sociali. Da quel confronto, si afferma, sarebbero scaturiti aggiustamenti e correttivi alla legge sull’IGR, e che il progetto di legge in esame sarebbe quindi una legge equilibrata ed equa.  Ma a me non pare né equa né equilibrata. Non mi sembra che da quel confronto siano nate proposte così buone e positive. E viene da chiedersi se, durante quegli incontri, chi rappresentava il governo e la maggioranza fosse davvero attento, perché se le proposte e i suggerimenti delle parti sociali fossero stati accolti, oggi non ci troveremmo in questa situazione, con un testo che mostra invece diverse lacune.  Come già sostenuto da altri colleghi, anch’io ritengo che questo progetto di legge sia profondamente sbagliato.  Aggiungo anche che né noi né altre forze di opposizione siamo stati convocati dal governo o dalla maggioranza per un confronto. Non abbiamo avuto modo di esprimere le nostre proposte, di dialogare sul merito del testo. Ci sono ancora problemi gravi e irrisolti, come quello degli affitti. E invece di affrontarli, si presenta una riforma che, a mio avviso, aggrava la situazione, aumentando il peso sulle persone, in particolare su quelle più fragili.  Ecco perché mi permetto di suggerire, al Segretario e al governo, di iniziare davvero a ridurre le spese inutili. Parlo di quelle che continuiamo a vedere nelle delibere, che più volte ho definito simili a bancomat. Sarebbe già un buon segnale da parte del governo, un primo passo concreto verso un atteggiamento più serio e responsabile.  Se si vuole chiedere un sacrificio ai cittadini, allora il governo per primo dovrebbe dare il buon esempio. Perché i cittadini non si aspettano di vedersi ridurre le entrate, si aspettano che lo Stato faccia la sua parte, che metta in campo misure per aumentare gli stipendi, per far fronte al caro vita, all’inflazione, ai bisogni reali della popolazione.  E invece, questo non sta accadendo. E dispiace doverlo dire, ma se questo è il metodo con cui si intende governare e aiutare il Paese, allora non si va da nessuna parte.  Aggiungo un’osservazione anche sull’ordine del giorno presentato dalla maggioranza. Come è stato già detto, ci troviamo di fronte a una modalità del tutto inedita per questa Aula. Stiamo discutendo un progetto di legge in prima lettura che pensavo, sinceramente, fosse stato condiviso da tutta la maggioranza. Invece, pare non sia così.  Per questo, invito la maggioranza a dimostrarsi più coraggiosa. Chiedete al Segretario di Stato di ritirare questo progetto di legge, perché non è uno strumento utile per il Paese.  Piuttosto, cominciamo davvero a lavorare su quanto voi stessi avete scritto nell’ordine del giorno. Se ritenete necessario creare un documento di indirizzo strategico, un’agenda per la crescita coerente con il programma di governo, allora andava fatto prima, non ora. 

Sara Conti (RF): Come è stato più volte affermato da chi mi ha preceduto, anche per quanto riguarda Repubblica Futura questo testo, per come è strutturato, andrebbe ritirato. Non dovrebbe nemmeno arrivare in Commissione. E questo non solo per il merito, ma anche per un motivo di metodo. Perché, come è già accaduto altre volte, il rischio concreto è quello di ritrovarci tra la prima e la seconda lettura con un testo completamente stravolto.  Lo ha detto in uno dei primi interventi anche il collega Gaetano Troina: già oggi abbiamo ascoltato, da parte di alcuni consiglieri di maggioranza, dichiarazioni che ammettono l’esistenza di elementi problematici all’interno della proposta in prima lettura, elementi che necessitano di revisione.  E non posso non soffermarmi anch’io sull’ordine del giorno che è stato presentato: questa è la prova più chiara che neppure all’interno della maggioranza c’è piena convinzione su questo testo. Nessuno lo ha ammesso esplicitamente al microfono, ma è evidente. Non si era mai visto che la stessa maggioranza, mentre porta in aula un progetto di legge, presenti anche un ordine del giorno che mira a integrarlo, anticipando correttivi o dichiarando che serva una “agenda per lo sviluppo”.  Ma questa agenda, se davvero era così necessaria, avremmo dovuto vederla molto prima della riforma dell’IGR. Invece, ancora una volta, si lavora all’inverso.  Questo modo di procedere non ha logica, non ha visione. È una modalità casuale, improvvisata, che mostra l’assenza di una linea politica chiara da parte di questo governo.  Un collega di Libera diceva che per garantire equità servono interventi differenziati in base alle fasce di reddito. E su questo sono pienamente d’accordo. Ma il problema è che questa riforma, così com’è, non rispetta questo principio.  Se verrà approvata nella sua forma attuale, non produrrà equità. Al contrario, finiremo per favorire chi ha un reddito più alto, a discapito di chi ne ha uno inferiore.  Voglio fare un esempio concreto per spiegare perché affermo questo. Prendiamo il meccanismo legato alla SMAC. Fino a oggi, era previsto un sistema di deducibilità che consentiva una detrazione dalla base imponibile fino a 9.000 euro, proporzionata al reddito. Era quindi un meccanismo progressivo.  Con questa riforma si cambia radicalmente approccio: si passa dalla deduzione alla detrazione d’imposta. Questo significa che si calcola prima la tassa sul reddito imponibile e poi si detrae il 22% delle spese effettuate con SMAC sul territorio.  Se non abbiamo frainteso completamente, questo comporta che per arrivare alla detrazione massima prevista di 6.000 euro, si dovrà aver effettuato spese per circa 30.000 euro in territorio. E allora io mi chiedo: com’è possibile? Com’è possibile pensare che un cittadino con reddito medio o basso possa sostenere 30.000 euro di spese annue per raggiungere quel livello di detrazione? 

Maddalena Muccioli (PDCS): Anche io intervengo in questo dibattito che, senza dubbio, non è semplice, sia per la complessità della materia sia per il suo impatto diretto e concreto sulla realtà economica del Paese. Ogni modifica a una legge fiscale, infatti, tocca nel profondo la sostanza stessa di certi fenomeni, di certe produzioni, delle fattispecie reddituali, ed è forse una delle riforme più tangibili che un ordinamento possa produrre. Siamo qui, oggi, per discutere un testo in prima lettura, e credo sia fondamentale ribadire che non c’è alcuna volontà di procedere verso la seconda lettura o l’approdo in Commissione con una logica di muro contro muro.  Al contrario, c’è la volontà di lavorare insieme per arrivare a un prodotto normativo che sia davvero in linea con le esigenze del momento storico che stiamo attraversando. Parlo di esigenze che non riguardano solo quest’Aula, ma tutto il Paese. E proprio perché ci troviamo in una fase storica così delicata – con l’avvicinarsi della firma dell’Accordo di associazione con l’Unione Europea – serve ancora più consapevolezza. Questo accordo, lo sappiamo, comporterà una trasformazione strutturale del nostro ordinamento, e dobbiamo affrontare questo passaggio con lucidità e spirito di collaborazione.  È per questo che rinnovo l’apertura a un confronto trasversale nelle prossime settimane e nei prossimi mesi. Credo sia fondamentale ragionare insieme sui contenuti reali di questa riforma e sul senso che vogliamo attribuirle.  Colgo anche l’occasione per fare un inciso rispetto all’intervento della collega Conti, che ha sollevato alcune perplessità riguardo alla trasformazione delle deduzioni SMAC in detrazioni d’imposta. Su questo punto vorrei chiarire che non si tratta di richiedere spese o transazioni SMAC per importi irrealistici.  Prima, infatti, le deduzioni SMAC – pari a 9.000 euro – agivano direttamente sulla riduzione del reddito imponibile, influenzando così l’imposta calcolata in base agli scaglioni. Ora, con la riforma, il meccanismo diventerebbe una detrazione di imposta. Questo significa che non si abbassa più il reddito imponibile, ma si agisce direttamente sull’imposta da pagare. E anche se il valore numerico della detrazione può apparire inferiore, in realtà il suo impatto è potenzialmente maggiore, perché riduce direttamente l’imposta e non il reddito su cui essa si calcola.  Da questo punto di vista, quindi, non è corretto affermare che per ottenere il massimo beneficio servano spese altissime. Il meccanismo è diverso, ma non penalizzante nei termini in cui è stato descritto.  Un’altra riflessione che mi preme condividere riguarda l’approccio al concetto stesso di equità fiscale. Ritengo che dovremmo evitare il rischio di ragionare per categorie, classificando in modo assoluto alcune tipologie di contribuenti come evasori o non evasori. La realtà è più complessa. Ogni contribuente, ogni lavoratore, ha delle esigenze specifiche e delle condizioni diverse.  Generalizzare, semplificare, applicare etichette fisse a interi gruppi di persone non aiuta la costruzione di un sistema fiscale equo. Una riforma efficace deve partire proprio da questo presupposto: non dare nulla per scontato, non giudicare a priori, ma analizzare con attenzione e costruire regole giuste per tutti, senza automatismi o pregiudizi.  Infine, un passaggio sul tema dei controlli, che è stato più volte richiamato anche nei nostri interventi precedenti, in occasione di altri decreti o progetti di legge. Il tema resta centrale. È vero che, fatta la norma, si cerca sempre l’inganno. Ed è per questo che la macchina dei controlli deve essere non solo potenziata, ma soprattutto resa più efficiente, efficace e trasversale.  Dobbiamo lavorare per dare agli organi preposti strumenti adeguati, procedure rapide e una capacità di intervento che sia concreta e credibile. Solo così potremo garantire che le regole vengano davvero rispettate da tutti, e che la fiducia nel sistema fiscale possa essere mantenuta e rafforzata.

Alle 13.00 i lavori vengono sospesi. Riprenderanno alle 15.

 

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