San Marino. Conto aperto contro legge a soggetto mai visto, altre anomalie non bastano per il dolo

San Marino. Conto aperto contro legge a soggetto mai visto, altre anomalie non bastano per il dolo

L’informazione di San Marino

Conto aperto contro legge a soggetto mai visto, contante virtuale e altre anomalie non bastano per provare il dolo

Antonio Fabbri

Tra le sentenze riformate dal giudice di appello David Brunelli, c’è quella che ha visto assolto Marino Leo Poggiali dall’accusa di riciclaggio. Poggiali che in primo grado aveva subito una condanna a 4 anni. La decisione di appello è significativa perché, oltre a rivedere la giurisprudenza precedente pronunciata dello stesso Brunelli, potrebbe influire anche su procedimenti ancora in corso
e fornire elemento di valutazione sulla lettura e applicazione che viene data a San Marino alle direttrici internazionali in materia di antiriciclaggio dettate dal Moneyval.

Il Giudice di appello assolve, dunque, per insufficienza di prove sul dolo. Tuttavia nelle motivazioni della sentenza, ricostruisce che “il Poggiali, in violazione delle norme in vigore a San Marino sulle operazioni e sulle verifiche da compiere per l’apertura dei conti bancari, puntualmente riepilogate nella sentenza di primo grado, decide nondimeno di accordare fiducia allo Scardaccione e apre il conto intestato al Martellacchi, in sua assenza, versandovi subito la somma portata dagli assegni circolari”. Utilizza, in più e fin da subito, operazioni per contante virtuale. Inoltre, come rilevato dalla sentenza di primo grado e richiamato anche da quella di appello, nonostante tutti gli incontri che Poggiali fa con i funzionari della compliance della banca, il fatto che Martellacchi non sia mai venuto a San Marino, non viene mai riferito ed emerge solo davanti al giudice inquirente. Tutti elementi che fanno dire al giudice di appello che la conclusione del giudice di primo grado è plausibile: “Alla stregua di questi elementi, indubbiamente non coerenti tra loro, è ben possibile giungere alla conclusione alla quale è pervenuto il Giudice di primo grado, valorizzando le stesse dichiarazioni dell’imputato appellante, secondo le quali l’input iniziale alla richiesta di chiarimenti al cliente fu della Direzione Generale”. Poi però Brunelli aggiunge che è possibile anche arrivare a dire il contrario e cioè che “non è implausibile che il problema del Poggiali fosse solo quello di “sistemare” le formalità di apertura del conto “Martellacchi” e che egli non si sia fatto troppe domande né sulla provenienza
della provvista, né sul rapporto debito-credito che legava Scardaccione al Martellacchi e che giustificava il passaggio del denaro dal secondo al primo”.

La difesa ha sostenuto che la segnalazione venne fatta da Poggiali. E se per il giudice di primo grado non è così, anche per il giudice di Appello questo non è certo. Piuttosto il giudice Brunelli sostiene che le anomalie del caso sono tali che non è possibile stabilire con certezza che la comunicazione fatta da Poggiali sia stata scritta solo dopo una segnalazione dell’ufficio antiriciclaggio, ma allo stesso tempo, non è possibile neppure escludere che la segnalazione l’abbia fatta Poggiali per primo. Insomma, ciò che per il decidente di primo grado emergeva palese dai comportamenti e dal dibattimento, per il Giudice di Appello -che pure riconosce come pertinente la ricostruzione del giudice di prima istanza- diventa dubitabile: quindi “in dubio pro reo”.

Anche per Brunelli è chiara l’illiceità delle operazioni che emerge dal fatto che il correntista prestanome inesistente, Martellacchi, non si sia mai presentato e per questo Poggiali abbia aperto il conto in violazione di legge. Insomma, gli elementi di anomalia ci sono, ma per il Giudice delle Appellazioni manca ancora qualcosa per provare, oltre ogni ragionevole dubbio, il dolo. Dice infatti Brunelli richiamando la sentenza di primo grado del giudice Gilberto Felici: “L’illiceità delle operazioni emerge, invero, dalla contestuale carenza sia della giustificazione della provvista che ha alimentato gli assegni circolari e sia della giustificazione del titolo in virtù del quale il conto “Martellacchi” viene subito svuotato con apparenti prelevamenti di contante; ma la definitiva riprova che si tratta di una manovra volta al riciclaggio del denaro è indubbiamente costituita proprio dalla circostanza che il Martellacchi non si sia affatto «presentato» a San Marino e che l’unica prova della sua reale esistenza è consistita nella copia di un documento nel frattempo scaduto, oltre che nella risposta, di provenienza non certificata, ad una email indirizzata allo Scardaccione”.

Poi Brunelli rileva che la sentenza appellata “contiene il lungo elenco dei segnali di allarme che a partire dall’ apertura del conto “Martellacchi” e dai primi versamenti di assegni circolari il Poggiali era in grado di cogliere e di esternare subito agli organi superiori segnalando la natura sospetta delle operazioni; da tali segnali si ricava che egli -funzionario bancario espertissimo- non poteva non aver percepito la reale sostanza dell’ operato dello Scardaccione, e che, in definitiva, gli ha fornito il proprio consapevole illecito contributo”, segnali di allarme, peraltro, ricompresi dai dettati degli organismi internazionali attivi in ambito di antiriciclaggio.

Quali sono questi segnali di allarme? Il giudice Brunelli li riporta riprendendoli dalla sentenza di primo grado: “Poggiali ha consentito a Scardaccione di aprire un conto intestato ad altra persona, e non ha mai esatto la presenza di quest’ultimo; ha consentito a Scardaccione di operare su tale conto altrui, disponendo trasferimenti da questo al proprio; ha consentito, o suggerito, che ciò avvenisse
attraverso la simulazione di prelievi di denaro contante, piuttosto che contabilizzato l’operazione nella sua realtà di giroconto (che avrebbe consentito, laddove necessario, una più facile tracciabilità del
percorso); non ha mai conferito, almeno fino alla fine del mese di luglio, allorché molte operazioni e per importi rilevanti erano già state svolte, con alcuno intorno alle straordinarie anomalie della situazione; ha tenuto tali condotte -omissive e commissive- per oltre otto mesi”.

Allo stesso tempo Brunelli sostiene che “non è chiaro da dove l’appellante deduca che il Poggiali abbia fatto tutto ciò che viene descritto nell’atto di appello (…) Semmai è piuttosto da ritenere che se a partire già dall’ ottobre del 2009 il Poggiali avesse rifiutato l’apertura del conto “Martellacchi” senza la presenza dell’interessato e se avesse rifiutato il contestuale svuotamento del conto a favore di quello di Scardaccione quest’ultimo non avrebbe trovato in San Marino una sponda dove riparare il denaro oggetto della appropriazione indebita”.

Ma questo per Brunelli non  basta: “si tratta, comunque, di considerazione non utile a fondare la necessaria prova del dolo”, dice. Serve “qualcosa di più” per fondare il dolo. Brunelli dice che “il dolo
dell’operatore bancario, infatti, può ravvisarsi anche allorché il contributo fornito sia consapevole, nel senso che il soggetto agisce sapendo di consentire movimentazione di denaro di provenienza da misfatto e gestendo tale movimentazione in proprio, senza controllo dell’autorità di vigilanza o avviso agli organi sovraordinati”. Nella sentenza, tuttavia, non spiega quali, secondo il giudice Brunelli, dovrebbero essere gli indici di anomalia o i campanelli di allarme per capire che l’operatore bancario “sappia” della provenienza illecita delle somme movimentate.

Per Brunelli non emerge dagli atti, comunque, che tra Scardaccione e Poggiali “si fosse instaurata nel corso del tempo una tale confidenza da suggerire allo Scardaccione di mettere il suo riferimento sammarinese al corrente di quanto aveva in animo e stava iniziando a fare”. Poi però lo stesso giudice dice che dovevano destare maggiore allarme “l’apertura del conto a soggetto non presente e il
contestuale svuotamento di tale conto” e che “il Poggiali aveva ben chiaro che lo Scardaccione si era appropriato delle somme portate dagli assegni circolari a nome Martellacchi, le quali erano finite nel suo conto”. Ma aggiunge: “tuttavia, a smorzare l’evidenza del sospetto militavano” una serie di elementi tra cui il prestigio della persona; il fatto che Martellacchi non avesse mai rivendicato le somme; l’agevole individuazione dei trasferimenti nel sistema”.

Per il Giudice di Appello, poi, la comunicazione di Poggiali è significativa, mentre il giudice di primo grado l’aveva valutata irrilevante in quanto inviata tardivamente e dopo consistente inerzia, quando cioè era ormai inevitabile. 

Il giudice di Appello invece spiega così l’inerzia: “Del resto, un qualche indugio del soggetto al coinvolgimento immediato degli organi dopo il versamento  della prima tranche degli assegni e l’apertura del nuovo conto Scardaccione, destinatario finale delle somme, è anche spiegabile proprio nei termini della ritrosia del direttore a far emergere che egli aveva violato le norme consentendo l’apertura di un conto al Martellacchi sulla base della sola fiducia e della contemporanea speranza che nel giro di qualche giorno dal cilindro dello Scardaccione comparissero i documenti giustificativi”.

La conclusione di Brunelli è che “il quadro si presenta come estremamente ambiguo, prestandosi ogni elemento raccolto a opposta o differente lettura. Su questa base, pertanto, non è consentito
pervenire alla conclusione processualmente certa della responsabilità di Marino Leo Poggiali, legata alla piena prova del suo indefettibile presupposto, consistente nella consapevolezza della provenienza da misfatto del denaro movimentato”.

Di qui l’assoluzione per insufficienza di prove in ordine al dolo.

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