Macerie
Approfittatori usi ad adoperare lo Stato in passato fra loro in concorrenza, si sono strizzati l’occhio e conducono le danze in un contesto di infingardi.
Marino Cecchetti
Stanno sgretolando anche istituzioni come la Reggenza, tirata in ballo nell’amministrazione della giustizia da politici che preferiamo non qualificare. Pensavamo che col processo Conto Mazzini si fosse stoppato il fenomeno degenerativo apertosi a fine anni Novanta con la modifica del codice penale pro delinquenti, attratti qui dalla immunizzazione dalle rogatorie internazionali. “Predoni” provenienti da ogni dove, con l’aiuto dei soliti collaborazionisti, hanno ingurgitato tutto quel che si poteva “spolpare” e poi se ne sono andati, come ci ha spiegato Biagio Bossone.
I collaborazionisti non solo non vogliono restituire il maltolto che, fra l’altro, ha determinato un debito pubblico ormai “insostenibile”. Pretendono di tornare vergini. Con tanto di certificato e timbro del Tribunale. I giudici se li scelgono loro coprendosi – gli sciagurati – dietro l’Istituto Reggenziale attraverso i politici di cui si è detto all’inizio. In passato tensioni attorno alla Reggenza si ebbero nei momenti più acuti delle contrapposizioni ideologiche o, ancora più indietro nel tempo, nello scontro fra fazioni del Partito Fascista. Oggi, per soldi.
Approfittatori usi ad adoperare lo Stato in passato fra loro in concorrenza, si sono strizzati l’occhio e conducono le danze in un contesto di infingardi. Chi parla più di recupero di soldi pubblici da ‘monofase e banche’?
La Reggenza non può finire alla mercé di costoro. Purtroppo il quadro generale non è rassicurante. Il Presidente di Banca Centrale ha sfidato di persona gli Ecc.mi Capitani Reggenti autoaccusandosi di un reato forse il più grave, fra quelli contro lo Stato. Un tempo, per il poveretto, l’alternativa alla Rocca sarebbe stata la camicia di forza. Oggi? I politici di cui sopra non lo ritengono un caso di cui occuparsi.
Mai il Paese era arrivato a questo livello di degrado.