San Marino. Elezioni: sette liste, una coalizione e molte incognite. Antonio Fabbri

San Marino. Elezioni: sette liste, una coalizione e molte incognite. Antonio Fabbri

Al voto con sette liste, una coalizione e molte incognite

A un giorno dal termine per la presentazione di chi correrà per le elezioni il quadro si comincia a delineare ma resta ancora molta confusione

Antonio Fabbri

Manca un giorno per conoscere ufficialmente quante saranno le liste che si presenteranno alle elezioni dell’8 dicembre. Occorre specificare che una cosa sono le liste e altra cosa sono le coalizioni di liste. Ogni lista per poter entrare in Consiglio Grande e Generale deve superare lo sbarramento del 5% dei voti validamente espressi. Facendo i conti con i dati delle precedenti elezioni del 2016, quando i voti validamente espressi sono stati 19.427, i voti necessari per superare il 5% sarebbero 971. Quasi mille, insomma. Va detto che occorrerà vedere se aumenterà l’astensionismo o se andranno a votare più cittadini rispetto alla precedente tornata elettorale. Nel primo caso il numero di voti necessari per superare lo sbarramento si abbasserebbe, perché sarebbero meno i voti validi, nel secondo il numero dei voti necessari per superare lo sbarramento si alzerebbe. (…)

Sta di fatto che al momento si contano sette liste, due delle quali sono unite in coalizione. Quindi al momento il panorama di chi è in corsa per le elezioni vede Rete e Domani Motus Liberi, due liste, che sono unite in coalizione, Domani in Movimento. Poi c’è il Pdcs che correrà come lista autonoma, così come Libera, a meno di sorprese dell’ultimora. Di certo lista autonoma per Repubblica Futura e probabilmente anche per Elego. Correrà da sola, si fa per dire dato che dentro ha quattro forze politiche, anche Mia Repubblica o Noi per la Repubblica, non è chiaro ancora quale sarà il nome che verrà ufficializzato a questo punto. E’ probabilmente, e dichiaratamente, la lista più eterogenea in campo dato che vede tra le sue fila Ps-Psd, Mdsi e Noi sammarinesi.

In questo quadro la manovra più “furbetta” parrebbe quella di Rete, che per personalismi (così dicono da MdSi) ha scaricato gli storici compagni di viaggio i quali però potrebbero ritornare utili dopo le elezioni. Manovra “furbetta” perché Rete – che ha pure mantenuto il simbolo di Democrazia in Movimento senza che Democrazia in Movimento esista più – è in coalizione con Motus Liberi. Quindi, oltre ad avere un gancio per irretire l’area cattolica, beneficerebbe comunque – sempre che la nuova normativa non sia cambiata anche in questo aspetto, ma non se ne ha contezza – dei voti che riuscirà a raccogliere Motus, anche se questo non dovesse superare lo sbarramento, perché quei voti andrebbero a sommarsi alla cifra di coalizione. Così, almeno, è accaduto nel 2016 con Ns che pur non avendo superato lo sbarramento ha portato i suoi voti alla coalizione di cui faceva parte. Quindi se Motus non dovesse entrare – anche se si sono già detti convinti di superare lo sbarramento – ne beneficerebbe comunque la coalizione Domani in movimento e quindi Rete. Di certo sarà determinante la distribuzione dei voti dopo l’8 dicembre. Nella fase della negoziazione chi “darà le carte” sarà la lista o la coalizione di liste che ha avuto più voti.

L’ipotesi che va per la maggiore è che, per un accordo già in essere, Dc e Rete saranno insieme nel futuro governo, anche se c’è chi dice che nulla è scontato, per quello che valgono gli accordi in politica. Dovrebbero, però, insieme raggiungere 35 seggi per poter fare l’accordo di governo senza nessun altro. Non dovessero arrivarci avrebbero più opzioni, a seconda nel numero di seggi necessari per raggiungere la quota. E’ ovvio che a quel punto la predilezione potrebbe essere per un terzo alleato più debole e meno pretenzioso. O magari un alleato che, come Noi per la Repubblica, replichi di fatto lo schema di quella opposizione che ha operato insieme per tutta la legislatura. A quel punto la strategia politica di Libera, si rivelerebbe fallimentare.

Altra ipotesi è che possa essere Libera a fare da interlocutore agli altri due, ci sarebbe da capire a quel punto chi rimarrebbe fuori da un governo che, comunque, fin da ora si prefigura come molto eterogeneo quanto a identità e programmi. Saranno comunque i voti che usciranno dalle urne a fare capire come si comporteranno i partiti dopo l’8 dicembre. La certezza è una: i cittadini non sapranno da chi saranno governati, delegando in bianco le forze politiche a fare accordi che i cittadini non potranno valutare. Ma questo gli elettori lo sapevano (o forse no?) anche al referendum di giugno, che adesso disconoscono pure alcune forze politiche che hanno premuto per farlo a tutti i costi, quel referendum. 

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