San Marino. Garanti: Referendum inammissibile

San Marino. Garanti: Referendum inammissibile

L’informazione di San Marino

Garanti: “Non si può togliere il suffragio diretto ai cittadini, referendum inammissibile” 

Antonio Fabbri

Sono motivazioni pesanti quelle del Collegio Garante che di fatto tolgono ai proponenti dell’opposizione l’obiettivo centrale del loro quesito referendario: quello di poter fare alleanze dopo il pri – mo turno di votazione. Come dire che ballottini postvoto non sono possibili perché la Carta dei Diritti prevede che i Consiglieri siano eletti “a suffragio universale e diretto” dai cittadini. Dice con chiarezza il Collegio Garante: “Il referendum proposto è inammissibile.

Il profilo sul quale emerge chiaramente la violazione dei criteri legislativamente prescritti, assorbendo così ogni altra considerazione, è quello relativo al rispetto del diritto di voto e del principio rappresentativo, con particolare riferimento alla previsione di cui all’art. 3, comma 9, della Dichiarazione dei diritti, in base al quale, con riferimento al Consiglio Grande e Generale, “I Consiglieri sono eletti a suffragio universale e diretto per la durata della legislatura”.

I Garanti poi evidenziano le gravi pecche della proposta referendaria: “Il dispositivo prospettato – scrivono – finisce per alterare sensibilmente sia la norma sul diritto di voto che lo stesso principio di rappresentanza. Infatti, l’intervento dell’accordo parlamentare da cui può conseguire l’assegnazione di un certo numero di seggi si profila come un elemento decisivo per determinare (nei casi in cui la maggioranza frutto dell’accordo raccolga meno di 35 componenti) una porzione della rappresentanza in modo qualitativamente diverso da come si è determinato il resto della composizione del collegio. Detto in altri termini, sono le forze politiche, mediante il proprio accordo, a determinare il completamento della composizione dell’organo, operando così una sorta di “cooptazione” di alcuni componenti, che sono altresì predeterminabili a seconda delle ipotesi di accordo potenzialmente  raggiungibile”. Esattamente una delle eccezioni che sono state poste dal Comitato contrario. “In disparte ogni considerazione sull’asimmetria (che evoca la problematica del rispetto del principio di eguaglianza) tra i componenti dell’organo (il Consiglio, ndr.), alcuni dei quali sono diretta conseguenza del voto popolare, mentre altri sono individuati dalla combinazione tra i risultati del voto popolare e gli accordi politici successivamente sottoscritti, le ragioni più gravi di inammissibilità della proposta referendaria stanno nella violazione della previsione della Dichiarazione dei diritti (art. 3) secondo cui “I Consiglieri sono eletti a suffragio universale e diretto” , là dove, quest’ultima frazione semantica fa escludere qualsiasi ipotesi di ammissibilità di votazioni di secondo grado e ancor di più di procedure elettorali realizzate – anche solo in parte – mediante cooptazione da parte di una maggioranza di eletti. La circostanza che, nella proposta, una tale possibilità sia solo eventuale e possa riguardare un numero comunque esiguo di parlamentari non rende, sul piano qualitativo, la violazione e limitazione del diritto di voto e del principio di rappresentanza diretta meno grave”.

I Garanti dicono insomma che con la proposta referendaria una parte dei consiglieri entrerebbe in aula per “coptazione” e non per elezione diretta dei cittadini, come con l’attuale legge.

Questo principio mette a tacere anche le reiterate polemiche sulla “rappresentatività” di chi siede oggi in Consiglio con pochi voti, polemica di quando in quando rintuzzata dall’opposizione. Ciò che è determinate è infatti il suffragio diretto. “Il diritto di voto si sostanzia nel potere dell’elettore di concorrere a determinare “direttamente”, con il proprio voto, l’intera rappresentanza parlamentare. E’ ben vero – spiegano i Garanti – che quest’ultima non dipende esclusivamente dal singolo voto, ma dalla combinazione, non disponibile da nessuno dei singoli elettori, delle volontà espresse dall’intero corpo elettorale nell’esercizio del proprio diritto, ma tale “combinazione”, affinché il suffragio sia “diretto”, deve comunque discendere esclusivamente (e direttamente) dall’insieme di quelle volontà, secondo uno schema normativamente predeterminato con riferimento ai possibili risultati e senza l’inframmettenza determinante di volontà che non siano quelle direttamente espresse dal corpo elettorale”.

Come dire che ogni eletto a suffragio diretto che al primo turno aveva ottenuto pochi voti di preferenza e venga poi “ripescato” per il premio di maggioranza, assomma a questi voti la “combinazione” anche dei voti del secondo turno, che concorrono, sempre a “suffragio diretto” e universale, a formare volontà collettiva dei cittadini elettori sulla composizione del Consiglio. I Garanti poi non entrano nel merito delle altre numerose eccezioni, essendo questo motivo di inammissibilità “assorbente tutti gli altri”. Quello che emerge con certezza, dunque, è che una qualsiasi eventuale riproposizione del quesito vedrebbe dichiarare inammissibile un testo che dovesse togliere agli elettori la decisione diretta su chi debba governarli.

 

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