San Marino. Giudici di appello, slitta la cacciata.

San Marino. Giudici di appello, slitta la cacciata.

Slitta, per ora, la cacciata dei giudici di appello. Turbolenze in maggioranza

Carlotta Andruccioli di Motus Liberi annuncia l’intenzione di dimettersi dalla Commissione affari di giustizia e dal Plenario

Sarebbe il terzo membro di maggioranza che si dimette dalla Commissione affari giustizia e, di conseguenza, dal Consiglio Giudiziario Plenario. Ad annunciare la propria volontà di rimettere il mandato dall’incarico in quel consesso, nella seduta serale del Consiglio giudiziario di giovedì, è stata Carlotta Andruccioli, di Domani Motus-Liberi. Al rientro nella seduta serale ha preso la parola per annunciare alla Reggenza che, pur non essendo in linea con gli ordini di scuderia della maggioranza e dei giudici presenti – che ormai in un gioco di biasimevole comunione di intenti con la politica appaiono un tutt’uno – avrebbe votato comunque a favore le determinazioni sottoposte dalla maggioranza, ma che subito dopo avrebbe preso in considerazione le proprie dimissioni. Motivo sarebbe stato il contrasto con le determinazioni da assumere. Tuttavia, anziché prendere in considerazione il dato politico del contrasto interno alla maggioranza – tra l’altro reiterato se si contano gli altri due membri già fatti fuori e uno dei quali già rimpiazzato – pare che siano stati adottati atteggiamenti paternalistici, rimarcando sulla tensione della situazione e la complessità delle questioni, anche da parte di qualche togato presente.

Se queste dimissioni arriveranno, si vedrà. Vero è che anche già averle annunciate è circostanza significativa sul piano politico, per una maggioranza che ha perso tre pezzi in quella sede e che non tollera divergenza interna, puntando ad un vassallaggio e ad una sottomissione assoluti dei suoi consiglieri, agli ordini di coloro che tirano le fila, che non sono tutti necessariamente tra i politici.

Anche questa seria e presumibilmente combattuta posizione di Carlotta Andruccioli, non in linea con la strategia pianificata sulla quale evidentemente anche in maggioranza si comincia a comprendere la presenza di manovratori, potrebbe essere stata la causa della non chiusura del comma 3 all’ordine del giorno, relativo ai ricorsi contro la nomina dei giudici di appello e contro la nomina di un Commissario della legge.

La strategia pianificata, comunque, va avanti. Tutti irregimentati, chi tra i membri togati e chi dà sponda tra i membri politici – sotto l’occhio vigile di che spinge forte dal di fuori e non tollera tentennamenti – l’intenzione è di andare avanti, anche perché ci sono da liberare due posti in appello per accontentare tutti quelli che da questa pianificazione devono trarre beneficio. Il fine, ormai evidente, è quello di assoggettamento del tribunale ad una parte ben definita, e non certo quello di sostenere Stato di diritto che, anzi, si sta facendo a brandelli.

L’obiettivo è quello, preventivato, di fare “terra da ceci” in tribunale, con la cacciata, dopo Buriani, anche dei giudici di appello Ferdinando Treggiari e Andrea Morrone e l’annullamento della nomina a Commissario della legge di Massimiliano Simoncini. Tutte operazioni che vedranno ancora riflessi nefasti sull’attività del palazzo di giustizia dove già sono molti i procedimenti bloccati, oltre alle centinaia di quelli già prescritti, e non per responsabilità dei magistrati che si sta lavorando alacremente per cacciare. Se ne bloccheranno altri con situazioni di denegata giustizia per molti cittadini. Il comma sui ricorsi è dunque rimasto aperto e in una prossima riunione del Consiglio giudiziario plenario, si proseguirà con la trattazione del punto.

Già approvato, invece, il parere del consituzionalista ingaggiato dalla Reggenza, alla quale evidentemente non bastava il supporto dell’Avvocatura dello Stato, Antonio Baldassarre. Consulenza che presumibilmente sarà pagata con i soldi pubblici e che ha prodotto un parere che va nella direzione di quanto voluto dalla maggioranza, ovvero la retroattività della legge qualificata n.1 del 2020. Parere trasmesso al Congresso di Stato che farà da pezza di appoggio, per poter agire con la copertura del parere stesso, per mettere le mani e rivedere ad uso della maggioranza decisioni già prese anni fa.

 

 

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