San Marino. Giustizia, Consiglio segreto. Cosa si vuole nascondere?

San Marino. Giustizia, Consiglio segreto. Cosa si vuole nascondere?

Consiglio segreto, cosa si vuole nascondere sulla giustizia?

Muta Rete che predicava la trasparenza assoluta delle istituzioni e oggi accetta senza emettere un fiato una seduta segreta su un tema così importante per i cittadini

Da diversi anni non si facevano più sedute segrete del Consiglio Grande e Generale, che per l’occasione torna tra l’altro a riunirsi – ironia della sorte – a Palazzo pubblico. Il segreto nel pubblico, insomma. Già stride che il Parlamento di uno Stato, per definizione consesso pubblico, possa prevedere sedute segrete. Figuriamoci se la segretezza viene posta su un argomento che riguarda tutti come la giustizia e che in queste settimane ha visto un forte clamore dentro e fuori confine per le pesanti ingerenze e la prevaricazione della politica sull’autonomia del potere giudiziario.

Il fatto che si voglia tenere segreta la posizione delle forze politiche sulla giustizia, fa sorgere molti dubbi su quale sia il disegno “sotterraneo e stabilito al di fuori delle istituzioni” che la maggioranza o parte di essa intende portare a termine. E’ inquietante che si voglia nascondere ciò che occupa il dibattito pubblico ed è di interesse determinante per la stessa tenuta dell’ordinamento democratico. D’altra parte è pieno diritto dei cittadini avere conoscenza di quello che le persone che hanno indicato come propri rappresentanti fanno per loro conto nelle istituzioni. E’ pieno diritto dei cittadini sapere se chi siede in Consiglio agisca nell’interesse pubblico o per interesse personale o particolare di qualcuno.

Nella passata legislatura sedute segrete ce ne sono state, ma solo nell’ambito di audizioni nelle Commissioni, alle quali semmai potevano partecipare come uditori i consiglieri, pur non facendo parte della commissione stessa. Oggi, invece, si torna indietro, nonostante in maggioranza ci siano forze politiche come Rete da sempre paladine – a questo vien da chiedersi se solo di facciata – della trasparenza delle istituzioni. Addirittura molti retini di oggi firmarono nel 2010 una Istanza d’Arengo presentata da Giacomo Volpinari e Paola Casadei che chiedeva al Consiglio di emanare “un provvedimento legislativo atto a vietare sedute segrete del Consiglio stesso”. “La suddetta richiesta è motivata dal frequente utilizzo di questa forma di sedute consiliari e quindi dalla relativa non trasparenza nei confronti del popolo sovrano che ha il diritto di conoscere ogni discussione trattata in tale sede”. Altri tempi.

Così il dibattito sulla giustizia sarà segreto. Perché? Cosa c’è da nascondere? Si vogliono forse insultare liberamente i giudici, come peraltro si è già fatto con lo schermo dell’immunità parlamentare? Si vogliono tenere nascosti conflitti di interesse personali e professionali? Si vogliono adottare ordini del giorno di epurazione del tribunale senza che nessuno lo veda? Si vuole oltraggiare la stampa che pubblica le notizie che si vorrebbero tenere nascoste anche se di fondamentale interesse per la collettività? Qualunque sia l’intenzione di certo la segretezza della seduta non lascia presagire nulla di buono per la democrazia.

Intanto la Commissione Affari di Giustizia, la cui riunione è stata rinviata a data da destinarsi in funzione anche di una richiesta di possibile assistenza da parte dell’Avvocatura dello Stato, pare diventata ormai un ufficio reclami contro i giudici scomodi. Infatti, oltre all’ormai noto esposto della Presidente di Bcsm Catia Tomasetti contro il Commissario della legge Alberto Buriani, ci sarebbe anche un altro esposto, al momento non è dato sapere da parte di chi.

Di certo sembra si stia dando la stura ad un espediente inusuale quanto pericoloso capace di diventare prassi nella quale chiunque sia destinatario un provvedimento giudiziario che non gli piace può portarlo alla politica per farselo “aggiustare”, facendo diventare la politica un “dirimente” e “dirigente” grado di giudizio.

L’auspicio è che non sia questo il motivo per cui i dibattiti su determinati argomenti si vogliono tenere nascosti.

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