San Marino. La Grotta di Canepa non finisce di stupire ed emozionare

San Marino. La Grotta di Canepa non finisce di stupire ed emozionare

La Grotta di Canepa (San Marino) non finisce mai di stupire: più esplorazioni vengono effettuate, più nuove emozionanti e stupefacenti sorprese spuntano fuori come funghi.

Pare che il gruppo di speleologi e avventurieri sammarinesi e italiani (Roberto Gheorghita, Michele Fiorini, Gabriele Ghiotti, Pamela Romano, Riccardo Stacchini, Andrea Severi, Piero e Andrea Fiorini), durante una nuova esplorazione nella Grotta di Canepa, il cui sviluppo ora ha quasi raggiunto un chilometro, sia riuscito a raggiungere un secondo fiume.

Per il momento, però, non si sa se si tratta dello stesso corso d’acqua raggiunto in precedenza: occorrerà effettuare alcune colorazioni per togliersi ogni dubbio e avere la risposta definitiva.

In attesa di ciò, ecco un nuovo racconto dello speleologo sammarinese Fabio Bollini, in esclusiva per i lettori di Libertas.sm, su ciò che lui e il suo gruppo hanno visto e trovato ultimamente nella Grotta di Canepa.

IL RACCONTO DI FABIO BOLLINI – La grotta di Canepa continua a regalare sorprese. Dopo un’estenuante punta di 15 ore passata a svuotare passaggi allagati, sistemare frane e trasportare pesanti sacchi, ora la Grotta di Canepa sfiora il chilometro di sviluppo.

Lo sapevamo: sistemare quella frana avrebbe comportato precluderci ogni via d’uscita per diverse ore. Perlomeno, fino a quando non avremmo nuovamente liberato il passaggio da quei tre enormi massi, di circa due tonnellate, in bilico sopra il meandro di accesso a tutta la parte nuova… Ma non avevamo scelta: dovevamo sistemare quella parte, troppo pericoloso altrimenti continuare a esplorare, prima o poi il transito continuo avrebbe compromesso l’instabilità già precaria di quel posto e, infatti, neanche a farlo apposta, non appena l’ultimo uomo ha messo piede sopra, trovandosi a quel punto al sicuro, il primo masso è crollato definitivamente nel meandro.

In quell’istante ci siamo guardati negli occhi e, da quel momento (chissà perché…), tutta la squadra è rimasta concentrata per mettere a punto il piano di evacuazione che avevamo pensato per liberarci, ovvero imbragare alcuni massi, demolirne altri e spostarne altri ancora. Ognuno ha dato il meglio e, dopo alcune ore di lavoro, ma comunque prima del previsto, il passaggio era stato liberato e messo in sicurezza.  E, dato che ci avanzava ancora del tempo, si è deciso di tornare a verificare meglio il meandro dove ci eravamo arrestati l’ultima volta.

In quel frangente ci raggiunge anche Roby, lasciato per emergenza a valle della frana e che nel frattempo si era adoperato per riallacciare tutta la linea telefonica, indispensabile per avere le previsioni aggiornate dove era prevista pioggia, ma non si sapeva bene effettivamente quanta ne avrebbe fatta…

Purtroppo, la grotta presenta due stretti sifoni che tendono ad allagarsi non appena il sistema è saturo e, quindi, è meglio essere previdenti. Ripercorriamo così nuovamente tutto il nuovo tratto esplorato la volta precedente, bagnandoci ancora una volta fino alla vita nel sifone pensile che si incontra a metà via, risaliamo infine in libera un ultimo camino di una decina di metri e ci arrestiamo sul meandro intasato di sabbia dove eravamo arrivati.

Poco più tardi però, controllando meglio la zona, ci accorgiamo che retrocedendo appena qualche metro, esattamente sopra la verticale appena salita, quindi sopra le nostre teste, si apre un piccolo passaggio in frana, oltre il quale si intravede un salone. Ed eccoci lì, ancora una volta, super eccitati, cominciare a ragionare su come poter scampanare dal basso alcuni grossi massi, senza tirarceli in faccia, sopra una verticale e per giunta mezzo incastrati. Il vero problema infatti è che non abbiamo con noi alcun imbrago, poiché in questa grotta per ora non ne servono. Quando però l’uomo si trova di fronte alla possibilità di esplorare l’ignoto, spesso non sa attendere e trova sempre una soluzione. Ed eccoci infatti a improvvisare una sorta di catena umana ‘bulgara’ con il primo attaccato a una roccia, il secondo a fare da appoggio e il terzo a smazzettare in strettoia nel vuoto.

Dopo una mezz’oretta di circo, finalmente Roby riesce a guadagnare qualche centimetro e a quel punto, preso dall’entusiasmo, comincia a spingere, con tanto di spasmi da gestazione, e con un piede sulla mia spalla e l’altro praticamente sul casco riesce infine a superare la clessidra. Non passa molto tempo che siamo tutti sopra, ma questa volta a rilassarci su una bella e comoda sala, con tanto di spiaggia (Sala del Titano) e di fronte a due gallerie vergini… Wow!

Cosa potevamo chiedere di più? L’ora successiva è stata un susseguirsi di esternazioni tipo: ‘Incredibile!’, ‘Si va di là!’, ‘No, di qua’, ‘Bellissimo!’, ‘Sbucheremo a Palazzo Pubblico!’, ‘Guarda che roccia!’, ecc.

Il grosso del percorso si sviluppa infatti lungo un interminabile meandro, con molti camini, che abbiamo chiamato ‘Anaconda’ per via delle innumerevoli svolte in cui si divincola salendo, alternato da sale o salette più o meno ampie. Ormai belli cotti, giungiamo infine in una zona piuttosto complessa del sistema, piena di strette diramazioni che si inoltrano in varie direzioni, e a tratti intasate di sabbia sul fondo. Poco dopo, in un raro intermezzo di silenzio in un mare di parole, la grotta ci fa intuire il vero motivo di quel cambiare… Un misterioso gioco di echi e riverberi, infatti, ci rimanda da lontano/vicino/sopra/sotto.

Dove diavolo è? …Il rumore sordo di un fiume… Un altro?  Forse lo stesso incontrato più a valle nell’altra diramazione? Sarà questa volta l‘acquifero principale che stiamo cercando da tempo? Chissà… Fatto sta che, solo per capire realmente da dove proviene quel frastuono, giriamo come delle trottole per un bel po’ fino a quando scopriamo che, in realtà, quel rumore arriva da una piccola apertura laterale che si getta su un ramo parallelo al nostro.

Vorrei ringraziare Roberto Gheorghita, Michele Fiorini, Gabriele Ghiotti, Pamela Romano per questa strepitosa giornata, ma anche Riccardo Stacchini, Andrea Severi, Piero e Andrea Fiorini per l’aiuto durante le altre punte.  Ah già, non vi ho detto come finisce…  Per raggiungere il fiume ora, occhio e croce, occorreranno un paio d’ore di lavoro, quindi è certo che questa avventura avrà un seguito….

Articolo a cura di ANDREA LATTANZI

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