San Marino. La riflessione: “Come nutrire la speranza

San Marino. La riflessione: “Come nutrire la speranza

Riceviamo e pubblichiamo una riflessione a cura di don Gabriele Mangiarotti

Come nutrire la speranza

«Come nutrire speranza dinanzi ai tanti bambini che perdono la vita nei teatri di guerra, a quelli che muoiono nei tragitti delle migrazioni per mare o per terra, a quanti sono vittime delle malattie o della fame nei Paesi più poveri della terra, a quelli cui è impedito di nascere?»: questa è la domanda con cui i Vescovi si rivolgono al popolo per invitarlo alla 47ª Giornata [Nazionale] per la Vita.
E subito risuonano le parole del grande Péguy, da Il portico del mistero della seconda virtù, che spalancano il cuore alla speranza stessa. Egli le mette sulla bocca di Dio Padre:
«Quello che mi stupisce, dice Dio, è la speranza.
Non me ne capacito.
Questa piccola speranza che ha l’aria di non essere nulla.
Questa bambina speranza.
Immortale.
Perché le mie tre virtù, dice Dio.
Le tre virtù mie creature.
Sono esse stesse come le mie altre creature.
Della razza degli uomini.
La Fede è una Sposa fedele.
La Carità è una Madre.
Una madre ardente, piena di cuore.
O una sorella maggiore che è come una madre.
La Speranza è una bambina da nulla.
Che è venuta al mondo il giorno di Natale dell’anno scorso.
Che gioca ancora con babbo Gennaio.
Con i suoi piccoli abeti di legno di Germania coperti di brina dipinta.
E con il suo bue e il suo asino di legno di Germania. Dipinti.
E con la sua mangiatoia piena di paglia che le bestie non mangiano.
Perché sono di legno.
Eppure è questa bambina che traverserà i mondi.
Questa bambina da nulla.
Lei sola, portando le altre, che traverserà i mondi compiuti.»

Ancora i Vescovi: «Quale futuro c’è per una società in cui nascono sempre meno bambini? La scelta di evitare i problemi e i sacrifici che si accompagnano alla generazione e all’educazione dei figli, come la fatica a dare sufficiente consistenza agli investimenti di risorse pubbliche per la natalità, renderanno davvero migliore la vita di oggi e di domani?
Il riconoscimento del “diritto all’aborto” è davvero indice di civiltà ed espressione di libertà? Quando una donna interrompe la gravidanza per problemi economici o sociali (le statistiche dicono che sono le lavoratrici, le single e le immigrate a fare maggior ricorso all’IVG) esprime una scelta veramente libera, o non è piuttosto costretta a una decisione drammatica da circostanze che sarebbe giusto e “civile” rimuovere?
Quale futuro c’è per un mondo dove si preferisce percorrere la strada di un imponente riarmo piuttosto che concentrare gli sforzi nel dialogo e nella rimozione delle ingiustizie e delle cause di conflitto?»

Non possiamo cancellare queste domande, pensare che noi siamo impotenti di fronte a una logica che sembra inarrestabile perché oramai il mondo va avanti così, perché le nazioni (e San Marino compresa) hanno accettato le leggi che normalizzano l’aborto, perché sembra che nessuno sia più capace di mobilitarsi di fronte a quanto sta accadendo…

La vita è un bene, dal suo inizio al suo termine naturale, aborto ed eutanasia sono gravi attentati all’uomo e alla sua dignità, il giusto ripudio della pena di morte deve diventare il ripudio di quella pena di morte che sembra essere il diritto di sopprimere la vita indifesa o non voluta nel grembo della mamma.
Soprattutto ci accorgiamo che ci sono gesti e luoghi di speranza che sostengono il cammino dell’uomo, sempre.

Il messaggio di Natale di CL riporta una frase (spesso citata) di Italo Calvino: «L’inferno è già qui. Due modi ci sono per non soffrirne. Il primo riesce facile a molti: accettare l’inferno e diventarne parte fino al punto di non vederlo più. Il secondo è rischioso ed esige attenzione ed approfondimento continui: cercare e saper riconoscere chi e cosa, in mezzo all’inferno, non è inferno, e farlo durare, e dargli spazio.»

E dare spazio a ciò che «non è inferno» significa anche sapere riconoscere i volti dei giovani che si danno da fare nel campo della politica perché quelli che la Chiesa ha chiamato «principi non negoziabili» diventino i caposaldi di quella «Architettura di uno stato democratico» auspicata da La Pira dopo la fine della tragica guerra mondiale e che potranno contribuire a rendere San Marino faro in questo contesto mondiale in cui l’uomo e la famiglia sembrano perdere sempre più consistenza.
Giovani così credo proprio che ci siano anche tra noi, molti ne ho conosciuti, sostenerli può dare spazio a quella speranza, «bambina da nulla. Lei sola, portando le altre, che traverserà i mondi compiuti».

Sarà una alleanza feconda, supereremo lo scetticismo che sembra essere la cifra dell’oggi, vinceremo la battaglia della vita, della libertà e della verità a cui il nostro cuore tende. Sì, perché non se ne può più di cedere di fronte ai maestri e padroni della menzogna. E quando tra noi molti si sono mossi e commossi di fronte alla testimonianza di chi ha amato le vite degli uomini nel momento più difficile, nel loro stare di fronte alla sofferenza e alla morte, al punto di pensare a quelle «cure palliative» che rendono umano l’addio alla vita, con dignità e vicinanza (e qui va il ringraziamento a chi ha organizzato l’incontro “Di cosa è fatta la speranza”: una serata dedicata alle cure palliative) ci siamo accorti che proprio la speranza conduce la nostra realtà a mete umane e straordinarie, per tutti.

Sapremo «nutrire la speranza»? L’invito è per tutti.

don Gabriele Mangiarotti

 

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