San Marino. Le radici dello scontro tra società e cannabis, parlano gli esperti

San Marino. Le radici dello scontro tra società e cannabis, parlano gli esperti

“Il presente testo ha lo scopo di spiegare e mostrare ciò che è emerso dal webinar organizzato dall’associazione Meglio Legale in collaborazione con l’Università di Messina, attraverso la quale è stato portato il dibattito sulla legalizzazione della cannabis all’interno delle università italiane. Per questo motivo pensiamo sia utile esporvi il pensiero e le ricerche dei professori che hanno contribuito a tale manifestazione”.

Inizia così il comunicato di Cannabis for Future, che riporta fedelmente l’intervento del professor Pietro Perconti, direttore del dipartimento di Scienze Cognitive dell’Università di Messina.

Durante l’incontro, il professore “ha cercato di rispondere ad alcune perplessità che sarebbero potute scaturire a fronte delle considerazioni, effettuate dai colleghi docenti (economisti e studiosi di giurisprudenza) proprio durante l’incontro, i cui interventi si possono riassumere attraverso questo concetto: ‘È meglio regolamentare un fenomeno tanto diffuso come il consumo personale di cannabis piuttosto che reprimerlo’“.

Il direttore del dipartimento esordisce chiedendosi: “Sapendo che ci sono vantaggi di svariato tipo (economici, medico–terapeutici, nella lotta alla criminalità) e che l’opinione pubblica è sempre più favorevole ad una regolamentazione meno repressiva della cannabis, perché tutto ciò non accade nei fatti? Una bella domanda diremmo noi”.

E ancora: “’Il motivo, per certi aspetti, è tanto semplice quanto duro da apprezzare. È evidente che c’è una interdizione culturale, un vero tabù. Di fronte al quale ogni evidenza, anche scientifica, viene ascoltata quasi con fastidio. Come se chiunque volesse tapparsi le orecchie pur di non sentire l’interlocutore‘. Questo ci ricorda qualcosa. ‘Pare, infatti, che la nostra società si trovi in una condizione del genere, piuttosto che prediligere l’informazione scientifica’”.

“Attenzione, però, non si afferma che la cannabis non faccia male (anche se meno dell’alcol e del tabacco) – avvertono i ragazzi del Cannabis for Future -. Ma è palese che di fronte a questo fenomeno, vi sia un problema che potrebbe essere risolto in un modo logicamente più opportuno e proficuo da parte dello Stato. Questa cosa vale soprattutto per San Marino, pur essendo l’intero discorso basato sull’esperienza italiana. Il professore spiega che tutto ciò ha a che fare con una cosa che in gergo si chiama ‘framework’ ovvero un quadro di riferimento. Il dottor Perconti afferma che ‘la cannabis e la sua eventuale legalizzazione viene comunemente associata ad un framework molto negativo, così che anche il solo pronunciare la parola <<cannabis>> o <<marijuana>> risulta attivarlo, spesso spingendo il cittadino ad avere un atteggiamento di rifiuto anche nei riguardi delle buone argomentazioni che vengono presentate’. Da un certo punto di vista si vede lo stesso principio, cioè il framework, agire oggi a San Marino proprio durante la campagna referendaria riguardo all’Ivg e questo lo si riscontra da ambo le parti”.

E non è finita qui: “Riferendosi direttamente all’uso ricreativo della cannabis, definito dal docente come quello più problematico dal punto di vista sociale perché è ‘l’uso che da più fastidio al cittadino’ (anche perché l’uso terapeutico è più facilmente accettabile), il dott. Perconti, facendo un’analogia anche con la prostituzione, ci spiega che ‘il funzionamento dei sistemi politici liberali e le evidenze scientifiche, ci porterebbero alla ragionevole conclusione che sarebbe meglio regolamentare tale fenomeno di massa’. Questo proprio perché c’è la possibilità di amministrare tali comportamenti, essendo impossibile attivare degli interruttori che accendono o spengono il problema. Con questo non si intende affermare che bisogna legalizzare ogni cosa oggi proibita, ma di considerare l’idea che il sistema oggi utilizzato (cioè la forte repressione), oltre a non essere utile, non impedisce i fenomeni di massa come quello del consumo ricreativo di cannabis. In sostanza si afferma che non esiste un interruttore sociale. L’unico modo, per intervenire con efficacia, è amministrare e ciò dipende dai diversi modi di amministrazione del fenomeno“.

Ma la domanda che sorge spontanea, si legge nella nota stampa, è “perché c’è questa interdizione?”. Il docente dell’Università di Messina spiega che “essenzialmente è una questione che ha a che fare con l’oscenità. Ovvero, per molti è osceno permettere questi fenomeni, nel senso etimologico del termine”. Per “osceno” infatti si intende qualcosa di offensivo e scandaloso che viene messo in mostra davanti a tutti, il quale invece dovrebbe essere nascosto perché vergognoso. “Oggi questo fenomeno viene accettato, al limite, se è amministrato in modo privato, ma viene fortemente interdetto nel momento in cui viene presentato/mostrato nello spazio pubblico”.

“Ragionandoci – sottolinea Cannabis for Future -, è un po’ quello che accade oggi a San Marino, dove tutti i movimenti o proposte di legge o ancora referendum su questi argomenti (sia pro che contro), si scontrano inevitabilmente contro l’oscenità sociale che alcuni cittadini percepiscono, un esempio estremamente attuale è ancora l’interruzione volontaria di gravidanza”.

E ancora: “Introducendo l’uso di alcol, il professore ci spiega che ‘si tratta di una sostanza che è socialmente accettata, ma questa è passata per alcuni meccanismi di codificazione culturale che ne regolano oggigiorno l’uso nelle comunità’. In questa direzione, si prosegue con un esempio per farci capire meglio che cosa si intende per ‘amministrazione sociale’. ‘Prendiamo la pratica dell’aperitivo. Se una persona ordina un solo drink non c’è nulla di strano anzi è normale bere qualcosa di alcolico durante un aperitivo. Se la stessa persona ne prende un secondo si è ancora nel limite della normalità. Ma se si ordina un terzo drink cominciano i problemi, e perché? Proprio perché la regola sociale è che durante gli aperitivi non ci si ubriaca!’, ovviamente sappiamo che questa è un’analogia, ma ciò ci spiega una cosa fondamentale sul comportamento sociale in Italia e in altri Paesi europei, infatti ‘agli occhi del mondo, gli europei e gli italiani sono assolutamente in grado di gestire socialmente l’alcol. Inoltre notano che l’ubriacatura è un fenomeno marginale e degenerato mentre c’è una eccezionale capacità sociale di gestire gli effetti psicoattivi degli alcolici in modo ricreativo. Per così dire, noi siamo esperti nell’assumere quel tanto di alcol che serve per, ad esempio, sviluppare un po’ di appetito o per avere una conversazione più brillante, ma senza arrivare all’ubriacatura. Ciò significa che l’uso di questa sostanza psicoattiva è codificato all’interno della nostra società da una serie di regole e di etichette sociali che stigmatizzano certi comportamenti e ne incoraggiano altri. Questo perché il Mediterraneo è un luogo che è riuscito a codificare il consumo di alcol, arrivando a porre regole sociali al suo utilizzo’. Arrivando così alla conclusione, il docente afferma che ‘tutto ciò non succede per la cannabis, perché questa non è una sostanza psicoattiva socialmente codificata all’interno della nostra società’”.

Il professor Pietro Perconti “è riuscito così a mettere in luce alcune delle ragioni per cui la società, spesso, non vuole nemmeno sentire parlare di cannabis o marijuana o canapa, mentre ha cercato un paragone molto significativo con l’uso dell’alcol”.

Cannabis for Future, “come ogni volta”, invita la popolazione e la politica sammarinese a “riflettere su questi concetti, per niente scontati, in modo da non farsi sopraffare da esperienze che influiscono maggiormente sull’emotività (del tutto naturale), lasciando spazio alla ragionevolezza e alla consapevolezza, in modo da cercare soluzioni alternative ai danni sociali ed economici che il proibizionismo ha causato in ottant’anni dalla sua comparsa“. 

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