San Marino. L’esperienza europea puo’ esserci utile

San Marino. L’esperienza europea puo’ esserci utile

L’ESPERIENZA EUROPEA PUO’ ESSERCI UTILE

 

 

 

Ha ragione Maria Luisa Berti nel sottolineare il brillante risultato di alcune donne elette in Consiglio Grande e Generale, così come ha ragione nel sostenere che le donne non hanno nulla da invidiare agli uomini in fatto di competenza, di impegno e di responsabilità.

Resta il fatto che, anche dopo le elezioni dell’11 novembre, San Marino non migliora la propria posizione in Europa per quanto riguarda la rappresentanza delle donne nel proprio parlamento nazionale. 

La Repubblica era e rimane al di sotto della soglia del 20% in compagnia di Albania, Turchia, Russia, Romania, Montenegro e altri.

Svettano in cima alla classifica con più del 40% di donne elette in parlamento Svezia, Paesi Bassi, Finlandia e Andorra.

Questi dati sono contenuti in un rapporto del Consiglio d’Europa, pubblicato  a  settembre di quest’anno. 

L’equilibrio nella rappresentanza di genere è un obiettivo che anche il nostro Paese dovrebbe concretamente perseguire.

Tutte le prese di posizione,  comparse sui giornali in questi giorni, di rammarico e di delusione fanno pensare ad una opinione positiva  bipartisan sul valore di quest’obiettivo e ciò costituisce un chiaro incoraggiamento  a lavorare in questa direzione.

L’esperienza di molti Stati europei ci insegna che una sostanziale parità nella rappresentanza tra donne e uomini può essere perseguita in due modi o per consenso largamente condiviso o adottando misure legislative cogenti.

Seguendo la via del “consenso condiviso” ci si assume, tutti insieme,   la responsabilità di sviluppare  lealmente  l’impegno di assicurare una rappresentanza equa delle donne nel Consiglio Grande e Generale, nel Governo, nelle Commissioni, nella Giunte di Castello, negli organi dirigenti dei Partiti e delle Associazioni sindacali e di categoria, nei Consigli di Amministrazione degli Enti pubblici e così via….

Si agisce su base esclusivamente volontaria, ma definendo e concordando un percorso che fissi tempi, metodi e obiettivi  a partire dalla convinzione che è “giusto” che le donne al pari degli uomini partecipino alle decisioni che riguardano tutti e che il contributo delle donne a tutti i livelli è “necessario”. 

Qualora le resistenze di ordine culturale, sociale, di mentalità persistano o qualora si vogliano affrettare i tempi è preferibile  adottare misure, anche transitorie,  che indirizzino forzatamente l’evoluzione nel senso auspicato.

Andava in questa senso la proposta,  avanzata dal PSD in occasione dell’ultima riforma della legge elettorale, di prevedere che alle elezioni politiche per esprimere la 3 preferenze, una dovesse essere di genere diverso dalle altre 2 (o 2 uomini e 1 donna o 2 donne e 1 uomo) a pena di nullità della terza preferenza espressa.

Era un modo per sollecitare la collaborazione dei cittadini nel garantire un Consiglio Grande e Generale formato di donne e uomini equamente rappresentati, ma anche per dare  “sostanza”  alla disposizione  vigente  che obbliga le liste a garantire almeno 1/3 di candidati del genere meno rappresentato.

Quella proposta era una strada possibile ma, purtroppo, non ha raccolto il consenso necessario per diventare legge. 

Nessuno ci impedisce, però,  di verificare altre soluzioni per promuovere la presenza femminile in politica e nelle istituzioni.

Ad esempio si potrebbe prevedere un sistema di incentivi nel finanziamento pubblico per quei Gruppi che raggiungano almeno il 40% di donne e disincentivi per quei Gruppi che invece rimangano al di sotto di una soglia minima del 20%.

Se c’è convinzione sul fatto che l’equilibrio nella rappresentanza di donne e uomini nel nostro Consiglio Grande e Generale è un traguardo civile da condividere, la  cosa da fare è  ricercare e concordare il modo migliore per raggiungerlo e l’esperienza europea può esserci molto utile.

 

 

Patrizia Busignani

 

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