San Marino. Marco Nicolini: “Il Tribunale Unico è un esperimento naufragato che ci sta seppellendo”

San Marino. Marco Nicolini: “Il Tribunale Unico è un esperimento naufragato che ci sta seppellendo”

Le forti tensioni sulla giustizia di San Marino continuano ad essere al centro del dibattito politico e sociale in Repubblica.

Tra gli ultimi ad intervenire c’è il consigliere di Rete Marco Nicolini, chesul proprio profilo Facebook ha lanciato giudizi secchi e fuori dagli schemi politici: “Il Tribunale ha fallito ed è fallito – è il passaggio più forte del lungo post – ha tirato con sé a fondo l’intera San Marino ed ora, a mio parere, tutti i giudici dovrebbero andare a casa. Il Tribunale Unico è un esperimento naufragato che ci sta seppellendo”.

 

Ecco il testo:

“Il mio pensiero al riguardo dell’infinita crisi della Giustizia sammarinese è presto detto, con la schiettezza che tanti danni mi procura e che temo non sia più apprezzata dal cittadino sammarinese il quale, nella maggior parte dei casi, vuole sentirsi dire solo ciò che gradisce ascoltare.

Sento parlare di pericolo per l’indipendenza della Magistratura Sammarinese.

Un discorso che, con regolarità, viene proposto dalle opposizioni, qualunque sia la forza che periodicamente ci si ritrovi; lo scopo di ciò è usare, come grimaldello, il tema che sta a cuore ad ogni cittadino onesto, ossia la sopravvivenza dello Stato di Diritto.

San Marino, però, da tempo non è uno Stato di Diritto, ma ostaggio di una “giustizia” sammarinese che non stento a definire più feroce e predatoria che giusta e serena.

I magistrati sammarinesi chiedono di “contare” di più: più dello Stato, più del cittadino, più della politica, più della Reggenza.

Non accettano imposizioni, giustamente, da parte della politica, ma nemmeno si vogliono assoggettare alle leggi del Paese che servono.

Quindi tendono a far saltare il banco rivolgendosi al Consiglio d’Europa ed alla stampa italiana.

La Segreteria alla Giustizia mira, senza troppe riserve, a tornare indietro di tre anni. Per farlo, tra le altre azioni, si affida ad una norma sull’”interpretazione autentica” sulla cui estensione pesa la mano del magistrato più vicino alla maggioranza. Ciò è un ossimoro: un magistrato dovrebbe essere vicino a o lontano da tutti alla stessa maniera e non ricevere i politici in sfilata nel proprio ufficio.
Come pure non dovrebbe spalleggiare i ricchi e potenti che ammorbano la nazione ed accettare inopportuni inviti in barca.

Ho apertamente e letteralmente detto in Consiglio come i due magistrati più divisivi, il dr. Buriani e la dr.ssa Pierfelici, dovrebbero prendere armi e bagagli e lasciare quel Tribunale che hanno trasformato in un campo di battaglia.

Forse questo restituirebbe la serenità necessaria ad esercitare un potere tanto delicato come quello giudiziario, ma sicuramente a lungo andare non sarebbe un provvedimento sufficiente.

Se il Tribunale fosse un’azienda – paragone che non si dovrebbe mai fare, lo so, ma per cui mi prendo licenza dato che siamo un millenario paesino di trentacinquemila anime che sta per implodere – sarebbe fallito perché impossibilitato nell’esercizio della propria missione societaria: quella di assicurare giustizia al cittadino.

Il disastro è però su tutta la linea.
Se il Tribunale di San Marino fosse una casa discografica, sarebbe la Decca Records, quella che nel 1962 rifiutò di mettere sotto contratto i Beatles. Se fosse una compagnia navale sarebbe la White Star Line, proprietaria del Titanic e delle sue insufficienti scialuppe di bordo. Sarebbe il guardiano troiano che accettò in regalo il cavallo dai greci, il responsabile della Biblioteca Reale di Alessandria d’Egitto andata a fuoco, il progettista dell’Hindenburg o il generale austriaco che attaccò il suo stesso esercito uccidendo diecimila commilitoni.

Se fosse una banca, il Tribunale di SM sarebbe il Credito Industriale Sammarinese.

Io e mia moglie siamo entrambi dipendenti del CIS da molti anni ed ora, coinvolti nel crack dell’istituto, siamo senza lavoro, con figli a carico, ad un’età non più verde ma ancora molto distante dalla pensione. Questo a causa di una gestione che definire scriteriata è un eufemismo. Con noi, decine di altre famiglie si troveranno in grave difficoltà ma, come detto in Consiglio, a salvarsi sarà un manipolo di furbetti da sempre posizionato nel ‘cerchio dell’amore’ di chi ha creato il disastro.

Nessuno di noi impiegati è colpevole, ma tutti pagheremo il fallimento societario.

Non vedo perché anche i giudici non debbano farlo.

Il Tribunale ha fallito ed è fallito, ha tirato con sé a fondo l’intera San Marino ed ora, a mio parere, tutti i giudici dovrebbero andare a casa.

Il Tribunale Unico è un esperimento naufragato che ci sta seppellendo.

A mio parere, San Marino deve rivolgersi al Consiglio d’Europa affinché sia inquadrato un Alto Commissario che traghetti la giustizia sammarinese ad una nuova fase in cui ogni singolo giudice potrà fermarsi in Repubblica per un limitato periodo di tempo che andrà quantificato, con un distacco da quei tribunali italiani che, i giudici, non sanno più dove metterli.

Gli attuali giudici di San Marino non ci sono stati indicati su tavole scolpite da un fulmine sul monte Sinai. Come non godono dell’infallibilità papale di pontificia memoria, così non sono gli intoccabili cui genuflettersi ciecamente.

Hanno lo stesso grado di istruzione mio e di mia moglie, sono uomini e donne che hanno vissuto anni da privilegiati con alte responsabilità cui, per diversi motivi, non hanno saputo far fronte.

Se io dovrò fare il lavapiatti, scaricare i camion o emigrare per la seconda volta in vita per portare del cibo alla tavola dei miei figli, non vedo perché i giudici di San Marino non possano cercare un nuovo inizio oltreconfine e lasciare che la giustizia torni a sbocciare nel nostro tumultuoso, piccolo Paese. 

Questo è quanto”.

 

digià

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